Conversazioni notturne: MdS e la chiamata alla vita

by Mauro 10. giugno 2014 23:59

    Quando il web diventa una piazza di fraternità. È così che i Missionari di Strada, nel decennale del loro cammino dall’Albania alla Sicilia, hanno iniziato le loro Conversazioni notturne via Skype. Nella festa dell’Odigitria, Lei detta indicatrice del cammino, la Fraternità itinerante ha avviato l’incontro web per riflettere e condividere sul senso delle cose.
        La prima Conversazione, appena conclusa, è partita dalla chiamata di Mosè, uomo che nella sua quotidianità si è lasciato interpellare da Dio. Ha però dovuto percorrere un cammino di spoliazione per passare dal vedere, pensare e volere secondo l’uomo esteriore all’atteggiamento del cuore, quello che permette di vedere anche nel buio, abbandonare la ricerca di sicurezze e garanzie di  vita, fino a desiderare ciò che davvero nutre il viaggio dell’umana esistenza.

        La quotidianità, come starci, ha ribadito p. Giuseppe in collegamento dall’Albania rimane la grande sfida per l’uomo contemporaneo, continuamente stimolato a consegnarsi alle apparenze e alla logica dell’immediato.
         Eppure Mosè per metter radici, per arrivare ad una relazione diretta con Dio ha dovuto togliere i sandali poggiando, così, sulla nuda terra, riconoscendo che Dio poteva essere il suo reale sostegno.
L’itinerario è rivolto verso la seconda chiamata, permettendosi di attraversare, senza fughe, la prima.

         Proprio s. Ignazio di Loyola racconta di come l’essere umano affronti due chiamate: la prima chiamata è dalla non esistenza alla vita, la seconda chiamata è dalla vita mortale, a causa del peccato, alla vita di redenzione.
           La prima chiamata è raggiunta dalla kenosi di Dio che si abbassa verso l’uomo. Lui si incultura per raggiungere la creatura lì dove si trova e mostrargli una nuova verità.
           La seconda chiamata porta la creatura a cedere il posto a Dio, a cessare di competere con Lui per essere protagonista. È l’uomo che scopre che sperimenta il limite del suo ideale di perfezione e finisce con l’affidarsi a Dio.
           È l’uomo che non difende più il suo pensiero per possedere le opere e gli altri. Colui che smette di combattere tutte le battaglie che gli appaiono innanzi ma sceglie di investire sul combattimento centrale, quello che apre alla comunione, alla relazione nuova con le cose della vita. E' la relazione che esce dalla competizione o dalla propria svalutazione, la relazione dell’uomo che riconosce se stesso e l’altro quale dono e l’esistenza come regalo di Dio.

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