by Mauro
12. April 2012 00:01
Domani avrò modo di incontrare il gruppo “Famiglie in cammino” della Città di Monreale, per confrontarmi su di un tema piuttosto avvincente: È ancora possibile un dialogo autentico in famiglia? L’interrogativo mi pare già eloquente, proprio perché mette in luce una sorta di crisi della comunicazione all’interno dei rapporti familiari.
La comunicazione può essere intesa come una modalità relazionale, un modo di porsi nel caso della famiglia, di fronte a se stessi e ai familiari. Durante gli ultimi decenni è stata data particolare attenzione ai processi comunicativi. Oltre che ad uno scambio di contenuti la comunicazione abbisogna di una piattaforma relazionale che poggia sull’intesa che le persone hanno stabilito. C’è come un canale, costituito dalla relazione, su cui la comunicazione può scorrere più o meno liberamente.
Nel comunicare c’è sempre un “comunicarsi”, un trasporto che coinvolge i soggetti coinvolti, entrambi si rivelano mostrandosi all’altro. Le relazioni che scaturiscono, dalla e nella comunicazione, determinano il significato della comunicazione, il modo di leggere i messaggi che gli interlocutori si scambiano.
Sovente in casa si assiste ad una sorta di “rumore” che viene a disturbare la comunicazione limitando la quantità e la qualità delle informazioni che vengono trasmesse. Ciò impedisce feedback favorevoli ad adattare la comunicazione ai bisogni dell’interlocutore. Maggiore è il rumore nella comunicazione e meno prevedibili saranno i processi di comunicazione e la possibilità di trasferire l’informazione nel processo. Tale disturbo comunicativo può assumere un ruolo non indifferente nella dinamica dei conflitti intrafamiliari fino a diventarne il sintomo più evidente.
Anche se formalmente il contenuto della comunicazione appare positivo, di fatto l’input comunicativo può suscitare una reazione ben diversa, quando il contenuto della comunicazione e il vissuto emozionale all’interno della relazione non coincidono si innescano delle specifiche condizioni conflittuali.
Proprio perché la relazione ha una componente metacomunicativa che si avvale di percezioni interiori, ci sarà una componente della comunicazione che sfuggirà alla coscienza riflessa e che pertanto innescherà reazioni istintive non preventivate.
Nel comportamento relazionale sono state individuate due dimensioni che mi sembrano molto significative per la questione che stiamo trattando: quella del controllo che và dalla polarità dominanza a sottomissione, e quella emozionale che và dalla polarità accettazione a rifiuto.
In entrambe le dimensioni possono sorgere dei disturbi comunicativi. Nella prima può accadere che uno dei soggetti coinvolti assuma un comportamento autoritario, di dominanza sull’altro, richiedendo la sua sottomissione, o, ancora, si possono innescare comportamenti competitivi dove l’uno può cercare di far valere il suo ruolo sull’altro. Nella seconda dimensione, invece, sono coinvolte le qualità e le forme di atteggiamento che le persone sperimentano fra loro. I disturbi comunicativi, all’interno di essa, possono sorgere a motivo del concetto di sé, delle abitudini comunicative, della distribuzione delle gratificazioni nelle relazioni.
1. L’immagine di sé e in particolare il basso livello di autostima, può essere di grave impedimento alla comunicazione rendendola strumentale ai particolari bisogni dell’interlocutore: di conferme, di valutazione positiva.
2. L’assunzione di abitudini comunicative potrebbe lasciare la comunicazione imprigionata dentro schemi predefiniti senza la possibilità di allargare l’orizzonte percettivo.
3. L’esigenza di ricevere gratificazione all’interno della relazione, fa sì che la comunicazione venga disturbata quando uno dei soggetti percepisce che l’altro non agisce empaticamente, “sentendo” l’interlocutore.
Quando viene a mancare questa esperienza di condivisione, la persona sperimentando solitudine ed incomprensione potrebbe adottare modi ancora più disfunzionali, contribuendo ad un certo logoramento dei rapporti.
Ci confronteremo allora sulla qualità della vita familiare per riscoprire antidoti vitali quali la fiducia, l’ascolto, la consegna, il tempo, saggezze di vita ove ciascuno potrà contribuire raccontandosi al fine di ritrovare il significato autentico della famiglia: luogo di cura naturale, ove ogni persona può sentirsi accudita e custodita dall’altra.