Aprirsi al Volto

by Mauro 10. maggio 2020 12:31

   In nome della libertà noi umani siamo capaci di costruirci delle grandi gabbie prive di serratura. L'individualismo postmoderno che ha preteso di garantire la custodia della vita si è rivelato capace di isolare le persone dai rapporti umani disinteressati e cioè dalla gratuità che caratterizza i legami significativi.

L'essere corrisposti ha regolato le relazioni secondo criteri di gratificazione che non hanno tenuto conto del limite umano e della fragilità che ciascuno porta dentro.

Si è pretesa la perfezione e lo sguardo lucido e calcolatore ha dato a ciascuno il movente per ergersi a giudice dell'altro. Anche la religione è caduta in questa pretesa e il recinto sacro anziché assumere la valenza di luogo da cui entrare per nutrirsi ed uscire per condividere il dono ricevuto è diventato spazio di elezione in cui chiudersi con sufficienza verso un mondo che pareva abberrato.

L'esperienza ha puntualmente smentito questa posizione esistenziale e quanti hanno cercato di crearsi il posto sicuro qui in terra si sono ritrovati dentro delle tane da difendere animatamente e non intendo solo i possessi ma anche l'immagine di sé da esibire e che non tollera alcuna critica perchè altrimenti si manifesterebbe la fragilità propria di ognuno.

Di fronte alla storia che rivela quel che siamo c'è chi si inasprisce e ancora più ostinatamente si rintana nelle proprie posizioni ma c'è pure chi fa dell'umiliazione l'occasione per aprirsi ad una visione nuova ed è lì che si rinasce!

Nel Vangelo ( Gv 14, 1-12) di questa domenica Gesù si rivolge ai discepoli che sono profondamente turbati. Il loro sguardo è smarrito come se fossero in balìa del mare in tempesta, privi di una meta. Lui li rassicura ma non con un fare consolatorio che vorrebbe dire che andrà tutto bene a buon mercato, piuttosto li invita alla fiducia che lega con il Padre aldilà di ogni prova e difficoltà da affrontare. Quanto è attuale questa Parola ai nostri giorni così privi di certezze: non sappiamo se i contagi finiranno e se le attività lavorative potranno ripartire, spesso manca il necessario per vivere, eppure siamo invitati alla fiducia e a non disperare.

Puntualmente Gesù ripeterà che la sua missione avrà come culmine la passione fino alla morte in croce e questo annuncio è frutto della sua fiducia nel Padre perchè sa di andare verso di Lui e che il torchio della passione sarà solo una tappa ma non la fine del suo viaggio.

Rincuora i discepoli, dunque, dicendo che va a preparare un posto per loro e così rivela che per trovare pace è necessario smetterla di cercare un posto sicuro qui in terra, è il Cielo la meta dell'esistenza. È per questo che dirà di essere la porta delle pecore, ossia dell'umanità. Il vero tempio è proprio il suo corpo e non più le mura di pietra, entrare per questa porta significa avere accesso all'esistenza piena. Il tempio del Padre , allora, è relazionale e passa per un'unica porta. Tutte le altre, seppure porte affascinanti e seduttive impediscono l'ingresso e schiavizzano l'essere umano.

Per questo Gesù abolirà la purificazione rituale, è interiore la purificazione di cui la persona ha bisogno e cioè imparare a vedere il volto del Padre sgomberando la mente da pregiudizi che falsano l'immagine di Dio.

Il posto, dunque, è generato nell'amore così come quando una madre, oggi ne ricordiamo la festa, fa spazio dentro di sé per accogliere nel proprio grembo la nuova creatura. Lui diventa la via perchè attraverso il suo dono fino alla morte in croce fa spazio per accogliere l'umanità peccatrice ossia ancora ostile e confusa nei confronti di Dio. È questa la ragione per cui solo l'amore guarisce, non sono i ragionamenti che altrimenti avrebbero chiuso il cuore di Dio in una delusione e amarezza infinita. Lui rimane nell'amore ed è così che la strada viene aperta ad ognuno.

L'apostolo Tommaso rimane dubbioso, ha bisogno di garanzie e Gesù gli ribadisce che la conoscenza di Lui è la conferma su ogni cosa, diversamente non servirebbero altre rassicurazioni. Quando non ci fidiamo, infatti, non valgono i discorsi o le evidenzie e avremmo sempre bisogno di prove per sentirci davvero amati e riconosciuti. Sappiamo bene che questa posizione grava su una ferita personale e quel che si cerca nell'altro, di fatto, è ciò che non si riconosce a se stessi. Tommaso dopo la Pasqua toccherà i segni delle ferite del Maestro e il suo corpo glorioso rivelerà che tutto ha senso nell'amore e anche le ferite vengono a manifestare quanto profondo sia l'amore di Dio. È lì che Tommaso smetterà di autocentrarsi, abbandonando il senso di colpa e aprendosi alla gratitudine verso il Signore. Sarà certezza la sua appartenenza al Cielo e, pertanto, potrà donare la vita fino al martirio per condividere la missione con il suo Signore. Non si tratterà di fare delle cose per Dio ma esprimerà con la sua vita la profonda comunione con Lui.

È per questo che Gesù è salito al Cielo e non è rimasto fisicamente presente con i suoi. L'amore si esprime nel rispetto della libertà altrui e la distanza, se abitata dall'amore, diventa lo spazio del desiderio e della relazione. La Chiesa, allora, durante il tempo dell'attesa vive con fiducia la missione del Signore, le sue opere continuano a diffondersi sulla faccia della terra perchè i cristiani custodiscono il Dono e, pertanto, consumano i loro giorni nel condividerlo.

 

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