Sottrarsi alle aspettative e tornare a vivere

by Mauro 1. dicembre 2019 21:12

        Torna in mente il ritornello di una canzone di Luca Carboni “o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai”. Un testo che rivela un aspetto centrale del nostro tempo in cui brutture e bellezza vengono mischiate come se avessero lo stesso senso.

       Il cammino dell'uomo può corrompersi e ciascuno può rinunciare alla propria vocazione entrando in una sorta di compromesso che viene ad anestetizzare desideri, progetti e rischi propri di chi, invece, si mette in gioco spendendosi per una causa.

       È la crisi dei nostri giorni in cui a fronte di un gran parlare non corrispondono scelte di vita. Ci si è spostati sul piano concettuale, dunque, come se quel che si dice di fare o di essere fosse già realtà.

      L'esistenza è molto di più e quando ti trovi a contatto con popoli che sperimentano tutto il peso di un'economia centrata sullo sfruttamento del prossimo per arricchire pochi, ci si rende conto che le parole perbeniste valgono a ben poco.

       È il travaglio che vivono molti missionari che ogni giorno condividono la fatica e la speranza della gente più povera e si ribellano alle politiche del mondo consumistico che continua a gravare su milioni di persone sparse in ogni parte del mondo.

Tale premessa ci fa entrare nel tema della Parola ( Mt 24, 37-44) di questa prima domenica d'avvento in cui l'incontro definitivo con il Signore viene presentato come la venuta di un ladro nel mezzo della notte. Nel mentre della vita quotidiana in cui a ciascuno è dato di rimanere fedele alla propria missione o a tradirla accomodandosi in zone grigie dell'esistenza.

“Tradire” equivale a sottrarsi alla responsabilità che verte sulla vita di ciascuno e ciò non in termini di rigida perfezione ma di perseveranza nel tentativo di fare la propria parte quotidiana. Il nostro tempo manca di fedeltà, la parola ha perso il suo valore e tutto è relativo. È così che gli alleati si confondono con i rivali a seconda della convenienza di turno e gli amici di oggi diventano nemici di domani!

Il Vangelo, a proposito, parla di ambivalenza come nel caso di “orge e ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie” in cui la bellezza del rapporto amoroso e della relazione col prossimo o, ancora, del rapporto con i cibi, che dovrebbero essere il luogo della festa, viene a trasformarsi nella bruttura del possesso e dell'uso dell'altro e delle cose a proprio piacimento e consumo.

Al contrario c'è un “tradire” proprio della profezia, ed è richiesto per sottrarsi ai compromessi del mondo. La fedeltà alla propria vocazione, dunque, richiede un “tradire” le mode del momento anche a costo di andare controcorrente e, pertanto, faticare più di tanti altri per resistere al flusso di tendenza. C'è chi come Hillman coglie la funzione pedagogica del tradimento, quale crollo delle aspettative necessario per mettersi in gioco e, così, cessare di attendere che siano gli altri a fare le cose.

Intuiamo che il cammino spirituale comporta il sottrarsi alle aspettative altrui, al compiacimento per volgersi dritti verso la meta. In fondo è quel che rivelerà Gesù con il suo deciso orientarsi verso Gerusalemme. E rileggendo il tradimento di Giuda, e dunque il suo consegnare il Maestro a quanti tramavano contro di Lui, il Vangelo ci rivelerà il “consegnarsi” di Gesù per portare a compimento la Sua missione di salvezza per il mondo intero.

Il tempo di Avvento, dunque, immette in una inversione di tendenza in cui l'Incontro decisivo avviene già nella ordinarietà di ogni giorno e il vegliare rivela l'atteggiamento di chi va oltre le apparenze senza fermarsi all'immediatezza delle cose. Abbiamo bisogno di riappropriarci della capacità simbolica, dunque, che supera la superficie più evidente senza fermarsi ai sintomi delle questioni ma cercando di approfondire quel che davvero conta.

Dispiacersi per le tante ingiustizie, ad esempio, ha poco valore ma scoprire quel che fattivamente ciascuno può realizzare a partire dal suo agire quotidiano ecco che può avere una capacità trasformante. Ci ricordiamo, infatti, che Gesù è già nato in questo mondo e a noi è data la possibilità di riconoscerlo smettendo di attendere il domani per poterlo celebrare. O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai!

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