La Comunione è la sfida del Tempo

by Mauro 4. giugno 2015 20:26

      Ritengo che la sfida più grande per il nostro tempo è quella della Comunione. L’uomo contemporaneo pare orientato, attraverso la tecnica ed il canale virtuale, ad un sempre maggiore individualismo. In ogni modo viene propinata la realizzazione di sé senza l’altro o, meglio, utilizzando l’altro e questo sembra essere l’orizzonte di senso dominante.

              Anche la riforma della scuola appare contaminata da questa idea di fondo: l’individuo e non la persona è posto al centro dell’azione pedagogica! Secondo la mens sottostante la continuità didattica (e l’aspetto relazionale che vi soggiace) non sarà più un criterio guida, così come la neutralità di genere sarà intesa quale valore aggiunto in vista della autodeterminazione di ciascuno. Ancora, saranno promosse scuole di serie A patrocinate, e frequentate, da ricchi possidenti e scuole B ghettizzate e preferibilmente circoscritte alle periferie esistenziali.

              Si crea così, a partire dall’istituzione scolastica, un profondo frainteso sul concetto di autonomia, non più intesa come legame ed inserimento nel territorio, ma all’insegna della competizione e dell’isolamento: il potere di alcuni per sottomettere tutti gli altri!

                La diseguaglianza si erige a sistema e di riflesso parlare di pari dignità, solidarietà e comunione appare davvero anacronistico. Questi sono solo esigui aspetti di quello che si vorrebbe produrre: un essere umano capace di autodeterminarsi. Anziché favorire l’esplorazione e la relazione con il mondo circostante, legata ai ritmi ed ai compiti evolutivi, si alimenta la chiusura narcisistica la stessa su cui andranno a strutturarsi antiche e nuove dipendenze.

               La persona priva di relazione gratuita, di amicizia e di gioco, cioè di tempo dedito ai rapporti senza la ricerca di un “utile”, sembra smarrirsi nella malinconia esistenziale, troppo piena di sé e molto vuota dell’altro. Abbiamo bisogno di tenere la presenza altrui, di emozionarci per il ricordo, di piangere per la mancanza e di conservare il rapporto con noi stessi anche quando siamo in attesa.  

              Qualcuno ritiene che bisognerebbe porvi rimedio ritornando alla tradizione, alle radici di questa epoca, ma in realtà il ritorno alle radici comporta un salto epocale e ciò proprio perché la storia non procede in modo lineare. Gli ultimi quattro secoli fanno parte del lento processo di modernizzazione di cui i nostri giorni sono solo l’epilogo, in realtà il cambiamento di orizzonti potrà avvenire attraverso un recupero del mondo antico proprio quello che poneva al centro la vita e si esprimeva attraverso il simbolo, la metafora.

               Quel mondo antico, lo sappiamo, è stato soppiantato dal mito dell’uomo perfetto, dalla tecnica quale espressione fattiva dell’onnipotenza umana e, man mano, dal culto dell’immagine fino ad arrivare al mondo virtuale.

                 Alla luce di questa premessa voglio soffermarmi sulla questione inerente alla Comunione proprio perché essa è minacciata dalla pseudo autonomia e libertà individuale. Il pregiudizio di partenza mi pare rintracciabile proprio nella contrapposizione tra io e tu, tra mio e tuo. Ciò è la naturale conseguenza dell’avere confuso identità e possesso, come se il valore della persona dipendesse dagli averi di cui dispone.

                 Concordo con il grande pensatore russo Florenskij, il quale un giorno ebbe a dire che ogni problema del mondo attuale è riducibile alla Santissima Trinità. Per approcciarsi al Mistero trinitario è necessario partire dall’assunto biblico “Dio è amore” (1Gv 4), proprio perché indica la natura propria di Dio. L’amore connota il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, significa che Dio ama se stesso (altrimenti mancherebbe di qualcosa e non sarebbe Dio) e si apre all’Altro. Il Padre ama se stesso e il Figlio, generandolo. Il Figlio ama se stesso ed il Padre, ascoltandolo e consegnandosi a Lui. Lo Spirito Santo ama se stesso e il Padre con il Figlio, creando comunione. Il teologo Bulgakov parla di questo rapporto in termini di principio diadico all’interno di ogni Persona divina. 

                 Questa duplice direzione dell’amore è un unico atto, non si esprime in due tempi differenti ma si muove sinergicamente. La prospettiva trinitaria, pertanto, restituisce verità alla dignità dell’uomo spesso confuso da una falsa interpretazione di San Paolo, frainteso come se esortasse a disprezzarsi.

                 Molti cristiani sono convinti, infatti, che bisogna sprezzare se stessi per amare gli altri, annullarsi per potere vivere santamente ma ciò non corrisponde al significato dell’incarnazione che, dal di dentro, ha reso la persona portatrice della Luce divina. Simile prospettiva, invece, conduce alla scissione del cuore, a costruire la vita sull’impegno e lo sforzo quotidiano che, però, non poggia sull’amore ma solo sul senso del dovere!

                  È ben altra cosa disprezzare l’egolatria e cioè la presunzione e l’orgoglio proprio di chi dice di non avere bisogno di Dio. L’uomo che confida in se stesso è il peccatore che fa della propria vita il campo della bramosia e del possesso, trattando ogni cosa o persona con rivalità, invidia e gelosia.

                  Il mistero trinitario, piuttosto, illumina sul fatto che si può amare se stessi e l’altro con un unico movimento interiore, cioè senza andare in conflitto con se stessi. Ciò è possibile dopo avere accolto Cristo nella propria vita.

                 L’identità cristiana è la Comunione e la vita quotidiana è un tutt’uno con le diverse azioni liturgiche. La Messa continua nei vari momenti della giornata, traducendosi in lavoro, tempo dedito alla famiglia e agli amici, dono per l’altro e sosta per accogliere e nutrirsi. La vita di ciascuno è continuo dialogo con il Padre, spazio e risonanza dello Spirito, unione intima con il Figlio.

                   Discepolo è colui che smette di essere autoreferenziale, legge a se stesso. L’uomo rinasce quando scopre che la sua esistenza è un cammino in relazione a qualcuno, un itinerario di graduale spoliazione per accogliere un dono più grande. È nudi che si arriva al battesimo proprio perché non si ha nulla da offrire al Padre ma si manifesta il bisogno di accogliere la sua paternità per essere rigenerati.

                   La Luce che riceve la nuova creatura è la vita di Dio di cui ora diventa dimora. È indispensabile un itinerario interiore e non si tratta della conoscenza di sé così come potrebbe essere del percorso psicologico, esso casomai è propedeutico. Si tratta della conoscenza di sé che viene dall’azione dello Spirito, dall’ascolto della Parola che riorienta la propria vita. (continua)

 

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