“C'è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c'è chi si sente soddisfatto
così guidato.
C'è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c'è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C'è pure chi educa, senza nascondere
l'assurdo ch'è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d'essere franco all'altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:ciascuno cresce solo se sognato”.
Questi versi di Danilo Dolci fanno intuire la responsabilità educativa che ciascuno ha nei confronti degli altri ed in speciale modo nei confronti dei bambini e di quanti si apprestano ad affacciarsi alla vita adulta. Direi che oggi abbiamo responsabilità anche di fronte al mondo adulto che pare vivere da dormiente, come se anestetizzare la vita la rendesse più facile la traversata esistenziale.
Certo ci sono momenti della vita davvero difficili ma è anche vero che la consapevolezza ci permette di attraversarli appieno altrimenti restiamo ancorati al passato, apparentemente rimosso ma, proprio per questo, continuamente presente! Come coltivare sogni, come osteggiare chi cerca quotidianamente di spegnere i nostri sogni? Come favorire la crescita di un Sogno comune?
Vorrei soffermarmi sulla consapevolezza che abbiamo del nostro sistema sociale. Viviamo in un tempo che obbedisce a leggi di sistema che, a mio avviso cercando di spegnere i sogni, il desiderio di vita e l’interesse per la vita altrui. È così che si diventa quando si accetta di essere pedine di un sistema più grande, dinanzi al quale ci si sperimenta impotenti.
Ascoltando il rap di Fabri Fibra si assiste ad una forte denuncia sociale, il rapper afferma di come l’uso della coca sia praticato in molti contesti per alleggerire la vita o per aumentare le prestazioni professionali, dal chirurgo al caminonista, dall’universitario al pensionato. L’autostrada della cocaina scorre velocemente nella nostra Nazione e questo fenomeno viene visto come marginale, l’attenzione è volta ad altro, alla disoccupazione, alle imprese che chiudono, alle dispute politiche, ma in realtà il sistema o va visto nella sua complessità o altrimenti si rimane miopi, si vede il segmento senza scorgere l’ampiezza del problema.
A tal proposito apprezzo molto l’opera di Saviano, a mio avviso ha il pregio di ragionare creando connessioni, leggendo la criminalità in termini di complessità. Si tratta di creare connessioni che ci permettono di leggere gli eventi in chiave sistemica e non quali fatti isolati, singoli eventi di cronaca dei quali alla fine rimaniamo meri spettatori. Ciò genera consapevolezza e risonanza, e la criminalità organizzata opera liberamente quando mantiene il clima omertoso, la conoscenza "alla luce del sole" è la vera opera di riconversione del sistema malato. La Comunità non resta spettatrice perché ciascuno coglie che è direttamente coinvolto nelle conseguenze sociali che ha l'opera criminale. Il fatto che i luoghi pubblici siano oggetto di vandalismo e pertanto resi inagibili, che la burocrazia sia sempre più lenta, che le strade mantengano costantemente buche tali da provare anche i fuoristrada, è la diretta conseguenza del sistema che vuole soggiogare attraverso intimidazioni come i casi di vandalismo, che pretende l'inserimento l'occupazione di propri adepti in posti di lavoro di cui non hanno minima competenza, di avere appalti per la manutenzione di strade ove le ditte utilizzano materiale di pessima qualità in modo da potere svolgere una "manutenzione permanente"... Le conseguenze di tale sistema gravano sulle spalle di ogni cittadino, non si è spettatori ma diretti destinatari.
C’è un falso mito, una legenda metropolitana raccontata spesso dalle nostre parti, la mafia dà lavoro. È menzogna, proprio perché il sistema eretto dalla mafia rompe il mercato, distrugge l’attività del piccolo imprenditore, di chi per una vita a fatica ha sbarcato il lunario. Qualche esempio: all’improvviso apre un nuovo supermercato quando l’economia è in crisi, le modeste attività annaspano, quel colosso commerciale abbassa i prezzi, rompe il mercato, i piccoli sono ridotti sul lastrico.
È chiaro per tutti che quel nuovo supermercato, isola felice in una valle di lacrime, nasce dal mercato della droga e serve a riciclare i proventi. Chi vi lavora è venduto al sistema, deve dare voti senza esprimere proprie preferenze, deve sottostare alle paghe senza rivendicare diritti, deve sentirsi trattato come una pedina del sistema. Ma non si tratta solo di concorrenza sleale, pensiamo al dazio che la mafia impone su ogni attività piccola o grande che sia: se vuoi lavorare a Palermo aprendo una nuova attività o costruire una casa devi rispondere a certe proposte di "amicizia". Devi sentire che l’altro ti sta facendo un favore perché ti sta lasciando fare e questo chiaramente ha un prezzo! Conosco imprenditori che hanno lasciato la Sicilia, impoverendola, perché tutto aveva una aliquota aggiuntiva, una tassa mafiosa che andava ad aggravare i già esigui guadagni.
Sfatato questo luogo comune vorrei ora passare a fare una breve disamina dell’impoverimento socio-culturale dettato dalla droga. Vantaggio apparente è la liquidità che entra nel mercato, certo questo potrebbe portare produttività ma in realtà quella liquidità è il frutto di sfruttamento in un altro stato ove molti hanno pagato con la vita quella produzione. Quella liquidità per arrivare in Italia ha avuto il prezzo della vita di imprenditori o, comunque, persone che si sono vendute, hanno asservito le loro professionalità e le loro aziende al boss di turno. Quel professionista non è più libero, ha avuto il suo prezzo, la sua libertà è calcolata in termini di cifre. Man mano gli si potrà chiedere anche di adagiare, prima della gittata dell’impasto, su di una fondazione un sacco da occultare, presumibilmente contenente un cadavere!