Sfruttamento o qualità di vita, that is the questions

by Mauro 15. dicembre 2011 23:59

     Non si tratta di un soliloquio shakespeariano, ma di una questione propria dei nostri giorni, tempo in cui il lavoro nero sembra dilagare in modo spropositato, magari anche perché il lavoro non è più riconosciuto come un diritto, tutt'al più come un favore, ma di lavoro vero se ne vede poco.  
     Pertanto molti datori si sentono autorizzati a chiedere un contraccambio per il favore elargito, e di conseguenza chiedono un di più equiparabile ad un maggior numero di ore lavorative, mal retribuite e senza garanzie assicurative.
     Eppure la qualità della vita propria ed altrui dovrebbe essere un imperativo categorico per ciascuno. Nondimeno   volendo assecondare un certo tipo di ragionamento legato più all'utile che alla custodia dell’essere umano, c’è solo da trarre profitto nel pensare alla qualità della vita dei dipendenti della propria azienda, o dei cittadini che si vanno ad amministrare.
    Pensate, già negli anni ’60 in Giappone si iniziò a parlare di un nuovo sistema di gestione aziendale, il Company-Wide Quality Control, che ha permesso  la riorganizzazione e la crescita delle imprese a partire dal miglioramento della qualità della vita interna ad esse.
    Si tratta di una particolare attenzione all’uomo, cioè creare condizioni idonee per promuovere le abilità, la creatività e le motivazioni dei componenti della azienda. Dare, cioè, l’opportunità a ciascuno di reagire “autonomamente”, per quanto gli compete, agli stimoli provenienti dall’ambiente in cui opera senza mortificare le potenzialità personali. Anzi lo sviluppo di queste contribuirebbe attivamente alla realizzazione degli obiettivi dell'azienda mentre, il loro arresto, sarebbe involutivo per l’intero sistema. Ne consegue l’importanza del coinvolgimento e della formazione di ogni dipendente per il raggiungimento degli obiettivi comuni, rendendolo così protagonista della produzione.
    Un altro importante aspetto introdotto dal nuovo sistema consiste nel primato dato alla qualità, assunta quale  strategia operativa. Concretamente significa abbandonare l’improvvisazione sostituendola con una progettualità qualitativa.
    Le problematiche  allora vengono affrontate secondo una precisa metodologia aziendale: individuare il problema per conoscerlo nel modo più completo; osservarlo da più punti di vista; analizzarlo per trovare le cause; agire adottando soluzioni adatte ad esse; verificare l’efficacia dell’intervento; condividere l’esperienza in modo che divenga patrimonio comune all’intera comunità. Tale mentalità condivisa porterà a non anticipare le soluzioni ma a farle scaturire da una riflessione comune a partire dai dati.
    Il sistema di qualità prevede anche l’apertura ai bisogni del contesto. Si tratta di mantenere lo sguardo rivolto all’esterno della  realtà aziendale, essa deve tener presente che esiste non per se stessa ma in funzione di un servizio che deve esprimere nell’ambiente in cui si inserisce. A tal riguardo la flessibilità dei confini è importante affinché si creino le condizioni favorevoli a tale interazione. L’interlocutore esterno, infatti, non deve restare totalmente fuori, deve in un certo senso entrare attivamente, divenendo indice referenziale per la progettazione e l'efficacia del servizio offerto.
    Ultimo aspetto è il dialogo interno. I vari sottosistemi presenti all’interno della azienda non dovranno ignorarsi, lo sguardo verso l’esterno non può esser scambiato per fuga dall’interno, la produzione è sempre frutto dell’intera comunità e mai opera esclusiva del singolo. Ciò comporta una relazione fondata sulla condivisione, sull’opportunità di luoghi e tempi di scambio.
    Lo scaricare le problematiche su un capro espiatorio o l’instaurare rapporti competitivi viene a compromettere la qualità dell’intero sistema. Ancora lo stress lavorativo potrebbe raggiungere dei livelli talmente alti da determinare disfunzioni sul lavoro fino a lunghi periodi di assenteismo. Sarà interessante prendere in considerazione fenomeni quale il mobbing o il burnout  che generano un alto rischio per la salute e la sicurezza della persona e di conseguenza per l’intero organismo in cui è inserito. Datori di lavoro, sistema sanitario e politiche sociali e familiari, sanno bene che il sistema di qualità nel lavoro è garanzia di ben-essere oltre che di produzione e di crescita sociale.
    Malgrado l’evidenzia la questione è ancora aperta; ci chiediamo se mai il caro William Shakespeare abbia trovato, almeno lui, soluzione ai suoi quesiti.

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Psicologia e vita

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