La parola “Accoglienza” ancora trova cittadinanza

by Mauro 3. dicembre 2016 10:09

     Avvento è cammino di conversione e, quindi, spazio dato a Dio e all’altro nella propria vita. Per camminare veramente bisogna perdere le tante zavorre che vorrebbero dirsi indispensabili ma che, di fatto, schiavizzano la nostra vita. La zavorra del pregiudizio ad esempio, quella del “è tutto inutile” o, ancora, quella del “devo pensare a me”.

       Si inoltra nell’Avvento l’umanità che si decide per l’accoglienza di una proposta nuova, quella che sovverte i calcoli predefiniti, quella della gente disposta a ripartire malgrado tutto o di quanti riconoscono di avere bisogno dell’altro, della sua presenza, del suo aiuto.

     Oggi il Centro diaconale Valdese e la Comunità Sant’Egidio hanno accolto nella nostra Città tre famiglie di profughi siriani. Fratelli musulmani che fuggivano dalla minaccia di morte a motivo della guerra e che hanno trovato una porta aperta, un “corridoio umanitario”, così lo chiamano, e cioè una strada che alcuni hanno aperto prima di tutto facendo spazio dentro di sé.

Troviamo nella liturgia di questa seconda domenica di Avvento la figura di un grande profeta, l’ultimo dei profeti, Giovanni battista. Quella della profezia è una dimensione essenziale per il popolo d’Israele, il profeta ricordava e allertava il popolo d’Israele a percorrere la via del Signore.

Non è tanto un giudice minaccioso, il profeta è piuttosto un uomo che porge la Parola viva di Dio. Prima se ne lascia attraversare e trasformare, si scontra con la Parola e dopo essere stato levigato da essa ecco che la condivide con il popolo, cioè fa della sua comunione con Dio un’occasione di partecipazione a tutti. Non è geloso il profeta!

C’è un passaggio straordinario in questo fare, in quanto la profezia permette al popolo di rimanere in relazione con Dio coltivando la propria fede. Quando la spiritualità, invece, diventa religione allora la parola muore, diventa ideologia da seguire e Dio è lasciato fuori da tutto ciò.

Pensare che il primo omicidio nella storia biblica è proprio dovuto ad un atto cultuale: Caino prova invidia per il fratello Abele perché la sua offerta è stata gradita agli occhi di Dio. In realtà Caino si confonde perdendo la verità della sua relazione con il Signore in quanto sposta il suo sguardo verso il fratello e ne fa il suo criterio di misura: “valgo se sono migliore di lui”.

Sarà necessario il chinarsi di Dio fino all’incarnazione e all’amore totale, cioè fino alla morte in croce, per rivelare all’uomo quanto grande e gratuito potesse essere l’amore del Creatore per ogni figlio.

Giovanni fa un proclama: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. È un annuncio immediato ed essenziale senza possibilità di spiegazione ma che interpella l’esistenza di ogni ascoltatore. Il compito del profeta, in realtà, non è tanto quello di spiegare ogni cosa, a volte il cristianesimo viene ridotto ad una sorta di morale da spiegare sulle cose da fare o non fare, e i cristiani finiscono con il dispensare “buoni consigli”. È ben altra la spiritualità che si fonda sulla relazione con Cristo Gesù, il discepolo è trasformato dall’amore del Maestro e, perciò, ne diventa altrettanto capace.

Lui proclama nel deserto, il luogo dell’Esodo e cioè dell’uscita dalla schiavitù guidati dalla promessa di Dio. È la strada in cui si costruisce la fiducia, quella vera, in Dio. Lì manca l’essenziale, è necessario stare in cammino altrimenti la sosta si rivela mortale, è la via in cui bisogna rimanere desti per discernere la direzione, il luogo in cui non ha senso alcun appoggio ma solo la Parola di Dio.

Giovanni è colui che Isaia indicava con queste parole: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». Lui è voce e pertanto strumento, non è la pienezza della Parola ma ne crea presupposti per essere accolta. Il preparare ed il raddrizzare è proprio dell’uomo che torna alla relazione con Dio, diversamente chi si costruisce una religione fatta a propria immagine storpia il sentiero, va in direzioni senza soluzione, procura ferita mortale alla propria vita.

Viene annotato anche il suo modo di vestire e di cibarsi, riferimento dal sapore biblico il cammello indica l’animale che conduce attraverso il deserto verso la meta e cioè la Parola che è lampada nel cammino dell’uomo. Adamo dopo avere aderito alla parola di menzogna, “diventerete come Dio”, si vergogna della sua nudità ed abbisogna di una copertura per nascondersi agli occhi di Dio.

Ora Giovanni si ciba di locuste che, secondo la credenza giudaica, erano capaci di divorare i serpenti. Uscendo dalla metafora quel che è capace di sconfiggere la menzogna (serpente) è la Parola di Dio per cui Giovanni si nutre della Parola che è capace di dare dolcezza alla propria vita.

È la gioia profonda che sperimenta l’uomo che non si crede solo ma all’interno di una missione d’amore che è nutrita dal Signore. Continuerà l’annuncio di Giovanni: “colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali”. Lui si riconosce debole e fa spazio ad un Altro, lo attende, ne favorisce la strada ma, in realtà, Giovanni è ben consapevole che l’Ospite che accoglie, sarà Lui a mostrargli la strada di domani…

 

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