Dall'immagine alla fragilità

by Mauro 6. marzo 2019 12:00

           Noi fuggiamo la fragilità e ci rifugiamo nell'immagine, il cammino quaresimale rifugge l'immagine e svela la fragilità.

         Questo è l'itinerario proposto alla Comunità cristiana durante i quaranta giorni che vanno dalle ceneri del mercoledì all'acqua del giovedì santo. Due segni eloquenti, la cenere e l'acqua, dell'itinerario spirituale che trova nella misericordia di Dio, nel suo lavacro, il superamento di ogni fragilità umana.

          In realtà il riconoscersi limitati e poveri diventa l'occasione per accogliere l'azione di Dio. L'uomo saccente, infatti, non è capace di alcun cammino spirituale, colmo com'è di se stesso. L'inganno di Adamo, che da sé voleva riscattare “il suo venire dalla terra”, viene guarito e il limite non costituisce più un ostacolo ma la possibilità per aprirsi al Creatore.

            L'itinerario quaresimale, dunque, costituisce un radicarsi maggiormente in Cristo così come il tralcio resta legato alla vite per non seccare. Gesù utilizza questa immagine per spiegare l'intimo rapporto a cui chiama i suoi e la via per portare frutto. In sé, staccato dalla vite, il legno del tralcio non può essere utilizzato per qualcosa. Rimane utile solo quando porta la linfa vitale da cui poi verrà l'uva e, di conseguenza, il vino. Povero in sé ma capace di portare il frutto della gioia e della festa, il frutto della comunione.

Ritrovare questa relazione significa dare senso ai propri giorni scoprendo la dignità che ciascuno porta. Ma, per fare questa esperienza, è necessario purificarsi per non confondersi, in quanto l'idea di grandezza personale o riferita a Dio è quel che impedisce di vedere.

Il Maestro dirà di sé “chi vede me vede il Padre” indicando che nella Sua rivelazione storica Dio diventa visibile e per riconoscerlo bisogna andare oltre le apparenze e cioè le idealizzazioni di Onnipotenza.

Gesù troverà tante resistenze proprio perchè sarà osteggiato il suo rivelarsi divino nella fattezza del povero di Nazaret che percorre un cammino di sempre maggiore spoliazione fino alla ignominiosa morte in croce. Il Cristo sfigurato mostrerà la bellezza dell'amore di Dio, la capacità di perdono che va ben oltre la morte.

È il desiderio di comunione sino alla fine a rivelare il cuore del Padre e a mostrare la totale consegna che il Figlio farà di sé per guarire l'umanità ferita.

La comprensione secondo questa prospettiva richiede digiuno, preghiera ed elemosina. Tre pratiche preziose per dare spazio all'ascolto, perdere quel che appesantisce il cammino e aprirsi alla fiducia. Per mantenersi in cammino infatti è necessario cogliere la precarietà della vita e il bisogno profondo di stare di fronte a Dio. Altrimenti la vicenda umana si ridurrebbe ad un girovagare senza meta, un accumulare possessi cercando un'esperienza di sazietà senza limite.

L'opulenza occidentale tornando ad avere fame potrà riaprirsi al desiderio di Dio. Solo allora Lui potrà tornare a parlare...

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