Lo stupore di Francesco d'Assisi (4)

by Mauro 27. dicembre 2012 12:00

      Nel mentre che scorrono questi giorni di festa torniamo al nostro approfondimento intorno all'icone di San Damiano, il Crocifisso tanto caro a Francesco d'Assisi. La veste che il Crocifisso porta, così come raffigurata nella icone, è un grembiule.

      È una nota non di poco conto intendere il senso di questa veste. Essa non è da ricondursi, come alcuni pensano, all’efod sacerdotale descritto nell’antico testamento. I sacerdoti d’Israele infatti portavano una copertura delle parti più intime per favorire i movimenti quando offrivano gli olocausti. L’offerta dell’olocausto infatti comportava un’attività propria del macellaio, cioè immobilizzare un animale anche di grossa stazza, e per questo motivo i sacerdoti ad intervenire contemporaneamente erano molti, per poi ucciderlo cruentemente. Comprendiamo come non si trattasse di un rito “grazioso e leggiadro”  così come una certa letteratura vorrebbe far credere. Questo passaggio raffigurativo è importante perché il Crocifisso non indossa un efod ma un grembiule, proprio perché Cristo esercita un nuovo tipo di sacerdozio che si distacca da quello veterotestamentario.
     Ma di quale novità stiamo parlando? Per comprendere ci viene incontro il testo della lavanda dei piedi descritto al capitolo 13 del Vangelo di Giovanni. Gesù in quella occasione prende un linteum, letteralmente “grembiule”, e si mette a lavare i piedi ai suoi discepoli. È straordinario che l’iconografo abbia rappresentato Cristo sulla Croce alla maniera del servo, la Croce quale luogo del servizio ove Dio mostra il suo desiderio di prendersi cura dell’umanità intera.  È un ulteriore motivo che ci fa intuire l’amore che Francesco d’Assisi nutriva per questa effige sacra.

      La questione della veste scorre in tutta la Scrittura quale anelito per ritrovare la propria identità ed è per questo che anche in questo caso ha un’importanza straordinaria.
      È dalle origini, subito dopo il racconto della Creazione, che l’uomo cerca una veste per coprirsi. Questo accade dopo l’esperienza del peccato che di fatto equivale alla mancanza di fiducia in Dio. Lui aveva offerto nutrimento in abbondanza ma l’uomo non si era fidato della sua bontà disinteressata, il peccato si insinua quando la creatura inizia a pensare che Dio possa “togliergli” qualcosa. Questa è l’origine di ogni peccato, entrare in competizione con Dio e, di conseguenza, pensare di poter fare a meno di Lui, la pretesa di procurarsi nutrimento da soli.
       È allora che l’uomo si scopre nudo, cioè prova vergogna della propria nudità. È come se percepisse di non potersi più mostrare per quello che è.  Dopo avere preteso di affrontare da solo tutta la propria vita ecco che l’uomo inizia ad avere paura, si sente scoperto, impreparato ad affrontarla.
       È l’esperienza che inquieta ogni essere umano, ci sentiamo profondamente impreparati ad affrontare da soli l’avventura del vivere, e questa paura può rivelarsi un bene nella misura in cui rientrando in noi stessi, riconosciamo il bisogno dell’Altro. Adamo ed Eva malgrado si siano coperti di foglie hanno continuato ad avere timore. Così è di ogni persona che trascorre la vita alla ricerca di abiti sempre più “sontuosi” per coprirsi, l’uomo che cerca di costruirsi un’immagine perfetta.
       Comprendiamo l’inganno che sta dietro a questa continua corsa destinata a non avere soluzione. E ciò proprio perché non potrà esserci mai un abito adatto all’uomo. L’esperienza del peccato infatti inizia con una insinuazione “diventerete come Dio”. Ma la creatura accogliendo questa proposta esistenziale dimentica una grande verità: “a immagine di Dio li creò”. L’essere umano è già ad immagine di Dio ma per riconoscersi tale ha bisogno di ritrovare la relazione perduta, di prendersi cura della ferita relazionale primordiale.
       Ora il Crocifisso ci mostra Gesù coperto con un grembiule, è lo stesso “abito” con cui si cinge al momento della lavanda dei piedi nell’ultima cena così come ci viene descritta dall’evangelista Giovanni. Quel chinarsi per servire e lavare ha un significato analogo all’offrire il proprio corpo e sangue per la vita di tutti.
       Il Cristo risorto apparire con una veste candida, una veste che a dire dell’Apocalisse ritroveremo in tutti i salvati, coloro che hanno accolto il dono. Così dopo che Pietro avrà riconosciuto la sua fragilità per avere rinnegato Gesù ed al contempo il suo bisogno di Lui, Gesù gli dirà “quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21, 18). È il Risorto a donare la veste nuova ad ogni cristiano, una veste che si inizia ad indossare con il battesimo.
        Il Crocifisso di San Damiano mostra proprio questa proposta alternativa di vita, una proposta che Francesco di Assisi ha colto iniziando fin da subito a riparare chiesette diroccate e a servire i lebbrosi.
       Non teme cioè il giudizio dei concittadini che lo reputano stolto perché fa lavori da operaio mentre dovrebbe occuparsi di ben altre cose, lui che coltivava l’ideale cavalleresco e comunque poteva vantarsi di essere figlio di uno dei più ricchi commercianti della valle. E ancora si guardano dall’avvicinarsi a lui dopo che è entrato a contatto con i lebbrosi, per timore di essere contagiato.
        Loro pertanto gli cuciono un vestito addosso e, alla luce di questo, lo deridono e lo emarginano! Lui invece permette solo a Dio di donargli una veste nuova: un modo d’essere e di stare nella vita che lo rende finalmente libero.

 

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