La buona battaglia/1

by Mauro 11. aprile 2017 10:11

    Oggi si parla poco di cammino spirituale in termini di combattimento o di lotta per custodire la buona battaglia. Eppure ciascuno si trova impegnato nel far fronte a parecchie sfide quotidiane. In un tempo ipercinetico, e di simultanee connessioni con il mondo circostante, le sollecitazioni sono sempre più pressanti e molteplici.

Tanti pur misconoscendo la loro dimensione spirituale restano comunque affascinati dalla magia e dai rituali che finiscono col consegnare le proprie scelte ad un talismano. Altri si rifugiano in pratiche meditative, corsi yoga capaci di dare una maggiore concentrazione e parvenza di potere per meglio affermarsi nella ascesa sociale, meta ricercata come divinità a cui paiono consacrarsi. Non mancano, altresì, quanti ricorrono a stupefacenti per avere una massima resa , sentendosi in dovere di spostare sempre più il limite del loro essere “umani”.

Assistiamo, pertanto, ad uno smisurato ventaglio di arrangiamenti che, di fatto, denunciano il proprio bisogno di cura spirituale anche se finiscono, puntualmente, con lo schiavizzare l’individuo in gabbie esistenziali sempre più fitte e asfissianti.

L’uomo contemporaneo rischia di trovarsi in balia delle tempeste incapace di reggere il timone e, per fiacchezza, consegnarsi all’onda di turno, alla moda del momento che porta da una parte all’altra promettendo una sedicente piacevolezza. O, ancora, trovarsi impegnato in estenuanti battaglie perdendo di vista la battaglia più importante, l’unica per la quale vale la pena spendere la propria vita. 

È così che troviamo molti adulti che mendicano affetto rinunciando a legami capaci di sostenere il peso della frustrazione o della mancanza. La negazione della dimensione spirituale, a nostro avviso, porta ad un infantilismo diffuso e cioè all’arresto della crescita maturativa perché, apparentemente, appagati dalla piacevolezza di turno, cioè schiacciati dalla soddisfazione del bisogno immediato e senza spazio per contattare i desideri profondi.

È su questa scia che si snoda il fare consolatorio di chi si compiace nel prendersi cura dell’altro, trattandolo da piccolo malgrado l’età anagrafica. Con tale tacito accordo si continua a proporre vie di fuga dalla realtà, possibilità momentanee per evitare la propria storia con le responsabilità ad essa legate. In tale scenario proliferano i legami a tempo, le relazioni occasionali, le identità molteplici, tutti espedienti che, seppur camuffati dalla libertà di esserci, rivelano un sempre maggiore individualismo autoreferenziale, quello che porta, negli anni, a ritrovarsi soli e, forse, incapaci di dare senso alla propria storia.

Vita spirituale, piuttosto, equivale a vita di desiderio, a lotta e resistenza per un ideale che, seppur mai appagato, rimane valore per cui spendere la propria vita.

Il tema che in poche battute desidero semplicemente accennare è quello del combattimento ossia l’arte del rimanere nella storia e dell’affondare la vita nel profondo della propria esistenza, custodendo la relazione con Dio. C’è un presupposto importante per affrontare tale questione: la vita spirituale è storia personale e comunitaria, eludere la storia equivarrebbe a rifugiarsi nell’idealismo, ossia in categorie che concettualmente vorrebbero incasellare la realtà fino a correggerla!

Il cristianesimo vede la vita spirituale quale frutto di una relazione con il Signore, un dialogo interpersonale e non centrato sullo sforzo personale del singolo. L’impegno, semmai, è il frutto della grazia che scorre attraverso una piattaforma interpersonale tra creatura  e Creatore. 

Bisogna, a tal proposito, sfatare il dualismo che contrappone sacro e profano, spirito e carne, fede e desiderio. Con il cristianesimo, infatti, viene a cadere la lotta contro un male che è fuori di sé, cioè un nemico da trovare quale capro espiatorio e causa dei propri mali. Ciò non significa negare la presenza del Male quale tentatore che insinua la propria vita ma di depotenziarla perché l’individuo è capace di rimanere in relazione con il suo Signore malgrado le tentazioni subite.

Il mistero dell’Incarnazione rivela l’impronta del Creatore nella creatura, l’assunzione della carne da parte di Dio, la bellezza della passione interiore che viene a trasportare il sentire di Dio, il suo commuoversi, rattristarsi, gioire ed arrabbiarsi.

Le scene evangeliche, a tal proposito, ci riportano esempi eloquenti del sentimento di Gesù e non si tratta dell’emozione del momento e neppure dell’affetto che dovrebbe consolare l’afflizione sperimentata.

È così che Gesù attenderà la morte di Lazzaro per poterlo raggiungere lì dove lui si trova, nel suo sepolcro da cui abbisogna di essere tirato fuori. Il Rabbi non si propone quale solutore dei problemi, un interventista in continua emergenza, Dio attende per sanare la ferita profonda e restituire, quindi, luce piena ad ogni figlio.

Non c’è vita spirituale là dove si alimenta una continua ansia da prestazione, o si calcolano i numeri di audience. Quello significherebbe consegnarsi all’emozione del momento in balia del riconoscimento altrui.

L’irrompere di Dio nella storia dell’umanità diventa un tirare fuori l’Adamo di tutti i tempi, dalla condizione di vergogna e di paura che è madre di ogni peccato. Si vergogna chi ha  perso lucidità sul valore della propria esistenza ed ha paura chi nutre una falsa immagine di Dio quale giudice cattivo che castiga crudelmente chi ha sbagliato. È la falsa immagine di Dio insinuata dal tentatore e che, ancora oggi, continua a confondere l’umanità che ha smarrito il rapporto col Creatore.

Comprendiamo, allora, che la vita spirituale non si snoda su una sorte di timore reverenziale basato sul senso di colpa o la paura della punizione divina. Si tratta, piuttosto, di sorpresa dinanzi al chinarsi di Dio, di riappropriazione della propria dignità di figli, di ascolto profondo del desiderio che illumina la propria esistenza.

La suggestione a cui sarà sottoposto Gesù, attraverso la triplice tentazione, è l’esperienza che fa l’umanità di tutti i tempi. Viene insinuata una via alternativa un modo di fare per stravolgere la propria storia ed ottenere potere e profitto sugli altri. La proposta di un’umanità impari, ove chi vi aderisce ottiene il dominio ed il comando.

È la logica delle lobby di potere sparse su questa terra. Un sistema verticistico in cui i nuovi adepti vengono assoggettati consegnandosi al sapere segreto, sia che si tratti di una multinazionale o di una setta, che va custodito e difeso da ogni estraneo. 

La suggestione può essere spenta con il non prestarle attenzione e rivolgendosi verso la Parola di Dio, cioè il repentino orientarsi al Bene che viene a fare scivolare il Male. Diversamente quando la suggestione, ossia la parola menzognera rispetto alle vie di fuga o di appropriazione della realtà, trova spazio e dialogo è necessario il combattimento di chi prende in mano lo scudo della fede per potere spegnere i dardi infuocati del maligno, come dirà san Paolo nella lettera agli Efesini (6). In quel caso lo scudo della fede farà da porta chiusa all’insinuazione delle parole di menzogna, quelle che una volta entrate procurerebbero come un incendio interiore per strappare la Parola dei Verità.

A questo punto possiamo addentrarci, approfondiremo nel prossimo post, nell’arte del combattimento spirituale, la “buona battaglia” di cui parla san Paolo (2Tm) per la quale vale la pena spendere tutta la propria esistenza.

 

Add comment

  Country flag

biuquote
  • Comment
  • Preview
Loading

Month List

RecentPosts