Il Tempo impaziente

by Mauro 3. dicembre 2012 21:34

        "Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato.

        Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse.

        Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento".

        Questa citazione di Dietrich Bonhoeffer, dal Sermone sulla I domenica di Avvento, del 2 dicembre 1928, ci mostra il senso liturgico dell'Avvento nella esperienza della Chiesa.

        È un rimando a vivere il tempo presente, per alcuni Dio appartiene al passato e per altri appartiene al futuro, per i cristiani Dio appartiene al presente. In realtà il passato è un ricordo nel presente, il futuro è un’intuizione del presente. Non è pensabile che l’eternità viene dopo il tempo: o siamo già nell’eternità o questa non è pensabile!   Ognuno dispone dell’unicità del momento che vive, ogni istante della vita è occasione ed è per questo che siamo chiamati alla scelta nel presente.
        Se non siamo consapevoli della nostra unicità, perdiamo l’occasione di quello che solo noi possiamo realizzare, la nostra parte spetta solo a noi e non è sostituibile da altri.
         Il mondo ebraico ebbe a nominare Dio per la prima volta attraverso il tetragramma che esprime un significato così traducibile “Io sono qui colui che sono qui”. Ancora oggi nel mondo orientale l’identità di Dio è espressa indicando ciò che è tangibile e da cui la realtà non può separarsi, Dio è così riconosciuto in ogni cosa buona. Le categorie filosofiche usate in occidente ci hanno fatto dire dell’identità di Dio come di chi è “totalmente altro, inafferrabile, irraggiungibile ”, in questo modo si è percepita la distanza e questa ne ha mostrato la grandezza.

         In realtà e la teologia post-conciliare lo ha mostrato, è impensabile parlare del Dio cristiano come il “totalmente altro”, piuttosto è necessario coglierlo a partire dall’evento dell’Incarnazione in cui Lui si è reso “tremendamente vicino”.
         Diamo per assodato che fisica e metafisica non possono essere disgiunti, è ingannevole il tentativo del passato, ed ancora tentazione del presente, in cui l’uomo ha cercato di dare prova dell’esistenza di Dio. Non può esservi conoscenza pura, oggettivamente intesa, senza apporto della sensibilità umana. E' triste costatare ancora oggi il tentativo di una certa medicina che vorrebbe interagire con l’umano mantenendo una distanza “scientifica”, ove la persona si sperimenta catalogata e non riconosciuta per quello che è, per la sua identità.

         A riguardo si apre un ulteriore passaggio, e cioè la necessità di distinguere identità ed identificazione, l’identità di una persona è ben di più della sua identificazione descritta in un documento di riconoscimento o in una cartella anamnestica.

            L’identità è percepibile solo attraverso la relazione interpersonale, fatta di presenza innanzi all’altro. Si assiste, a riguardo, a varie forzature, come l’identità virtuale o la relazione permanentemente veicolata attraverso un monitor o un cellulare. Seppure il mondo cibernetico abbia avvertito l’esigenza di elaborare gli smiles per esprimere le emozioni,  di fatto un sorriso o il pianto di una persona non potranno mai essere sostituiti con uno smile. E' importante in certi momenti della nostra vita tornare a sostare per ritrovare il senso delle cose che viviamo e del tempo che ci è dato.

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