Ciascuno una Luce

by Mauro 12. marzo 2017 10:13

                 Il cammino quaresimale ci trova oggi, seconda domenica, a fermarci dinanzi al Vangelo della Trasfigurazione. Una liturgia, questa che viene a concludere, le Quarantore, un tempo di sosta ed ascolto che abbiamo condiviso in questi giorni con la Comunità di Danisinni.

Sappiamo bene quanto questa occasione di grazia sia stata ferita dall’efferato eccidio della scorsa notte in cui un uomo che dormiva per strada è stato atrocemente ucciso da un altro povero uomo. Due storie di grande sofferenza, storie interrotte di famiglie disgregate e, poi, il tragico epilogo che ci lascia sgomenti.

Il Vangelo della Trasfigurazione è ancora più eloquente oggi perché di fronte a questi volti sfigurati, atrocemente sfigurati dal male siamo rimandati a scoprire il volto, l’unico, che può restituire dignità e verità alla nostra esistenza.

Marcello e Giuseppe, lo riconosciamo, sono il sintomo di una società dei consumi che svilisce l’uomo, lo consegna alla brama delle apparenze svuotandolo di senso e di gusto per la vita. Fino a qualche giorno fa Marcello era uno dei tanti anonimi della nostra bella Città, uno escluso dai circuiti lavorativi e dagli affetti, uno che in un sistema che esclude continuamente anche le nuove generazioni, non poteva avere spazio se non in qualche mensa per i più disagiati o qualche riparo di fortuna.

Nel Vangelo troviamo Gesù che chiama Pietro e altri due discepoli per stare in disparte con loro, riposare e nutrirsi. Pensare che poco prima c’era stato un diverbio quando Pietro dopo avere riconosciuto l’autorevolezza di Gesù e in Lui la verità che finalmente veniva a liberare tutto il suo popolo, si era ribellato alle parole di sofferenza fino alla croce pronunciate dal Maestro.

Pietro ha paura, è un uomo che desidera il bene ma teme l’inefficacia del perdono e dei discorsi di misericordia pronunciati da Gesù. Lui sarà disposto a seguirlo, fino all’ultimo non esiterà a difenderlo anche dinanzi ai soldati, ma a modo suo: con la spada in mano.

No, Pietro, non è quella l’arma del cambiamento. L’apostolo imparerà la lezione di vita solo dopo la Pasqua, quando il Maestro avrà donato tutto se stesso per lui. È solo l’amore che convince, il muoversi di Dio verso la creatura e la tenerezza che Egli manifesta, il suo interesse nonostante tutto.

Ora, sul monte Tabor, già Pietro vede quel volto tanto luminoso. Pietro sta intuendo, sta aprendo gli occhi di fronte a chi ha davanti, ma ci vorranno tre anni di cammino, percorsi sino alla fine, prima di dare pienamente credito a quell’intuizione che ora porta nel cuore.

Pietro esprime il desiderio di piantare le tende per fermare quella esperienza, come se fissarla in un luogo equivalesse a fermarla nel tempo. In realtà la vita cammina e quella potrebbe essere l’ennesima tentazione di esternalizzare l’esperienza di Dio ossia consegnare la propria vita alla superficie, magari che abbaglia e apparentemente consola, che di fatto si rivela illusione di un istante. Il cammino spirituale, piuttosto, è esperienza di intimità, permesso dato a Dio di chinarsi fino ad entrare nella propria storia per illuminarla e darle senso.

Fino a quando l’umanità fuggirà da se stessa i luoghi rimarranno sempre più poveri, i volti saranno sempre più sfigurati e l’individualismo continuerà a mietere vittime.

È difficile per l’uomo contemporaneo coniugare salvezza e sacrificio, felicità e cammino attraverso la vita quotidiana. Eppure è questo il Volto che Gesù rivela, e seppure sfigurato sulla croce contempleremo il suo amore sino alla fine, quello capace di sostenere il tradimento e l’esclusione fino alla morte.

La voce del Padre, in questa finestra evangelica, culmina con un imperativo: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». Ecco il modo per vedere ed andare oltre: ridare primato all’ascolto. Fino a quando la nostra Città e la Chiesa all’interno di essa, non sarà capace di restituire primato all’ascolto continuerà a ferirsi senza trovare soluzione.

Ci rendiamo conto, è un problema culturale, quello di una prospettiva che legittima l’esistenza di fasce di popolazione senza diritti, diritto al lavoro, alla casa, alla famiglia. Persone esasperate in cerca di un minimo di sussistenza per sopravvivere e custodire i propri cari.   

Questo il monito della Trasfigurazione: ripartire dal riconoscimento che, al di là delle apparenze, in ciascuno c’è il volto nascosto di Cristo nostro Signore. 

 

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