Restiamo umani

by Mauro 11. febbraio 2019 20:46

   La nostra Comunità oggi celebra la giornata del malato con l'Eucaristica ed il rito dell'Unzione degli infermi. Per molti sembrerà anacronistico prendersi cura di qualcuno attraverso i Sacramenti, eppure è la cura più efficace che io conosca proprio perchè restituisce verticalità al cammino umano.

So bene quanto il turbinio del “fare” possa apparire come l'unica medicina per i nostri giorni ma proprio tale prospettiva, a nostro avviso, è quel che ci sta facendo ammalare sempre più.

Viviamo il tempo della realtà aumentata in cui attraverso l'ausilio della tecnoscienza siamo resi capaci di superare limiti sensoriali, di guardare dove la normale vista umana non potrebbe arrivare, di ascoltare sonori da ogni parte del mondo e di catturare l'energia fino a trasformarla. Il nostro è un momento storico di grande progresso, siamo resi capaci di comunicare e di spostarci con una estrema facilità ma proprio questo è il punto: la cura sta nella sosta, altrimenti non c'è lettura delle cose!

Quando l'ideale perseguito diventa l'autonomia le persone iniziano a creare sempre maggiori distanze, ad andare sempre oltre perchè non c'è più limite, non si ha più bisogno dell'altro.

È un ideale di forza che non ammatte debolezza e, dunque, confronto con il limite proprio o altrui, non ammette categorie fragili. Sono annoverati tra i deboli tutti coloro che non producono reddito nella nostra società, gli anziani, i piccoli, quanti sono infermi o diversamente abili o, anora, gli stranieri che vengono colti solo in funzione di calcoli economici se più o meno convenienti.

Una società che perde il senso del bisogno reciproco è destinata a spegnersi, ad implodere nella propria autocelebrazione. Viene meno la gratitudine per il quotidiano, l'emozione frutto dell'incontro.

Ci rendiamo ben conto che la nostra esistenza rimane precaria, in continua destabilizzazione e, per questo, bisognosa di nuovi appoggi. Non parliamo della logica di religione che fa dell'essere umano un “dipendente” da Dio che deve attendere fatalmente una ricompensa o ancora deve conquistare il premio in base ai propri meriti, ma della fede che, piuttosto, è relazione intima con chi si dona per dare vita.

Abbiamo fatto della fede un aderire ad una dottrina ma non è questa l'esperienza cristiana, non procede per conoscenza e quante più nozioni da imparare, piuttosto è il frutto di un incontro. L'ascolto da cui scaturisce la fede non è una lezione scolastica ma l'essere toccati dalla presenza di una Parola che cambia orizzonte esistenziale, prospettiva del cuore e della mente.

La malattia del nostro tempo è principalmente frutto di un pensiero disumano su se stessi e sull'altro, un pensiero che impone ritmo vitale ed emozioni che, di fatto, intossicano l'esistenza. Quanta competizione, quanta inimicizia, quante mete edulcorate sciupano l'unicità di un individuo. Eppure sappiamo bene che a ciascuno è data la sua parte, un pezzo di cammino che nessun altro potrà portare avanti al posto suo. È l'originalità della vita a conquistarci, è il fascino dei Sacramenti che chinano il Cielo sulla nostra pochezza a rivelarci la sacralità ed il mistero dell'esistenza di ogni persona. 

 

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