Stabat Mater

by Mauro 22. marzo 2013 21:30

   Papa Francesco ha iniziato il suo primo discorso ricordando che quando si confessa Cristo senza la Croce non si è discepoli, ossia si segue altro ma non Dio. Oggi a Gerusalemme si celebra la liturgia di Maria addolorata. Stamane abbiamo iniziato la giornata con la Celebrazione Eucaristica sul Calvario innanzi l’edicola di Maria.

         Prima di celebrare la Pasqua viene proposta questa tappa innanzi la Madre di Gesù che sta ai piedi della Croce.
Parlare di Croce sembra ai più uno scandalo o comunque follia, e questo è ancor più vero per una tendenza culturale che cerca di esorcizzare tutto ciò che rimanda al dolore e di conseguenza alla morte. Una prospettiva che cerca, in questo modo, di alienare la persona dalla sua storia, dalla capacità di stare nei suoi giorni attraversando anche il dolore. Questo modus vivendi priva l’essere umano della capacità di ricerca e quando si trova innanzi alla contingenza della vita, ed il dolore così come la morte ne sono un aspetto, ecco che crolla nella disperazione.
         Il cristianesimo non è certo un culto del dolore, della tristezza o, ancor meno, della morte, piuttosto è una Via per sperimentare la pienezza della gioia e della vita senza tramonto, l’eternità. In effetti, a ben pensarci, diversi filoni di pensiero odierni, sono un tentativo mal riuscito di raggiungere l’eternità.
         Maria ai piedi della Croce segna un passaggio, lei sceglie di “stare” non fuggire dalla sua vita, da quella relazione d’amore con il figlio, segnata ora dalla sofferenza e dal confronto con la morte.
         I Vangeli ci mostrano appena sette parole di Maria. Lei piuttosto parla attraverso il silenzio e proprio questo viene a dare significato alle sintetiche parole da lei espresse:
1ª "Come può avvenire ciò se non conosco uomo!" (Lc 1,34)
2ª "Ecco la serva del Signore, si faccia in me secondo la tua parola!" (Lc 1,38)
3ª "L’anima mia glorifica il Signore, esulta il mio spirito in Dio mio Salvatore!" (Lc 1,46-55)
4ª "Figlio mio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo" (Lc 2,48).
5 ª "Non hanno vino!" (Gv 2,3)
6ª "Fate tutto ciò che vi dirà!" (Gv 2,5)
Il silenzio ai piedi della Croce. Questa Parola le riassume tutte. (Gv 19,25-27)
         Ai piedi della Croce Maria che fino ad allora aveva serbato “tutte quelle cose nel suo cuore” come ci dicono i Vangeli, ora vede che la promessa che le era stata consegnata non si sta realizzando, almeno come lei poteva immaginare o sperare. La fede e la speranza vengono a contrapporsi: credo che è Dio ma al contempo spero che possa rivelarsi in altro modo, non certo affrontando la morte morendo.
          Maria con le sue brevi parole e con la sua vita aveva mostrato come si fidava di Dio, Lui che realizza ciò che è impossibile agli uomini, Lui che mostra la sua grandezza nell’umiltà, che esalta chi è caduto e povero, che chiede la consegna al di là di ogni appropriazione e che chiede di essere ascoltato per ritrovare gusto e gioia nella vita.
           Lei tutto questo lo ha vissuto da madre e discepola di Gesù, ma ora ai piedi della Croce la fede è ben altra cosa rispetto alla sua speranza. Il suo figlio è morente e lei che lo ama spera che viva, che non soffra, che mostri la sua bontà e grandezza, rivelando chi è, ma non nei termini di onnipotenza piuttosto secondo la sua Misericordia così come Maria lo conosce.
            Eppure le uniche parole di Gesù alla madre sono: “donna ecco tuo figlio” consegnandole l’apostolo Giovanni. Lei contempla la compassione di Dio diventare vulnerabilità di Dio, il Dio che ama è un Dio che si rende vulnerabile, qualcosa cambia nella vita di Dio. La sofferenza della passione che ha il suo culmine proprio sul calvario è un’esperienza inedita anche per Dio e questo Maria per prima lo scopre.
            Compassione che ha anche un profondo desiderio: quello dell’amore! E cioè che tutta l’umanità possa trovare riparo, dimora in Dio. Maria a cui viene affidato Giovanni rappresenta la Chiesa, il luogo in cui ciascuno è invitato a dimorare per trovare misericordia e nutrimento. Il dimorare appieno nella chiesa è segnato infatti dal battesimo luogo di perdono, lavacro di misericordia, che introduce alla vita nuova, quella volta all’eternità. I cristiani per eternità intendono il luogo ove lo stare con Dio, a stare nella comunione d’amore con tutti. Ma per giungervi è necessario prima fare esperienza battesimale e cioè di immersione e morte per avere una vita nuova. In che senso?
            Lo stare in relazione con il figlio Gesù, ora per Maria diventa una ferita aperta. Maria accetta che l’amore debba sostenere la separazione dall’altro, il poterlo lasciare pienamente consegnato alla sua missione. La ferita di cui parla il Vangelo è sì contrassegnata dal dolore ma è frutto dell’amore. Maria riconosce appieno Gesù, coglie che il suo amore è oltre ogni misura: “Padre perdona loro perché non sanno”, e proprio per questo accetta che Gesù possa donare totalmente la sua vita all’umanità.
            È una nuova Creazione quella che si realizza ai piedi della Croce. Pensiamo al racconto della Genesi ove si narra che da Adamo assopito nasce Eva, nasce dal suo costato cioè dalla una ferita. Adamo esce dal sonno, e pertanto vive, quando si lascia ferire dalla presenza dell’altro, la donna posta di fronte a lui. Nella solitudine sperimenta la morte, nell’aprirsi all’amore per l’altro ecco che trova la vita. Ciò significa che amare equivale a generare l’altro. Ai piedi della Croce l’umanità recupera questa straordinaria capacità, quella di vivere per amore e questo se si è disposti, come Maria, a morire con Cristo cioè ad entrare nel Mistero della vita con Lui.
            Fino a quando l’essere umano rimane chiuso nel suo progetto, ripiegato sulla sua storia come se dipendesse solo da lui e dalle sue forze, allora rimane ai margini della vita, quando invece vi entra con Cristo allora fa esperienza di vita nuova, di Risurrezione appunto!

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