Disobbedienza civile, dipende da quel che si ascolta

by Mauro 19. febbraio 2017 13:48

   La perdita di autorevolezza della parola fa sì che, quotidianamente, ascoltiamo tante disquisizioni costruite su parole vuote di significato. Confronti pretestuosi, gli stessi che generano guerre intestine tra popoli o fratture indelebili tra amici o parenti.  Nella cultura del significato relativo, l’individuo resta sempre più solo, ferito e malinconico, proprio perché isolato dalla parola vacua.

La parola, comprendiamo bene, rende la specie umana capace di attribuire significati, capace di negazione e, con un semplice avverbio, creare distanza dal pensiero altrui. È così che la persona privata di parole viene ridotta a solitudine e, di conseguenza, a debolezza manipolabile. 

Nel mentre che l’uomo cerca ricette magiche affidandosi a fantomatici guru (basta un “centro benessere” per diventarlo) e a pratiche meditative per trovare il nirvana, la Scrittura offre una prospettiva controcorrente, folle per la società dei consumi che vorrebbe abitarci.  

La prospettiva che mostra il Vangelo (Mt 5, 38-48) di questa domenica porta oltre al già “sentito dire”, Gesù inserisce un « Ma io vi dico…» che è capace di cambiare le questioni della vita andando oltre l’inflazione delle parole.

La parola, infatti, va pesata con discernimento, usata con un significato e non in modo ambiguo e manipolativo. Proprio perché costituisce potere sull’altro la parola può perfino uccidere cioè tormentarlo  fino a fargli perdere il desiderio di vita. 

La parola, però, può avere un altro effetto, essere creatrice, capace di donare vita, rendere l’esistenza feconda, procurando comunione e condivisione. Gesù aveva detto: «la vostra parola sia si, si; no, no». Non doppia o con un secondo fine, rivelazione autentica di quel che si nutre dentro.

Certuni confondo quest’atteggiamento con la verità ad ogni costo, è l’amore il criterio della parola, il motivo per cui essa è pronunciata. La legge dell’antico Israele (Dt 6, 4-5)  ricorderà che l’amore verso il prossimo è frutto dell’ascolto della prima verità: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze”. 

Gesù continua a proporre delle antitesi, cioè superare quello che già si conosce perché Lui desidera portare oltre. La Parola conduce oltre, mostra una possibilità inedita di vita.

Ora fa riferimento alla antica legge del contraccambio, che costituiva un modo per garantire la pace a motivo del timore della vendetta altrui:  «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra».

Certo che è necessario opporsi ma non all’uomo in quanto tale ma al male che lui compie. Ci si confonde, altrimenti, finendo con il serbare rancore verso l’altra persona anziché resistere al male che essa procura. Sovente si finisce con il dare tale potere all’altro da compiere, in risposta all’offesa ricevuta, mali ancora più gravi. 

Per resistere alla regola del contraccambio necessita fare esperienza di Dio, stare in dialogo con Lui. È da questa relazione che scaturisce il motivo per non restituire con la stessa misura ricevuta o, magari, con l’interesse. Il male da cosa è sconfitto? Solo da chi opera il Bene!

Gesù, in questo modo, supera  la logica della vendetta con quella del perdono. Amare pur non avendo qualcosa in cambio. Sembrerebbe una pratica impossibile, questa, e ciò è vero nella misura in cui si cerca nell’altro la santità che di fatto è rintracciabile solo in Dio. Santità significa amore gratuito ed incondizionato, significa perdono, accoglienza e riconoscimento, tenerezza. Questi sono i tratti propri di Dio e l’inganno sta proprio nell’attendere dal prossimo quello che appartiene al Signore.

L’uomo che dà gloria a Dio riconosce in Lui la capacità di essere fonte di tale amore, non sta a confondersi nella ricerca estenuante riposta nell’altro. Il prossimo prima o poi deluderà per la sua limitatezza e fragilità, non è quella la via della comunione.

Simile orientamento non equivale alla remissività passiva, Gesù non chiede ai suoi di giustificare i mali di questa terra, piuttosto invita a resistere alla logica della vendetta per aprire vie nuove. 

Il “porgere l’altra guancia”, quella che non è offesa dalla percossa significa continuare a mostrare il proprio volto aperto alla relazione, manifestare che non si è disposti ad offendere alla stessa maniera.

Un giorno lo scrittore Henry David Thoureau , era l’anno 1846, ebbe a parlare di “disobbedienza civile” resistendo alla logica invasiva degli Stati Uniti, suo paese, nei confronti del Messico. Si rifiutò di pagare le tasse (pagando con la in prigione), che avrebbero sostenuto tale guerra. Oggi è disobbedienza civile non fare acquisti la domenica, rifiutarsi di utilizzare plastica usa e getta (si pensi che per la produzione e lo smaltimento di un solo bicchiere di plastica è necessario un litro e ½ d’acqua), o di cambiare continuamente smartphone o elettrodomestici perché fuori moda.

Gesù mostra una Via alternativa che attinge alla fonte dell’Amore: è il cuore grato per la paternità di Dio ad essere capace di sguardo di tenerezza e di perdono. È il “di più” proprio del figlio di Dio, di colui che non attende cose dal suo prossimo ma fa della sua vita un dono perché sovrabbonda dell’amore del suo Signore.  

La guerra è frutto della gelosia e dell’invidia, difesa dei possessi o desiderio sfrenato di quel che l’altro ha. È uno sguardo privo di relazione con Dio, in quel caso la vita non viene concepita quale dono da restituire, ma conquista di cui impossessarsi. È la competizione di ogni tempo, quella che oggi continua a fare alzare muri in ogni parte del mondo o a rifiutare la presenza dell’altro perché diverso da sé.

La fraternità umana non può reggersi sul piano dell’uguaglianza ma su quello della figliolanza, è lì che ciascuno può riconoscere la propria unicità e gioire per la diversità dell’altro. È una grande menzogna il principio di omologazione propinato dal nostro tempo:  questo spegne il desiderio e schiaccia l’individuo nel bisogno di continuo appagamento, attraverso il dominio sull’altro e sulle cose.

Gesù spezzerà questo circolo vizioso, c’è un “di più” che è frutto dell’amore gratuito ed incondizionato. È così che lo sguardo e la parola di don Pino Puglisi, entrato in questa relazione di vita, un giorno spiazzò l’esistenza del sicario che gli si era avvicinato per togliergli la vita. Oggi Salvatore Grigoli, trascorsa gran parte della sua esistenza da uomo muto, perché appartenente al sistema “Cosa nostra”, ha scoperto che ci sono altre parole per stare nel mistero della vita.  

 

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