Chiamati alla pienezza

by Mauro 17. febbraio 2019 09:13

      Molti ritengono che la volontà del Cielo voglia imporre sacrificio all'uomo mortale impedendogli il pieno godimento della vita. Una innumerevole nota di prescrizioni, secondo questo intendimento, verrebbe a soverchiare l'umanità imbrigliandola in un moralismo quotidiano senza libertà di scelta e di ascolto.

       Eppure nel Vangelo ricorre più volte il termine “beati” che nella lingua ebraica esprime la pienezza della vita ossia la felicità colma di misura, la felicità che niente potrà mai strappare. L'esperienza evangelica, però, dipende dalla fonte da cui si attinge e dalla meta verso cui volge il proprio cammino. Queste due coordinate differenziano il cammino dell'uomo e a ciascuno è dato un percorso distinto a seconda della sua scelta.

       Dalla meta che ci prefiggiamo dipenderà la fonte di nutrimento e la pagina delle beatitudini viene a restituire verità distanziandosi da un cammino schizofrenico come potrebbe essere quello dell'uomo contemporaneo che pur dicendosi cristiano vive a pieno titolo una esperienza antievangelica in cui il  proprio interesse entra in competizione con la custodia altrui.

Dobbiamo ammettere, in realtà, che tale spinta è stata favorita da una prassi pastorale che ha inteso fare del cristianesimo una trasmissione di nozioni più che un'esperienza del cuore, un apprendimento che, in quanto tale, si è centrato sulla repressione del desiderio per evitare il peccato e mantenere la via del bene da fare. 

La relazione filiale a cui Gesù apre i suoi discepoli, piuttosto, è una relazione di cura in cui Dio chiama a mettersi in cammino con Lui, mai da soli, per rimanere nelle strade della vita. La custodia del Padre rende, in questo modo, l'umanità capace di stare nella storia traendo forza dalla compassione di Dio che dona la sua vita per amore della creatura. Il sacrificio assume i tratti dell'amore ed è Dio ad esserne pienamente capace per restituire dignità a chi aveva smarrito il desiderio di bene e la capacità di relazione. Il peccato, allora, si viene a configurare come smarrimento, perdita della direzione che permette di rivolgersi verso la meta continuando a custodire la fonte dell'amore.

L'edonismo smisurato dei nostri giorni, infatti, è uno dei riflessi di questa assenza. Si cerca nutrimento in ogni dove e si finisce col rimanere schiavizzati dai tanti espedienti che, a fronte di un godimento immediato, diventano catene che spengono la libertà ed il desiderio dell'uomo. Si pensi alle tante dipendenze che consumano le esistenze di individui condannandoli ad una terribile solitudine o alla promiscuità sessuale che nella moltitudine dei rapporti occasionali frammenta l'identità e la storia di intere generazioni.

In questo contesto maturano, altresì, moti fondamentalisti che confondono il bisogno di identità o la ricerca di desiderio con l'affermazione di sé a discapito del diverso come nel caso della xenofobia.

Nella pagina delle beatitudini che meditiamo in questa domenica Gesù parte dai poveri, dai piccoli di ogni tempo. I poveri sono detti beati perchè appartengono al regno dei cieli.

È l'appartenenza al Cielo a dare dignità alla nostra povertà, all'imperfezione umana. Gesù si rivolge ai discepoli che hanno lasciato tutto per accogliere la sua chiamata. La Parola di Dio riempie la vita perchè è dono da scoprire, itinerario che reca direzione alla propria quotidianità.

Diversamente chi si fa ricco organizza il suo vivere in  modo competitivo perchè l'altro è considerato un rivale da cui guardarsi. È la logica del capitalismo che vorrebbe giustificare la discriminazione in forza di un lavoro e un benessere da difendere. È così che molti, nel nostro Paese, si sono lasciati strappare la verità cristiana, cadendo nella trappola dell'inimicizia che fa della propria esistenza non un andare verso la meta del Cielo ma un possedere per stanziarsi su questa terra come se l'avere dovesse essere il garante di ogni cosa.

Molti pseudocristiani, oggi, si fanno paladini di giustizia attaccando il profugo che bussa e attende accoglienza a poche miglia dalla nostra costa. È la frattura, propria, del teorema che ha disgiunto il rapporto verticale con quello orizzontale, pensando che le relazioni umane poco c'entrino con il rapporto con Dio. È la logica di religione che, fondata su prescizioni volte a garantire il “quieto vivere”, è ben diversa dalla fede ossia dalla relazione con Dio che fa dell'esistenza una chiamata alla prossimità. 

Anche l'affamato è detto beato perchè da Dio sarà saziato. C'è una terribile fame che attraversa le nostre Città, moltitudini di vicini di casa che lottano per sbarcare il lunario. Famiglie segnate da grave indigenza che non riescono a sopperire ai bisogni fondamentali. Ieri un padre di tre figli piccoli mi confidava di avere deciso di vendersi un rene per sfamarli!

La scorsa settimana decine di immigrati messi per strada, a seguito del “decreto sicurezza” (non si è ben compreso di chi), di notte bussavano alla porta dello Sprar che li accoglieva fino al giorno prima. Sono stati respinti e lasciati a dormire fuori sotto il gelo di questo rigido inverno perchè così stabilisce la legge. Il povero e l'affamato bussano alle nostre porte, alle nostre chiese, e noi abbiamo creato portoni sempre più sicuri, sempre più protetti.

Quale ricchezza e quale nutrimento soddisfa la nostra vita? Le beatiduni interpellano il desiderio cristiano, il senso del nostro peregrinare terreno e cioè verso dove è rivolta la nostra esistenza.

La beatitudine di quanti sono nel pianto in attesa di consolazione si riferisce al pianto di chi non si fa vittima piangendosi addosso ma, piuttosto,  consegna al Cielo il proprio bisogno. È il pianto di chi nutre compassione e non rimane indifferente a quel che gli accade attorno, è il pianto del piccolo che abbisogna di essere rassicurato su chi è veramente custode della sua vita.

La società opulenta sembra essere stata anestetizzata, anche le scene più cruente sono diventate spettacolo, come un film da lasciare scorrere prima di andare a dormire. È necessario il risveglio degli animi, di coscienze deste che tornino a sentire per l'altro e a compatire facendosi carico dei bisogni della gente. La parola “solidarietà” è entrata nel business degli affari ma è la parola “comunione” a caratterizzare la vita del cristiano perchè frutto dell'amore, frutto della gratitudine per come ciascuno è amato da Dio.

La beatidune promessa ai perseguitati a causa di Cristo è la sintesi dell'agire cristiano. Non si tratta di una proposta di mediazione buonista per far contenti tutti. Il Vangelo diventa pietra d'inciampo, indicazione di differenza e questa provoca chi difende la sua trama di male.

Reagisce il mafioso perchè il Vangelo si oppone alla logica criminale, reagisce il perbenista detentore di potere che pretende di affermare il suo ego a discapito dei più piccoli. Il Vangelo denuncia chi ordisce sulla vita altrui si oppone ad aziende come l'Ilva di Taranto che continua a mietere vittime inquinando l'ambiente e compromettendo la salute dei cittadini. Vivere in quella Città non è più un diritto e chi  prova a denunciare il grave crimine si trova di fronte ad un ricatto colpevolizzante perchè equivale ad attentare al lavoro di migliaia di dipendenti. L'illegalità viene giustificata, dunque, dal sostegno all'economia locale. Lo stesso dicasi del danno ambientale recato dalla distilleria Bertolino a Partinico o, ancora, dai rifiuti tossici seppelliti sotto le campagne catanesi o dentro cave abusive garantite dalla criminalità organizzata.

La logica delle beatitudini crea un discrimine: il potente sarà rovesciato dai troni e avrà sciupato la sua esistenza, perdendo l'unico vero dono che gli era stato consegnato; il discepolo che vivrà con il Signore, invece, troverà la felicità in pienezza e sarà fatto erede del Regno dei cieli, l'unico bene che ha valore eterno.

 

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