Educare è adottare

by Mauro 5. marzo 2018 09:22

       Figli si nasce gentiori si diventa. Eppure quella della genitorialità, pur essendo una delle arti più complesse, è una competenza lasciata all'improvvisazione e all'apprendimento sul campo.

      Certo, un tempo, i processi di imitazione erano favoriti da rapporti umani molto più lenti e dal confronto all'interno di relazioni di prossimità più diffuse e con stili di vita meno individualistici.

      A rendere più complessa la questione è la variabilità dei ruoli intrafamiliari e l'attuale sgretolamento del senso del limite. Pare, per la società dei consumi, che i limiti equivalgano a privazione di libertà e, pertanto, viene propinata una “educazione” compiacente (“tutto e subito”) e performativa (“sii perfetto ad ogni costo”).

In tale scenario la famiglia quale forma, e pertanto confine, in cui si sperimentano i legami umani appare desueta e si preferisce ricorrere ad accordi tra coniugi, genitori e figli, fondati sull'utile cioè sul principio di dare e avere. Il tempo, allora, diventa un limite perchè l'altro si “consuma” e anziché consolidare i rapporti, perchè quel che si coltiva  con la fatica quotidiana cresce, li raffredda fino a privarli di senso.

A tal proposito il mito del nuovo insinua un'utopia legata al non ancora conosciuto/usato, ma il desiderio viene sempre più anestetizzato e il soggetto schiacciato alla ricerca spasmodica di piacere.

L'individuo che fa esperienza di continua delusione, in quanto l'aspettativa è puntualmente tradita, finisce col chiudersi nell'autosufficienza e questo genera impotenza educativa. Anche la psicologia potrebbe cadere in tale frainteso quando pensa al benessere quale autosufficienza, capacità di assolvere le tante cose da fare!

I percorsi laboratoriali di educazione alla genitorialità, partendo da tale contesto culturale, intendono offrire uno spazio di ascolto e di riflessione sui processi che attraversano i rapporti familiari per favorire l'interazione tra genitori e figli. Si pensi, ad esempio, alle interferenze emotive: l'iperstress lavorativo, l'ansia di essere inadeguati perchè è mutato il contesto in cui crescono i propri figli, la pressione ed il giudizio sociale.

Ritengo che in prima battuta è necessario precisare che la libertà inizia quando si è in due, solo allora è possibile scegliere una direzione definendola rispetto ad un altro. Lo stesso dicasi nel rapporto con i propri figli: anche il figlio unico è figlio del due, altrimenti richia di essere proprietà dell'uno. Se non sarà il coniuge l'altro con cui confrontarsi a motivo della sua assenza, il ruolo sarà assunto da altri che fanno parte delle varie agenzie educative con cui interagisce il figlio.

Comprendiamo bene come non sia la biologia a rendere genitori, ma è il gesto di adozione dell'altro non considerato più estraneo da sé. Genitori si diventa quando l'altro trova spazio dentro di sé, lo si accoglie per quello che è e si assume il ruolo di custodia e di nutrimento.

Proprio in questi giorni suor Mariella, che ha fatto della sua Casa una Comunità alloggio per minori non accompagnati, mi raccontava la sua preoccupazione per un ragazzo partito improvvisamente a motivo della madre che versava in gravi condizioni in un villaggio africano e la necessità di dovere fare qualcosa per l'ospite che, ora, considerava come un figlio.

È di questa passione che ha bisogno il ruolo educativo, i figli non riconoscono un genitore che sta lì a dare regole o ricatti emotivi, piuttosto seguono un genitore che, sebbene imperfetto, mostra loro la tenerezza e la responsabilità che nutre per l'esistenza dell'altro. È la testimonianza, oggi come allora, la prima maestra di vita.

La relazione educativa, in sintesi, abbisogna di essere feconda ossia di generare vita, cammino. Ciò comporta un lasciarsi interpellare e trasformare dall'altro con cui si sta in rapporto. Altrimenti, se fosse unilaterale, diventerebbe una relazione controllante e di dipendenza. Chi educa consegna alla vita, per cui non si tratta di possedere i figli ma di riconoscerli e, pertanto, prepararli alla partenza.

In fondo, a pensarci bene, i figli sono chiamati ad andare oltre la prospettiva dei genitori, c'è un inedito tutto da scoprire e che soltanto i figli, man mano che crescono, potranno mostrare a chi si è preso cura di loro.

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