I "Si" che fanno mettere in gioco

by Mauro 28. settembre 2014 22:55

      Quello del formalismo sembra essere una delle gravi piaghe della nostra società, mostrati compiacente e tutto sarà perfetto! Uno slogan che apparentemente fa funzionare rapporti istituzionali, partenariati, perfino alcuni matrimoni, ma tutto ciò a discapito della relazione. I rapporti umani, infatti, si nutrono di autenticità, nella finzione scenica si finisce per trovare la noia, altro male oscuro dei nostri tempi! 

     La vita non è questione di parole ma di opere, non è il dire “si” a raccontare la nostra storia ma ciò che fattivamente esprimiamo. Con questa introduzione don Armando Zappolini oggi ha iniziato la sua risonanza alla Parola di Dio nella nostra Comunità di Danisinni. La sua infaticabile opera a servizio degli ultimi, non solo nel territorio nazionale con le Comunità di recupero per tossicodipendenti o le vittime della tratta ma anche con numerosi progetti nei Paesi in via di sviluppo, mostra come lo spezzare la Parola debba diventare una costante azione volta a custodire l’umanità che ci circonda.

     La Parola di Dio ha bisogno di incarnarsi nel tessuto profondo di un territorio, cogliendone i bisogni più reconditi e le domande inespresse. È per questo che nella nostra Comunità l’apertura dell’anno catechistico sarà accompagnata da una seconda festa in cui saranno aperti i Laboratori ed i percorsi di sostegno scolastico. Favorire l’acquisizione delle abilità di base e le competenze sociali  necessarie a sostenere la crescita ed i compiti evolutivi, è per noi un percorso obbligato proprio perché il buon cristiano è prima di tutto un buon cittadino, una persona che si sente responsabile della propria e dell’altrui vita.

      È in questa direzione che leggiamo la Parabola (Mt 21, 28) di questa domenica. Un itinerario che va dal superficiale al profondo, il percorso dell’uomo che lascia la posizione di superficie, propria del sentimentalista e cioè di chi sta dietro all’emozione del momento, per mettersi in gioco a piene mani fino ad “attraversare” la propria volontà.

       Il cristianesimo, infatti, mette a confronto con la propria volontà. È necessario il nostro impegno e la fatica quotidiana per portare avanti progetti di vita, sogni per i quali possiamo anche spenderci totalmente. Sappiamo bene che il nostro vivere se non è retto da un sogno profondo, finisce con l’assumere la sedentarietà della rassegnazione o la tristezza di chi si nutre di rimpianti.

      Gesù addita in pubblicani e prostitute un’umanità nuova, quella che dopo avere scoperto l’amore gratuito di Dio è capace di lottare fino in fondo per la cause della giustizia e del Bene. È quella tempra che scopro in tanti operatori di Comunità di recupero che hanno ritrovato il valore della loro vita, dopo un trascorso di tossicodipendenza da cui sono usciti attraverso un aiuto fattivo, e ora lottano per recuperare la vita altrui. La profondità è data all’uomo autentico che mette giù la maschera, così è della nudità del peccatore che si riconosce tale.

       Nella parabola in questione c’è un figlio che si nasconde dietro i suoi “si”, è un compiacente che di fatto poi segue il suo non averci voglia! Nelle nostre zone si usa l’espressione “mi secca” per esprimere il “non c’ho voglia”, ed è interessante notare come il “seccare”  rimanda al sentirsi aridi, senza vita, analogo all’essere spenti e senza desiderio. È per ciò che il “mi secca” viene controbilanciato dal “mi piace fare”, in quel caso è il principio del piacere a regolare l’uomo di superficie. 

        Il secondo figlio, diversamente, dapprima si oppone ma poi si pente e va. È l’uomo che si ascolta e che pertanto si dà una possibilità. L’ascolto profondo, infatti, ci fa riconoscere umani cioè per quel che siamo veramente. Non è un ascolto perfezionistico o dogmatico, non è il moralismo che porta a cambiamento ma il partire dalla realtà che siamo e che ci circonda. Per spingerci verso la meta abbiamo bisogno di avere una base da cui partire, altrimenti saremmo gli individui del “si” vuoto, gli entusiasti di un sol giorno.

       A quel punto la meta è sogno si, ma ciò non è ancora sufficiente. Tornano alla memoria le lapidarie parole di Danilo Dolci: Ciascuno cresce solo se sognato!

 

 

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