Quale legalità? La promozione è in primo luogo questione culturale.

by Mauro 10. agosto 2013 19:40

      Questa sera incontrerò un gruppo di giovani trevigiani venuti a Mazara del Vallo per un campo sulla legalità. Mi chiedo come parlare a dei giovani del nord Italia su un tema che in Sicilia abbisogna di categorie specifiche proprie dell’humus culturale del nostro territorio per essere letto e compreso.
       Penso di partire dalle immagini, in sequenza mostrare una serie di foto che ritraggono scorci della nostra isola: ville con cancello sulla battigia, mezzi meccanici che sollevano montagne di rifiuti abbandonati attorno ai cassonetti delle piazze, motocarri obsoleti adibiti a friggitorie ambulanti, macchine di lusso con alla guida diciottenni o modesti operai, planimetrie di quartieri lasciati senza spazi verdi, luoghi di aggregazione o servizi pubblici. Un’ultima rassegna di immagini che vorrei far vedere è quella delle amministrazioni locali e dei rispettivi politici, si perché su di loro grava una importante responsabilità! Dalle loro scelte politiche dipende l’educazione al Bene comune, si quel Bene di cui ciascuno è protagonista e custode. Ma ancora, a loro spetta un messaggio chiaro ed eloquente: la vita non è questione di potere ma di servizio. Ciò significa che il cittadino non è da soggiogare ma da riconoscere ed accompagnare.
        Al numero 9 il documento  della CEI  Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, riporta un passaggio interessante in cui mostra il nesso che intercorre tra la criminalità organizzata ed il sistema di morte che imbriglia la crescita del sud Italia:  «la criminalità organizzata, rappresentata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud».
        La politica delle opere pubbliche non può perdere di vista l’essere umano e la collettività  a cui quest’opera è destinata, altrimenti rischia di centrarsi sul compito, sulle cose da fare per dimostrare efficienza e prestigio o, peggio, per realizzare proventi illeciti. Pensare all’uomo, piuttosto, equivale a preoccuparsi per la qualità della vita ed il ben-essere sociale, in questo senso ogni opera dovrebbe inserirsi in un piano di sviluppo più ampio, come un tassello di un contesto che ha come finalità la Bellezza della terra e di chi la abita.
        Questa prospettiva si oppone dichiaratamente ad un modus operandi connivente con l’apparato mafioso e che ne favorisce la rigenerazione ogni qualvolta le forze dell’ordine riescono a disgregare le sue trame. Quella mafiosa è una cultura che viene sostenuta da diversi agenti sociali quali imprenditori e politici o, ancora, una fetta della christianitas che, pur professando il Credo in un solo Dio, non disdegna di appellarsi ad amici di turno per ottenere raccomandazioni e privilegi sociali. È da rilevarsi una sorta di schizofrenia tra la cultura legale e l’eticamente ammissibile, il creduto ed il vissuto, pare essere in crisi il concetto stesso di bene comune
         Credo che siano necessari alcuni passaggi per trovare vie di evoluzione. In primo luogo è necessario passare dalla rassegnazione alla condivisione. Abbiamo bisogno di parlare e condividere il senso di oppressione e di impotenza che viene dal sistema di illegalità. Per vivere questo è indispensabile uscire dall’individualismo per osservare. Osservare inquieta, ascoltare provoca, decidere di fermarsi è un atto di forza, a volte proprio di violenza verso se stessi.
          C’è, differentemente, un quieto vivere che addomestica, toglie l’ansia, ha un’azione analgesica, e lascia indifferenti di fronte a tutto e tutti. Questo significa fomentare illegalità, favorire la proliferazione del sistema mafioso.
           Proprio stamane abbiamo visto le dure immagini dei corpi inermi degli immigrati che cercavano di arrivare a nuoto sulla spiaggia di Catania abbandonando il barcone che era andato alla deriva. L’immigrazione abbandonata diventa potenziale manovalanza per la malavita così come i ragazzi dei quartieri disagiati. Ci sono fenomeni che vengono trattati con un estrema superficialità: la diffusione delle sale scommesse e gioco d’azzardo, i flussi migratori, l’esponenziale crescita di disoccupazione giovanile, la creazione di discoteche e luoghi da sballo ove i partecipanti vengono iniziati alla pratica delle droghe di ogni tipo. 
           Il sistema consumistico favorisce lo sviluppo del sistema mafioso proprio perché entrambi cercano di dare un prezzo alle persone. Il benessere dipende dai soldi, l’importanza della tua vita è connessa ai capitali che hai in banca, se appari superaccessoriato allora gli altri ti crederanno felice e, forse, anche tu finirai per convincerti di ciò. Quando un malavitoso ha da raggiungere un obiettivo inizia ad informarsi sulle persone che conoscono il tipo che sta in quell’ufficio e che deve firmare una certa pratica. Il sistema abbisogna del potere politico per reggersi per trovare vie aperte per reinvestire i capitali. Alla politica serve questo flusso perché è garanzia economica e sappiamo quanto la politica sia succube all’economia.
           L’economia italiana benefica del flusso di ingenti capitali provenienti dall’illecito, la malavita organizzata immette sul mercato enormi somme frutto di spaccio, prostituzione, appalti truccati, smaltimento di rifiuti tossici in discariche abusive. Capitali che permettono all’economia di stare in piedi e che in realtà paralizzano l’economia di onesti imprenditori, schiavizzano gli immigrati, tolgono la vita a migliaia di giovani che dipendenti dalle droghe rinunciano alla propria vita!
            Tutto ad un tratto ti rendi conto che è nato un nuovo centro commerciale, una sala Bingo, un distributore di benzina, tutte attività nate attraverso l’investimento di persone che fino a qualche anno prima avevano giusto il necessario per sopravvivere, al massimo un’Audi proprio per concedersi un lusso.
Ricordo che un paio di settimane fa Roberto Saviano intervenuto al Festival a Giffoni ci raccontava del peso che porta perché gli si imputa di avere mostrato un “volto cattivo” dell’intera regione campana. Eravamo in provincia di Salerno e chiedendo in giro cosa pensassero di Saviano molti mi hanno confermato questa condanna: “ci fa apparire tutti …”.  Eppure rimango convinto che il raccontare sia una delle modalità di trasformazione culturale proprio perché se conosci puoi pensare al nuovo, puoi proporre cambiamento, creare reti di solidarietà. 
              Conosco centinaia di operatori sociali che lavorano in Cooperative o Associazioni che da più di un anno non ricevono i saldi dalle Amministrazioni pubbliche per i servizi offerti. Ancora una volta la malavita organizzata pare beffeggiarci, come a dire chi ha il potere ha la vita.
Preferisco continuare a credere che l’uomo non ha un prezzo, ha valore in sé proprio perché essere umano. E mi rendo conto che chi un prezzo ha dato, ha perso la gioia di essere se stesso…

 

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