Comunione non è omologazione

by Mauro 31. maggio 2020 10:07

        Il modo di organizzarci e le priorità che diamo al nostro quotidiano rivelano quale direzione sta seguendo la nostra vita. Noi non possiamo controllare il nostro domani ma possiamo decidere come attraversarlo e ciò dipenderà dal nutrimento che anima il nostro cammino.

       Per alcuni il viaggio dell'esistenza si riduce ad una mera pianificazione di accumuli, conquiste per ergersi al di sopra degli altri, proprietà funzionali ad accrescere il proprio ego. Per altri, invece, la scoperta quotidiana è frutto dell'accoglienza e del dono, un duplice movimento caratterizzato dall'umiltà. Senza umiltà, infatti, si perde la gratitudine e tutto diventa motivo di rivendicazione e di autoaffermazione.  

        La Scrittura riporta l'episodio di Babele che è paradigmatico dell'illusione dei primi, i quali pretendono di creare un futuro felice attraverso una torre per ergersi verso il cielo. E' la convinzione di costruirsi un nome in alto come a sostituirsi a Dio, perchè dell'altezza ciascuno ha di bisogno e la materialità mai potrà appagare la sete interiore che porta ogni essere umano.

        Con la logica della torre, però, si trova l'anonimato perchè il nome fondato sul potere è un nome vuoto e gonfio di apparenze. Invece si porta un nome autentico quando si è chiamati e riconosciuti da un altro ma, ciò, presuppone un ammettere la propria debolezza.

Quanti sposano la prospettiva di Babele, dunque, stanno su un piano verticistico, propinano l'omogeneità del pensiero, l'unico stile di vita, gli stessi consumi, il mito del superuomo. Simile ideologia viene ad estinguere ogni differenza affermando, perfino, il valore della neutralità. È il linguaggio del cameratismo, del sentirsi forti perchè tutti uguali e pertanto “giusti”.

Il loro nome è frutto di un grande impegno che dimentica la gratuità e il perdono. La pretesa di un'unica lingua vorrebbe sancire tale perfezione e apparente complicità che, di fatto, è frutto della sottomissione.

La discesa di Dio svela tale inganno, la luce confonde e disperde, mostra come l'individualismo  crea solo rapporti di convenienza ma ciascuno rimane estraneo all'altro. La dispersione in realtà nella Scrittura non sarà mai letta come problema ma diverrà opportunità per ritrovare la vera relazione. Così Abramo che lascia la sua terra, l'esodo dall'Egitto e perfino l'esilio in terra straniera, tutto sarà funzionale a restituire centralità a Dio e riconoscersi suo popolo.

Nell'esistenza di ciascuno, seppure provata, Lui si rende presente e si fa dono. È questa relazione primigenia a permettere il muoversi verso l'altro ed è l'esperienza di Pentecoste che celebriamo in questa domenica.

La Comunità è chiamata a non cercare più una legge al di fuori per poi osservarla ma ad accogliere interiormente la presenza di Dio, il Suo Spirito che viene ad abitare in ciascuno di noi. È il linguaggio dell'amore a segnare questo dono, il Risorto mostrerà i segni della crocifissione per indicare che la consegna del soffio vitale è passata per quel momento che non ha cambiato la direzione della missione di Gesù. Lui è venuto per consegnarsi pienamente al Padre consegnandosi agli uomini!

L'Amore crocifisso ha reso inerme il potere di questo mondo ed è arrivato a penetrare perfino la morte permeando tutto della Sua presenza. Ora il Risorto dona il Suo Spirito alla Chiesa affinchè possa edificarsi su questa nuova legge capace di consumarsi fino al martirio.

La comunione, dunque,  è possibile nella diversità proprio perchè nasce dal rispetto dell'altro e dall'accoglienza della sua unicità. La circolarità proposta dalla Pentecoste costruisce la pace perchè frutto dell'amore e non delle rivendicazioni su cui pretendere giustizia. Altrimenti si cadrebbe in quei trattati di pace che si rivelano delle tregue interessate e funzionali alle logiche di potere ma, nel tempo, destinati a cambiare.

Il segno di questa condivisione è dato dal sentire l'altro parlare, nella propria lingua natia, delle grandi opere di Dio. È il linguaggio affettivo delle proprie origini, come quando si chiama per nome  la creatura appena nata, è il lessico dell'accoglienza e dell'amore disinteressato. Infatti li odono parlare delle grandi opere di Dio e non di se stessi, la Pentecoste fa uscire dall'autocelebrazione e posiziona l'esistenza su un Altro. Le opere di Dio aprono alla meraviglia e alla gratitudine perchè si scopre come Lui vede ciascuno e quale missione consegna chiedendo di fare la propria parte.

La Pentecoste abbatte il caporalato di questo mondo e semina il dono della condivisione e del riconoscersi preziosi gli uni per gli altri. 

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