Ciascuno diventa quel che Ascolta

by Mauro 19. marzo 2017 10:07

         Il sogno collettivo, l’economia di condivisione, pare un ideale ormai tramontato tanto le prospettive socio-politiche odierne, in modo unanime, sembrano spingere verso l’individualismo più grande. Ne è prova il fatto che l’economia è posta al di sopra del pensiero politico e dell’interiorità della persona.

            In tale scenario l’emancipazione viene associata allo svincolo da ogni legame e la fedeltà colta come un qualcosa di negativo da aborrire. L’individuo, spinto ad autodeterminarsi, è sciolto da ogni vincolo e parvenza di limite. È così che nasce la solitudine e la frammentazione dell’io, la consegna della costruzione identitaria all’immagine di turno, quella che più risponde all’opinione pubblica, fino a determinarsi un nuovo credo su cui poggiare la propria esistenza.

Non a caso il termine ebraico ‘mammona’, dalla radice ‘mn, significa “avere fede, fiducia, affidamento’. Ciascuno professa la sua fede, anche se qualcuno pensa di farne a meno. Il punto è discernere in cosa credere?

Non intendo, con ciò, addentrarmi attraverso questo post in un’analisi sociologica ma approfondire un passo evangelico che mi sembra molto eloquente, a tal proposito, e più immediato di qualsiasi elucubrazione mentale. Si tratta di un episodio, l’incontro di Gesù con la donna samaritana, narrato nel Vangelo di questa domenica (Gv 4, 5 – 42).

La scena si snoda attorno al pozzo scavato dal patriarca Giacobbe, un luogo significativo per la storia d’Israele. Lì si erano conclusi accordi commerciali, matrimoni e, aspetto non di poco conto, le popolazioni vi avevano attinto acqua per sopravvivere. Al mattino, ancora, al pozzo si recavano le donne per riempire il fabbisogno necessario per quella giornata e alla sera, tornati da lavoro, si ritrovavano gli uomini per dissetarsi e condividere le esperienze quotidiane. Quel pozzo, pertanto, era luogo di incontro e dialogo segnando, con ciò, il ritmo ed il limite di ogni giorno, di loro che rimanevano bisognosi dell’acqua e, con essa, della sosta.

Sebbene luogo di aggregazione spontanea quel giorno il pozzo di Giacobbe rivelò un incontro cercato. Dalla Samaria, infatti, i giudei non passavano per non contaminarsi e, oltretutto, a quell’ora calda mai qualcuno si sarebbe recato al pozzo rischiando, così, un’insolazione.

Quella donna, nascondendosi in quell’ora, si reca per fare le sue provvigioni d’acqua certa di essere sola. È lì che scorge Gesù che la precede. Ieri come oggi una parte di umanità vive nel nascondimento, da un lato perché misconosciuta dai ben pensanti che stanno in allerta per non essere contaminati e, dall’altro, per evitare di essere giudicata da occhi che vedono senza guardare.

La logica delle apparenze ha fatto della comunicazione il veicolo del giudizio, cioè l’occhio attraverso cui ciascuno va valutato in base alle sue possibilità e risorse. Assistiamo, oggi, ad una sorta di confessionale pubblico, l’intimità data alla mercé di tutti per mezzo del grande schermo  e ciò costituisce un effetto amplificatore dell’occhio del singolo.

Quella donna di Samaria, comunque, di etichette addosso doveva sentirsene parecchie, infatti rimane meravigliata quando Gesù le rivolge la parola. È talmente adattata a quel marchio sociale da riprendere chi la vìola per avvicinarsi e riconoscerla persona.

Gesù è uomo, un giudeo, un rabbì. Tutte caratteristiche che legittimano il processo di esclusione dell’altro per preservarsi “puri”. Lui contrasterà questo concetto di religione che si oppone, di fatto, alla autentica relazione con Dio e con il prossimo. L’agire del Nazareno è connotato dalla sosta e dall’ascolto, dal farsi prossimo fino a chinarsi, ora le chiede da bere: è ancora più destabilizzante la domanda di Gesù. 

Dopo essersi fatto mendicante e averle chiesto ospitalità, dandogli da bere, Gesù le propone un’acqua che disseta fino a diventare interiormente sorgente zampillante.

È straordinaria l’azione di Gesù, Lui dialoga favorendo un confronto sempre più profondo sul senso della ricerca di quella donna. Lei ha avuto molti mariti senza appartenere a nessuno di essi e Gesù guarda proprio questa sofferenza recondita, non per colpevolizzarla ma per aiutarla a fare verità e venire fuori da quel turbinio senza fine.

Cinque mariti, cinque storie con relative aspettative e delusioni, è intuibile quanto lacerata poteva essere la vita di quella persona. Attraverso relazioni “sbagliate” lei aveva ricercato l’amore della sua vita, aveva confidato in ciò che di fatto non avrebbe potuto appagare la sua sete profonda di vita. È ora che Gesù si rivela.

Prima l’ha riconosciuta dando valore al suo esserci come persona, rispettando la sua dignità fino a chiederle aiuto, adesso le propone di accogliere il suo dono attraverso il quale, lei, avrebbe potuto custodire dentro di sé la relazione con Dio.

È di un passaggio epocale che si tratta, Gesù le sta annunciando che l’esperienza di Dio non è questione di conoscenze o di luoghi ma di un’esperienza intima con un interlocutore che non è più, soltanto, fuori di sé ma è da custodire dentro la propria esistenza.

Si apre lo scenario della fede, lei abbandona l’anfora che le sarebbe servita per procurarsi l’acqua, ora è già portatrice di quel dono.

Sarà la prima ad annunciare il Vangelo. Nel mentre che i discepoli sono intenti a procurare il cibo che perisce e poi si sorprendono nel constatare quell’inedito dialogo tra il Rabbì e l’impura, lei è già altrove e attraversa, alla luce del sole, i villaggi narrando la sua esperienza.

La storia dell’umanità, ancora oggi, scorre in mezzo ad esistenze frammentate e, a volte, devastate. Il genere umano continua, però, a portare un anelito profondo che, seppure coperto dai tanti slogan della cultura dell’ ‘attimo fuggente’, resiste alle intemperie e attende di potere essere narrato.

Ci saranno ancora persone fragili, custodi della Parola, capaci di ascolto?

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