Il perdono ci spinge avanti

by Mauro 2. agosto 2018 20:35

     Non è possibile cambiare la storia però è possibile perdonare, è questo il grande potere che appartiere ad ogni essere umano.

Chi rinuncia al perdono cade vittima del male ricevuto, continua a consegnare potere al suo carnefice permettendogli di guastare tutta la propria esistenza.

Certo, ci sono ferite che hanno il sapore di un dolore infinito e che procurano angustia indicibile eppure è solo il perdono che farà di una ferita, seppur profonda, una cicatrice. Questa rimarrà indelebile però non toglierà forza alla vita, anzi diventerà memoria preziosa per lanciarsi nel Bene rifuggendo ogni sorta di vendetta che, di fatto, continua a riempire la storia di male.

Chi si priva del perdono, intatti, perde la sua libertà è schiavo dell'altro e finisce col ruminare, anche per tutta la vita, quel che è possibile operare per ledere al “nemico” di un tempo o di sempre. Inizia, cioè, un gusto sadico che nutre di amarezza e livore. Il tali casi il focus esistenziale per molti diventa il nemico dalla cui afflizione trarre godimento.

Comprendiamo come questo processo possa portare ad una coazione a ripetere che intrappola in un ricordo continuo senza sosta. È così che si ammalano tante persone, intere famiglie o, addirittura, popoli. Anche il mezzo mediatico, oggi, può indurre generazioni intere a nutrire astio e rivendicazione per diritti violati o che ipoteticamente potrebbero essere lesi!

La portata del cristianesimo nel trasformare simile scenario è davvero straordinaria, La fede cristiana, infatti, apre al perdono e ad una conseguente riconciliazione con la propria storia. Simile esperienza, sappiamo bene, da una certa cultura laicista viene etichettata come caduta nell'oblio o nella rimozione, cioè come una difesa funzionale a non affrontare la realtà finendo col negarla.

Questa ingenua interpretazione del cristianesimo rivela quanta poca conoscenza si ha  e come certi salotti culturali fanno dell'intelligenza un esercizio speculativo ben lontano dal processo di umanizzazione di cui tutti dovremmo essere protagonisti.

Il perdono infatti è esperienza della resurrezione cioè di restituzione di vita a quel che fino a poco prima era ferito mortalmente. Il trauma abbisogna di cura, di luce che viene da fuori e permette di vedere, in una prospettiva più ampia, quel che accade.

Non possiamo prenderci cura di un problema se siamo totalmente coinvolti in esso e allo stesso modo una ferita abbisogna di un intervento che parte da fuori, dal confronto con una testimonianza di vita, quella di Cristo, che mostra un modo nuovo di stare nelle questioni della vita. 

Oggi che celebriamo la festa del Perdono, così come l'ha voluta Francesco d'Assisi, riconosciamo che è davvero quel che di più grande potesse chiedere il santo in quanto aveva colto l'essenza della vita.

Lui era passato per una storia fallimentare in cui l'escalation sociale, per acquisire un posto al pari dei nobili attraverso le battaglie, era stata segnata dalla malattia e dalla prigionia. Ma proprio quell'esperienza di profonda solitudine e precarietà gli aveva fatto sperimentare che l'appoggio della vita doveva stare da un'altra parte.

Scoprirà questa nuova fonte quando un giorno trova il coraggio di avvicinarsi ed abbracciare un lebbroso. Lì Francesco coglie come la fragilità umana e l'emarginazione  potevano essere superate attraverso un rapporto di prossimità e, pertanto, di riconciliazione. Nell'abbracciare il lebbroso Francesco sperimenterà che la paura ed il ribrezzo di un tempo si trasformeranno in dolcezza d'animo e di corpo.

È l'uomo riconciliato che parla, quello che si è sentito profondamente amato da Dio al di là delle sue fragilità e che ora, accostandosi al lebbroso con lo stesso fare misericordioso, trova nell'incontro la dolcezza dell'amore gratuito. È l'uomo libero che riceve e al contempo dona senza impossessarsi, è l'uomo che perdona perchè la gratuità è quel che regge la sua esistenza.

È per questo che può perdonare chi non misura l'esistenza in termini di valore economico o di immagine. È la logica dell'accoglienza, propria di chi non ha bisogno di ragioni per fare spazio all'altro per condividere con lui la propria storia. Chi sa perdonare, in definitiva, è capace di creare legami.

 

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