InshAllah

by Mauro 30. gennaio 2013 12:00

   

      Anno 1967,  5 - 7 giugno, forse non molti ricordano la data della guerra lampo che proprio per la breve durata fu detta “La guerra dei sei giorni”.
      In quell’occasione Israele ebbe la meglio sull’Egitto, alleatosi con la Siria e la Giordania, che in quei pochi giorni ebbe a perdere la Penisola del Sinai e la Striscia di Gaza. Anche alla Giordania e alla Siria furono sottratti dei territori in quell’occasione: Gerusalemme est e la Cisgiordania alla prima e l’Altura di Golan alla seconda.
      Fu un conflitto che coinvolse nelle trattative di pace le grandi potenze mondiali, un clima di tensione che si risolse con la cosiddetta “risoluzione 242” mediata dalle Nazioni Unite che concordava il ritiro dell’esercito israeliano dai Territori occupati e la cessazione delle reazioni terroristiche palestinesi.
      Di fatto l’accordo diplomatico si rivelò una tregua più che un vero trattato di pace, la contesa si mantenne sulla interpretazione dei “Territori occupati” da lasciare: quali? E occupati da quando?
      Un gioco di forza destinato a durare fino ai nostri giorni e segnato, negli anni passati, da pericolose rivendicazioni da ambo le parti. Da parte dei Palestinesi basti pensare alla costituzione del “fronte di rifiuto” che optava per la linea dura rispetto a quella moderata della Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Con questo schieramento oltranzista si schierò anche la Libia e l’Iraq. Dall’altra parte, invece, le incursioni israeliane sulla striscia di Gaza o quelle dei militari  “oltre il muro” nei campi dei profughi.
      Proprio lo scorso novembre alle incursioni israeliane hanno fatto seguito i razzi di Hamas che sono arrivati minacciosamente fino a Gerusalemme, in quel periodo si è registrato un clima di altissima tensione su tutto il territorio.

      Originariamente per “territori palestinesi occupati” si intendevano  le zone occupate dalla Giordania e dall’Egitto il 15 maggio del 1948. Successivamente, nel 1967, con la guerra dei sei giorni furono occupati da Israele. È nel 2003 che Israele ha approvato un piano di ritiro dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania settentrionale, piano che ha avuto definitiva realizzazione nel 2005.
     La Palestina, ossia lo Stato palestinese, ha proclamato la sua indipendenza il 15 maggio del 1988 attraverso il Consiglio nazionale palestinese guidato da Arafat (ed espressione dell’OLP). In realtà sia i confini e sia i territori compresi nel neo Stato non hanno mai trovato piena definizione. Pensiamo alla capitale Gerusalemme est che di fatto oggi appartiene allo Stato d’Israele, così come al governo della Cisgiordania e di Gaza. Di fatto solo nel 2012 le Nazioni Unite hanno riconosciuto lo Stato quale “Stato osservatore” non membro.
     Diamo per assodato che si può riconoscere uno Stato che di fatto è già tale, in quanto fenomeno storico, culturale, sociale e politico che abbia una sua popolazione ed un determinato territorio, e che, proprio per simili requisiti, viene contemplato dal diritto.
     Alla luce di questa premessa per ”Stato osservatore” si intende uno Interlocutore che può partecipare alle assemblee dell’ONU pur senza avere potere attivo, cioè capace di voto. La cosa importnte è che viene riconosciuto quale STATO, interlocutore politicamente visibile. Proprio per questo può presentare denuncia alla Corte Penale Internazionale in riferimento a crimini militari compiuti da altri Stati nel suo territorio. È un diritto che garantisce la giustizia tra i popoli e stabilisce un patto di solidarietà nel caso in cui una Nazione non riesce da sola a difendere i propri diritti. 
     Comprendiamo in definitiva come la questione dei confini dello Stato palestinese sia alquanto complessa, proprio perché Israele rivendica diritti sui territori che dovrebbero far parte dello Stato nascente. Oggi i territori dello Stato palestinese comprendono la Cisgiordania tra cui le città di Gerico, Hebron,  e Betlemme e la striscia di Gaza dell’Asia sudoccidentale.
     La delimitazione di tali confini è proporzionale alla delimitazione dei confini dello Stato d’Israele nato ufficialmente il 14 maggio del 1948.
     Diamo un esempio concreto di questo bisogno di una condivisa definizione dei confini riferendoci alla Cisgiordania. Mentre lo Stato d’Israele definisce come appartenente al suo territorio la regione del Negev fino alla penisola del Sinai, la Giudea, la Galilea e la Samaria, per la Cisgiordania stabilisce tre aree di divisione:
1. Territorio a controllo e amministrazione palestinese (Area A)
2. Territorio a controllo israeliano ma con amministrazione palestinese (Area B)
3. Territorio a controllo e amministrazione israeliana (Area C)
     Potrà esserci vero dialogo in questa terra? Chissà! InshAllah,  cioè “se Dio vuole”, come dicono da queste parti!

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