Oggi stiamo assistendo ad un passaggio epocale, la mediazione sta trovando spazio nell’ambito giudiziario e i contenziosi, là dove ci sono i presupposti, vengono risolti attraverso negoziazioni mediate da un consulente. L’esperienza fatta all’interno del nostro Consultorio familiare a Castelvetrano, ci porta a monitorare questo passaggio culturale che in altre regioni d’Italia, soprattutto al nord, appare già esperienza consolidata.
Sino ad oggi l’esperienza principale di mediazione a cui si apriva il Consultorio era quella della mediazione familiare volta alla gestione dei conflitti ed al sostegno anche terapeutico dei sistemi familiari con funzionamento patologico. Una richiesta legata anche a motivazioni estrinseche soprattutto nel caso di invio da parte dei servizi sociali del territorio al fine di garantire al meglio la tutela dei minori. Spesso la coppia arrivava al Consultorio nel pieno di un conflitto esasperato, in un momento in cui era necessario partire da un “distanziamento” emotivo prima di poter iniziare un vero e proprio intervento di mediazione.
Una certa resistenza a ricorrere alla figura del mediatore nel momento della crisi coniugale in parte è stata dovuta a precomprensioni culturali che hanno visto i conflitti familiari, compresi quelli patrimoniali o ereditari, come un problema da dover celare ai più, per “non apparire in crisi” o magari, nel passato, quale questione da dover risolvere in contesti sovrastatali quali ad esempio il sistema mafioso che sin dal suo nascere si è arrogato il diritto di mediazione, ponendo in accordo le parti anche attraverso metodi coercitivi. È anche da riconoscere che il sistema familiare che riconosceva l’indiscussa autorevolezza del pater familias oggi è venuto meno, l’arbitrato non ha trovato una figura sostitutiva quale referente.
Oggi ci viene chiesta mediazione in più settori, potersi avvalere di professionisti per poter negoziare ed eludere il contenzioso giudiziario. Da subito abbiamo intuito come la mediazione ai fini della conciliazione possa diventare una nuova risorsa volta al benessere personale, familiare e dell’intera collettività. Credo che al momento presente ancora non si percepisca appieno il beneficio che il territorio, e non solo l’apparato giudiziario, può trarre dalla mediazione extragiudiziale. Dal 21 marzo 2011 è stata sancita l’obbligatorietà della mediazione nelle controversie riguardanti divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, diritti reali, comodati, contratti assicurativi o bancari, risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo stampa.
Nasce una nuova istanza che timidamente viene rivolta anche al nostro Consultorio che certo è solo un piccolo punto di osservazione ma che ci porta a ponderare la portata del fenomeno che viene ad interpellare, oltre a tanti altri professionisti, anche la categoria di Psicologi, Psicoterapeuti e Mediatori familiari soprattutto nelle questioni inerenti a separazioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, risarcimento danni medici. Si tratta di una apertura che ha anche risvolti socio-politici favorendo la partecipazione attiva all’alleggerimento del sistema giudiziario. Il fatto stesso di portare le parti in conflitto ad un contatto attraverso la mediazione diventa una sfida ed al contempo una grande risorsa per il ben-essere dell’intera comunità.
Cerchiamo ora di chiarificare i termini della questione. L’entrare nella cultura di mediazione significa attivarsi per cercare percorsi nuovi, spesso inediti, che permettono alle parti di uscire dal conflitto stantio attraverso una via alternativa. In realtà con la mediazione non si elimina il conflitto ma lo si impara a gestire, si impara a costruire un accordo che è frutto di un confronto anziché di uno scontro, e questo attraverso un contesto che permette di valorizzare le risorse delle due parti.
C’è un tempo propizio alla negoziazione, non tutti i conflitti possono essere mediati e non sempre è il momento opportuno per avviare la negoziazione. Pertanto il fattore tempo ed il fattore materia sono variabili importanti di cui il mediatore deve tenere conto. Normalmente all’interno del Consultorio la fase di mediazione viene preparata attraverso l’ascolto individuale delle due parti; è importante appurare il tono emotivo e verificare le reali motivazioni prima di aprire il confronto a due. Si ha a che fare con la perdita, con emozioni quali tristezza, rabbia, dolore, paura, per cui il mediatore deve avere la capacità di sostare, di fermare il processo per favorire l’ascolto ed il prendersi cura di quel vissuto tanto delicato. La funzione di rispecchiamento consiste nell’entrare in empatia con la persona che si ha di fronte non portando i propri punti di vista o le proprie pre-comprensioni, ma cercando di esplorare con le parti in questione nuovi punti di vista di cui avvalersi. Il mediatore allora ha il compito di favorire questo processo di sblocco, di uscita dalla fase di stallo, ove le due parti spesso si sono impelagate.
Le due parti concretamente accettano di aprirsi ad una via conciliativa uscendo da una logica competitiva che vede vincitori e vinti.
In questo orizzonte viene ridotto il percorso che porta alla sentenza, e tale riduzione temporale ha grandi benefici per le parti e per il contesto in cui esse vivono. Ancor prima del beneficio economico pensiamo al beneficio che nei hanno i figli nel caso di separazione coniugali, i quali sovente vivono elevati livelli di sofferenza a motivo dei lunghi tempi in cui si protrae la causa di separazione, o ancora le successioni ereditarie che vengono ad invischiare i vari sistemi familiari coinvolti.
Pertanto si arriva ad una negoziazione del conflitto, cioè si passa da una modalità di comunicare e di agire infruttuosa, ad una nuova che rende efficace la discussione tra le parti. Concretamente equivale ad uscire dalla propria posizione difensiva dove il focus è centrato sulla logica del diritto-dovere, del mio-tuo, per arrivare ad una posizione ove il munus consta in primo luogo nella relazione tra le parti, dove cioè il primato viene dato al rapporto interpersonale prima che alle cose da dirimere. Potremmo dire che le parti escono dal gioco relazionale vittima-carnefice entrando in una fase esplorativa ove il confronto fondato su di un piano adulto permette di cogliere un nuovo “utile” prima misconosciuto, quale la quiete nel contesto vitale (si pensi ai contenziosi con i vicini o con i parenti), la salute psicofisica (considerando il carico di stress imputabile ad una causa giudiziaria), il valore intrinseco della magnanimità (la gratificazione che trae chi compie il bene), la riappropriazione di potere sulla propria vita (sovente delegato alla immagine sociale o allo status economico). Comprendiamo come lo stesso concetto di “perdita” possa essere rivisitato attraverso questo ampliamento percettivo, ove una prospettiva allargata permette di calare il problema all’interno di un contesto molto più ampio.
Pensiamo che il servizio svolto dal nostro Consultorio si collochi nel territorio come presenza significativa che, unitamente alle tante risorse pubbliche e private ivi già presenti, possa contribuire alla crescita umana e sociale della popolazione locale. Altresì si colloca quale espressione di una Chiesa che intende farsi carico delle problematiche del nostro tempo e cooperare con tutti gli uomini di buona volontà per la promozione valoriale e culturale del nostra terra di Sicilia.
Mauro Billetta, mediatore conciliazione.net