Nutrire per nutrirsi: questione di vita

by Mauro 10. giugno 2012 16:42

      Quella che oggi i cristiani celebrano, solennità del Corpus Domini, è per eccellenza la festa della relazione. Si, il culto eucaristico ci parla della relazione con Dio quale paradigma fondante di ogni relazione umana.
      La possibilità di so-stare con Dio significa permettersi un incontro, accogliere la presenza dell’altro ed accettare che, pertanto, si stia sullo stesso piano orizzontale.
       Certo può sembrare una considerazione scandalosa, pensare a Dio su di un piano orizzontale e non verticale eppure è questo il nuovo orizzonte  realizzatosi con l’incarnazione.  Equivale ad entrare in una sorta di rivoluzione copernicana, ricordare quando l’essere umano pensava di trovarsi in un pianeta che fosse al centro dell’universo e dopo con grande meraviglia ha scoperto che stava in uno dei tanti pianeti che girano attorno ad una delle tante stelle dell’universo?
    Qualcosa di analogo accade nell’accostarsi all’esperienza dell’incarnazione. L’essere umano non ha da guardare più, esclusivamente, in alto per trovare Dio. Proprio Lui non accetta l’idealizzazione che, implicitamente, equivarrebbe ad una svalutazione di ciò che è terreno. Porsi su di un piano simmetrico significa dovere imparare la legge della simmetria che riconosce entrambi gli interlocutori senza possibilità di idealizzazione o svalutazione, un Incontro a tu per tu.
       Penso che l’umanità di tutti i tempi abbia sperimentato e continui a rincorrere il miraggio dell’asimmetria, ove ciascuno o cerca una posizione di dominio o si pone su una di sottomissione. La legge della Vittima e del Carnefice o, per i più compassionevoli, della Vittima e del Salvatore. In realtà l’idealizzazione dell’altro è sempre una svalutazione di se stessi, così come l’idealizzazione di sé comporta la svalutazione dell’altro. Ancora, in modo più sottile, ogni idealizzazione comporta un impegnare se stessi o gli altri a rispondere a livelli di aspettative sempre più elevati facendo della esistenza una continua corsa a dimostrare il “di più” che ora non si è o non si ha. Simile atteggiamento comporta il perdere il gusto dell’oggi, il nutrimento nel “qui e ora”.
       È una festa, quella di oggi, che viene espressa anche attraverso  una processione del tutto singolare. È memoriale di un Dio che si è fatto uomo, e quindi capace di camminare per le strade della storia umana. Attraverso i luoghi ed i tempi Dio incontra per strada e nella quotidianità ogni essere umano. Ha dell’inaudito ma è proprio il segno distintivo del cristianesimo, è da questo che nasce l’ideale di solidarietà, quello di comunione, il portare la pace, il servizio diventando prossimo per l’estraneo, il senso della missione cristiana.
       A questo punto urge una puntualizzazione: missione non è da intendersi quale atteggiamento di superiorità rispetto ad un altro o un mondo “da salvare”, semmai l’evento salvifico così inteso si è già compiuto duemila anni fa. Missione è piuttosto essere presenti nella storia umana con una testimonianza di vita che dice altro rispetto alle frequenti profezie dei nostri giorni, restituisce all’essere umano la capacità di guardarsi con speranza e con rispetto della propria dignità.
       Certo questo è considerato “follia” dai più, e spiego per quali ragionevoli argomentazioni:
- stiamo assistendo ad un sempre maggiore ritiro sociale, l’individualismo viene eretto a sistema, la politica e l’interesse sociale sono questioni molto distanti dai più; unica apertura è data dallo schermo televisivo o di nuove tecnologie che permettono di assistere a fatti e misfatti ma, anche in questo caso, con certa distanza capace di passare da un momento all’altro da una tragedia appena appresa ad un talk show che propina verità fittizie ma che riescono ad anestetizzare il travaglio esistenziale. A quel punto è facile avere una sommaria capacità di analisi critica fatta di luoghi comuni sui politici, le banche, gli immigrati, la chiesa, capri espiatori di turno che dovrebbero assumere il ruolo di pacificare l’animo umano;
- un altro modo per aderire alle proposte strumentalizzanti dei potenti di questo mondo, è fare del consumo il mezzo di nutrimento per appagare il desiderio di felicità, si arriva così ad uno  shopping compulsivo è il rituale che finisce con l’ingolfare armadi e garage delle famiglie che oltre a non trovare più spazio rimangono sempre più povere a motivo di debiti contratti per perseguire le spinte competitive di turno;
- ultimo tassello di questa catena che in ciascuno trova una gerarchia di priorità diversificate, è la mercificazione delle relazioni umane: l’altro è amico se posso trarre qualcosa, anche molti matrimoni o convivenze vengono pattuiti con logiche di scambio di cose.
      Occuparsi dell’umano oggi è questione quanto mai delicata, proprio perché l’umano è stato relativizzato e svalutato perché trattato come oggetto di mercato. Per assonanza mi torna un’immagine di tempi non molto lontani, quando nei manicomi gli infermieri a fine giornata solevano scrivere nei loro rapporti: tutto in ordine, banchi, sedie, letti e pazienti sono stati contati e risultano tutti presenti.
       La chiusura di quei luoghi di profonda solitudine in cui le persone eran cose sembrava avesse esorcizzato il terrore di simile deprivazione che all’umano veniva recata, eppure oggi pare che una follia collettiva possa restituire tale metro come cosa normale perché lo fan tutti!

 

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