L'unicità è relazionale

by Mauro 20. May 2018 09:10

   Si conclude oggi, giorno di Pentecoste, l'esposizione delle opere Scrittura d'artista destinate al Museo sociale di Danisinni.

   Un quadro del Museo sociale che ritrae le impronte digitali ispira la meditazione per la Pentecoste che a breve la Comunità parrocchiale celebrerà a Danisinni. L'impronta dice dell'unicità che caratterizza ogni persona, e l'esperienza di Pentecoste viene a raccontare come l'unicità è tale se vive il passaggio dall'io individuale all'io comunionale.

   L'espediente della torre di Babele, così come ci viene raccontato nell'undicesimo capitolo della Genesi, mostra uno stratagemma per ergersi con le proprie forze fino al cielo e ottenere, così, un'unica lingua e un unico pensiero a cui  sottomettere l'umanità intera.

   Questa proposta di vita porta il sapore del collettivismo dei nostri giorni in cui viene attaccata la diversità del pensiero o la dialettica critica, in forza della uniformità dell'essere. Assistiamo, infatti, ad un appiattimento dei costumi e a mode che vorrebbero dire che l'omologazione è la via della libertà e dell'emancipazione sociale. Secondo tale sentire il diverso diventa nemico, minaccia da eliminare e chi professa una fede è colto come antiquato, “uno che ancora crede a certe cose!”.

Comprendo, le religioni nella storia si sono mosse in modo analogo pretendendo di convertire al proprio credo interi popoli avvalendosi anche della forza.

La fede è ben altra cosa e la persona credente si apre ad una vita nuova perchè rinata nello Spirito, alla vita comunionale, così come oggi celebra la solennità di Pentecoste.

Tornando alla logica della torre fatta di mattoni, è la stessa dei mattoni da realizzare in Egitto per garantire la  vita da schiavi. È il criterio della omologazione in cui non c'è più spazio per l'unicità. Per tale motivo le dieci Parole saranno scritte sulle tavole di pietra e, allo stesso modo, l'altare sacro andrà ricavato dalla pietra, in quanto opera di Dio e del tutto originale. Nella prospettiva scritturistica tutto parla di relazione, il Creato è fatto per mantenere questa apertura, dalle pietre l'una diversa dall'altra all'essere vivente con la distinzione dei sessi per mantenere questa apertura, in cui ogni cosa non si esaurisce in sé ma abbisogna dell'altra.

Il sogno che farà Giacobbe (Gn 28, 12) è diametralmente opposto a Babele. Dalla scala Dio scende con i suoi angeli e promette una numerosa discendenza, tanto quanto la polvere della terra.

Mentre la prima immagine esprime l'io individuale che pretende di conquistare il cielo con le sue forze, la seconda manifesta il dono di Dio che si china sulla creatura arricchendola della sua benedizione e aprendola, così, all'esperienza della comunione col Cielo.

Si pensi alle conseguenze di tutto ciò. Nel primo caso abbiamo un ideale di perfezione e un criterio di efficienza da raggiungere, tale da ingenerare nevrosi per l'inadeguatezza e la frustrazione sperimentata. Nel secondo, invece, troviamo la gratitudine della creatura che si sente desiderata da Dio.

La festa della Pentecoste esprime proprio questa dinamica. Il soffio di Dio il giorno di Pentecoste viene donato alla chiesa tutta. Ora la Comunità vive l'Amore che è proprio del Padre e del Figlio, della loro relazione aperta, dalla Pasqua in poi, a tutti i rinati in Cristo.

Pentecoste ci dice, allora, come si entra nella vita trinitaria da figli, è incomprensibile che un cristiano rimanga centrato in se stesso perchè in questo modo terrà fuori l'azione dello Spirito Santo e farà della sua fede una religione.

Assuefatti ad una mentalità performativa, il partire dal “cosa si deve fare” o dal “io devo riuscire a realizzare questo progetto” equivale a schiacciare la vita spirituale sul piano del moralismo o del volontarismo. Come a dire “sono stato buono e quindi sono meritevole di amore da parte di Dio”, oppure, “sono riuscito a fare e pertanto ora posso ottenere la ricompensa che mi spetta”.

La nostra società vive una terribile competizione perchè si fonda sull'io individuale ove l'amor proprio ha il primato su tutto. La vita cristiana, differentemente, inizia con la morte e la pasqua sperimentata con il battesimo. Se il chicco di grano non muore non spunta il germoglio che, comprendiamo bene, è altra cosa.

La vita comunionale è la sfida del nostro tempo, passare dall'individualismo alla comunionalità è ciò che può restituire bellezza e verità al nostro mondo. Significa riscoprire ciò per cui ciascuno è fatto.

 

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