Specchiarsi si, ma non in modo artificiale

by Mauro 19. dicembre 2011 22:45

 Ipotizzare una macchina robotica capace di giocare a dama con un essere umano e di perfezionare le sue abilità attraverso i propri o altrui errori, meno di un secolo fa era ancora ipotesi alquanto debole. Eppure nel 1950, con la pubblicazione di un articolo sulla rivista scientifica Mind, Alan Turing cercò di dimostrare la possibilità di una intelligenza meccanica.

      Il ricercatore propose il gioco dell’imitazione per dimostrare un assunto di fondo: se un essere umano interroga una macchina senza vederla e dopo una certa interazione non si rende conto che si tratta di una macchina allora si può affermare che la macchina è intelligente! Sorprendentemente si riuscì a creare un  calcolatore capace di imparare attraverso il gioco in base agli errori precedentemente fatti.
   Negli anni ’60 Minsky segnerà un ulteriore passaggio spostando l’attenzione dall’apprendimento alla rappresentazione della conoscenza e quindi al processo mentale, a come l’intelligenza elabora simbolicamente le informazioni. Oggi la macchina robotica sembra avere affinato competenze sempre più complesse, fino a simulare aspetti simili alle abilità proprie dell’essere umano. Comunque sebbene sia capace di sviluppare algoritmi e pertanto far riferimento a teorie e tecniche complesse, di fatto il l’essere artificiale non è in grado di meta-comunicare sui processi, astrarre su quanto accade nel processo interno ed ancor meno su quanto sta accadendo sul piano relazionale. Inoltre proprio le recenti scoperte fatte nel campo delle neuroscienze sembrano confermare le straordinarie potenzialità dell’essere umano.

  Durante il primo congresso della Società Italiana di Psicoterapia tenutosi a Roma lo scorso settembre ho avuto modo di ascoltare la Lettura magistrale di Giacomo Rizzolatti che ha riportato i risultati delle ultime ricerche sui neuroni specchio. Neuroni specifici che si attivano quando si osserva uno specifico oggetto e l’azione correlata ad esso. L’essere umano è capace di prevedere l’intenzione di un’azione motoria di un’altra persona osservandola.            Ad esempio osservando il movimento che l’interlocutore fa per prendere un bicchiere l’intenzione è immediatamente percepita dai neuroni-specchio dell’osservatore e ciò in base al come il bicchiere è stato afferrato, se porterà il bicchiere alla bocca per bere o se lo utilizzerà per offrirlo all’interlocutore. Pertanto c’è un nesso tra l’azione osservata, l’atto di prendere un bicchiere, e la sua rappresentazione nella mente di chi osserva. Così un bambino osservando il movimento della madre riesce a cogliere se è un agire finalizzato al prendersi cura o meno.
    La capacità empatica può essere sviluppata attraverso un processo di rispecchiamento, il modo di procedere dell’altro può diventare un patrimonio comune, è una conoscenza basata sul fare  osservabile.
   Nuovi campi di investigazione si aprono a partire da questa preziosa scoperta, pensiamo alla potenzialità della stimolazione attraverso filmati nel campo educativo o della riabilitazione o, ancora, al lavoro del clinico quando osserva il non verbale della persona che ha di fronte e, nel mentre, presta ascolto alla sua risonanza interiore.

  Se da un lato potremmo cadere nell'equivoco di pensare di stare dialogando con un essere umano non potendo osservare il robot meccanico che ci sta di fronte, al contempo l'osservazione di un essere umano ci permette di cogliere il suo campo mentale, il processo interno che l'interlocutore sperimenta ancor prima di compiere una determinata azione.

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