Quel che dirige l'esistenza

by Mauro 3. maggio 2020 09:20

         Osservare la natura ci fa riconoscere il profondo senso delle cose. Una pianta è attratta e nutrita dal sole ed è così che può crescere e può arrivare a sbocciare fino a portare frutto. La crescita è sempre per attrazione e mai per costrizione, certo le regole e la disciplina aiutano a stare nella direzione ma se poi non scatta la molla del fascino che reca gusto anche nella fatica, allora non ci sarà maturazione e l'apprendimento si ridurrà ad un mero nozionismo di superficie privo di interiorità. È  la distinzione che passa tra un maestro che fa scorrere i contenuti attraverso una relazione e un insegnante che trasmette nozioni e compiti da fare per poi valutare l'andamento dell'alunno. Incontriamo, infatti, molti che sanno tante cose ma poi non vibrano per nessuna!

         È così che la politica si trasforma in ideologia e pretesto per avere un avversario da aggredire aldilà del suo pensiero o, ancora, che le scelte di campo sono frutto di convenienza autoreferenziale piuttosto che del discernimento del bene da custodire. La nostra società si è impoverita e quel che lascia ancora più attoniti, è che questo tempo di pandemia trova molti ancora più chiusi e fermi nei loro pensieri tristi di rivalsa verso il mondo intero.

Fino a quando non ci esponiamo al sole non sperimenteremo il calore e tutto quel che dovrebbe riscaldare, al suo posto, finisce col lasciare il gelo dentro. Così è la storia della gente che resta china su se stessa rimanendo incapace di sorprendersi per il Cielo che la sovrasta.

La pagina del Vangelo di questa domenica (Gv 10, 1-10) è di straordinaria risonanza per chi rimane in ascolto. Gesù è indicato come il bel Pastore e la sua bellezza è data dalla conoscenza e dalla cura del suo gregge. Le pecore ne riconoscono la voce ed entrano ed escono dall'ovile sapendo che Lui è la guida ed il custode. Il Suo compito non è quello di costringere nel recinto ma del guidare verso l'oltre, così è la ricerca dei pascoli erbosi e non si tratta solo del cibo necessario, quello potrebbe portarlo direttamente dentro l'ovile.

Dio non crea rapporti di dipendenza ma di fiducia rendendoci capaci di stare nelle questioni della vita attraversandola non da soli ma sotto il Suo sguardo. La differenza con il mercenario è il legame che vive con ciascuno, Lui chiama per nome e affronta anche i pericoli dei lupi per custodire il gregge. Riconoscerne la voce è proprio del rapporto filiale così come quando un bambino si desta ascoltando il suono del padre o della madre. È la stessa esperienza di un genitore che con una sorprendente attenzione selettiva riesce a scorgere il gemito del neonato che sta in un'altra stanza nel mentre che le altre persone non lo percepiscono minimamente.

Non si tratta di infantilismo spirituale, il legame permette una relazione adulta ma oggi questo viene profondamente frainteso. Si crede, infatti, che essere liberi equivalga ad una totale autonomia ed indipendenza e questa posizione adolescente impera nella società contemporanea.

In realtà siamo tutti interdipendenti e ciò non equivale a passività o implosione, piuttosto pone fine all'illusorio delirio di onnipotenza che rende l'umanità molto fragile perchè incapace di reggere il confronto con il limite e, dunque, con il diverso da sé.

L'ovile così come indicato nel Vangelo indica il recinto che stava attorno alla Tenda, il luogo sacro del popolo d'Israele durante l'esodo o l'esilio. Poi venne a riferirsi al recinto della spianata del Tempio dove venivano portate le pecore poi offerte in olocausto, almeno diciottomila durante la Pasqua. Ed è proprio questo il cortocircuito a cui sta rispondendo Gesù, poco prima era stato minacciato perchè aveva guarito un cieco nato ma la sua missione è di restituire la vita.

I capi d'Israele sono ciechi e non vogliono che il popolo impari a vedere. Per loro equivarrebbe a perdere potere e tenerli dentro il recinto significa mantenere dominio su di essi, portarli a sé al posto di Dio!

Gesù si dichiara “porta delle pecore” cioè Lui permette di entrare nel mistero della vita e non è questione solo di recinto. Per uscire fuori da quell'assoggettamento religioso è necessario fare un'esperienza nuova dell'esistenza ed entrare nel Suo modo di vedere e stare nel cammino. Il Pastore recupererà la pecora smarrita, affronterà i lupi senza fuggire e si offrirà come olocausto al posto del popolo. Il Suo sguardo, dunque, è misericordioso e il suo agire è quello di donarsi per la vita altrui.

La porta del recito da cui passare indica la distinzione dal ladro il quale cerca vie alternative per stare nel nascondimento e non fare emergere la verità delle cose. Nel libro dell'Apocalisse (3, 20) troviamo una esplicitazione preziosa: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».

C'è la porta interiore di ciascuno dentro la quale Cristo ha bisogno di entrare per donare pienamente la Luce e al contempo Lui è la porta per la quale dobbiamo passare per avere autentico accesso alla vita.

I ladri e mercenari vorrebbero offrire, piuttosto, vie alternative promettendo felicità a buon mercato, ma sono tutti quei meandri bui che frammentano l'esistenza personale derubando il malcapitato della sua bellezza. La vita rimane provocazione per tutti e a ciascuno, dunque, è dato di decidere da quale voce lasciarsi orientare.

Tags: , ,

Consultorio familiare | Incontri culturali | Palermo | Ricerca di Dio

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts