Condurre un colloquio con empatia

by Mauro 18. ottobre 2012 12:00

          La simpatica vignetta qui di fianco, mostra come i rimandi nella conduzione di un colloquio possono avere esiti diversi e, certo, specialmente nella relazione di aiuto l'intento non è quello direttivo nè, tanto meno, quello di svalutare l'interlocutore.

         Ultimo passaggio del nostro sintetico excursus metodologico per gli Operatori di CdA riguarda le competenze nella conduzione di un colloquio. E' opportuno intenderci sul cosa sia importante ascoltare:
         I contenuti di ciò che l’altro dice con le parole (verbale) e di ciò che non dice con il silenzio, le tonalità di voce, come dice le cose (paraverbale), con quale gestualità.
          Il contesto in cui la persona vive (familiare, sociale, lavorativo, scolastico), i vissuti del momento, gli schemi di riferimento culturali, i valori.
          Il proprio vissuto del momento, le pre-comprensioni rispetto alla problematica che si sta ascoltando, come si vive il rapporto con la persona che si ha di fronte.

   Il rispecchiamento empatico è la tecnica base dell’ascolto attivo, comprende alcune tecniche comunicative essenziali:
          La riformulazione o parafrasi è una tecnica comunicativa che consiste nel ridire ciò che l’altro ha appena detto utilizzando parole simili o in maniera più concisa, non aggiungendo nulla di proprio al contenuto, evitando in tal modo l’interpretazione. È importante evitare il ricorso a domande dirette (non lascerebbe esprimere liberamente l’utente) e l’uso di un modo direttivo (rispetto ai propri interessi o curiosità). Sarà utile utilizzare interventi che riprendono le parole dell’interlocutore. Attraverso la riformulazione l’operatore può ottenere la conferma (che ha compreso bene) da parte della persona e, a sua volta, l'interlocutore ha la conferma di essere stato ascoltato. Si può approfittare del momento in cui la persona è alla fine di un periodo per intervenire e riprendere ciò che è stato appena comunicato:
Mi sta dicendo che …”, “Lei vuol dire che…….”, “In altre parole……..”, “A suo avviso, se ho compreso bene…”, “Così, secondo lei…….”
La persona se si riconosce nella riformulazione avverte di essere stata ascoltata e compresa e così è portata ad esprimersi ulteriormente e a collaborare. E’ anche facilitata a rimanere concentrata sul problema, su come lo vive e lo esplora allargando la conoscenza delle cose.
         La verbalizzazione cerca di rimandare lo stato d’animo, il vissuto emotivo che la persona mostra nel suo raccontarsi: “La vedo arrabbiata mentre mi racconta del problema che ha con i suoi familiari… “. È importante cogliere il sentimento della persona nel “qui e ora” del colloquio, questo aiuta l’interlocutore a fermarsi e a riconoscere quanto sta vivendo, questo rispecchiamento favorisce l’intesa, alleanza, tra l’Operatore e l’utente. Inoltre è bene esprimere il rimando in forma dubitativa, l’ultima parola sulla correttezza della comprensione che l’Operatore ha, spetta all’interlocutore.
          La capacità di saper porre domande scegliendo la tipologia più adeguata in base alla fasi del
Colloquio è un aspetto importante. Le domande aperte sono da preferire nella fase iniziale del colloquio, lasciano ampia possibilità di risposta, tendono ad ampliare e approfondire la relazione, stimolano l’esposizione di opinioni e pensieri (come, cosa vorrebbe, potrebbe, può approfondire, cosa ne pensa). Le domande chiuse sono circoscritte, costringono ad una sola risposta specifica, spesso forzano una risposta, restringono e rendono più mirata la comunicazione, richiedono solo fatti oggettivi e a volte possono sembrare limitative e ostacolanti (quando?, dove?, chi?).
         Le domande che iniziano con il “perché” possono essere percepite dalla persona come colpevolizzanti o accusatorie, pertanto andrebbero evitate.
         L’uso dei messaggi in prima personaIo penso che …”, “Secondo me…” facilita la distinzione tra ciò che riguarda l’Operatore e ciò che riguarda la persona, permettendo di evitare situazioni conflittuali e favorendo un clima non giudicante e un processo decisionale autonomo.
         La personalizzazione del problema descritto permette l’attivazione delle proprie risorse. La persona, cioè, va accompagnata a cogliere come contribuisce al problema in modo da cambiare modi disfunzionali ed attivare le proprie risorse per la risoluzione del problema: “Ti senti … perché non riesci … e vorresti …”

 

Tags: ,

Incontri culturali | Psicologia e vita | Wi- Fi Psicologia

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts