MDS profeti tra la gente e non spettatori della vita

by Mauro 24. giugno 2012 16:58

      Dalle nostre parti quando ti trovi a spostarti in città utilizzando i mezzi pubblici facilmente ti imbatti in interlocutori che hanno da ricordare tutti i torti che la nostra società vive: le diverse ingiustizie sociali, la crisi politica, familiare, lavorativa, economica, per poi finire con la disperata sentenza sul futuro che sembra incombere come una spada di Damocle che pende sulle nuove generazioni.
       Tali sentenze dal sapore somigliante all’artifizio trovato da Dionigi di Siracusa, così come racconta Cicerone, sembrano avere lo stesso effetto sui contemporanei finendo con il far perdere il gusto per la vita di oggi e la speranza del domani.
       È di ben altri discorsi e condivisioni che l’umanità del nostro tempo ha bisogno, la profezia propria di chi irrompe nella storia con uno sguardo nuovo e con la capacità di aprire vie inedite, strade ancora da percorrere malgrado la complessità e l’apparente impossibilità.
       Oggi i cristiani celebrano la memoria di un profeta del tutto singolare: Giovanni Battista, il precursore. Quella di Giovanni è una via nuova fin dal suo nascere. Infatti con il suo concepimento segna il riaccendersi della speranza in una donna sterile, Elisabetta, e un uomo incredulo, Zaccaria. Lei sperimentava la sua impotenza, il limite proprio della fragilità umana, lui invece la difficoltà a poggiare la propria vita in Dio e quindi il tentativo estremo di potere rimanere fondato su se stesso. Lei totalmente disarmata e lui trincerato nelle proprie pretese e forze umane, entrambi sorpresi e disorientati dal presentarsi di Dio.
       Questa è la prima condizione per il cambiamento, lasciarsi disorientare, aprirsi allo stupore, non abbandonarsi al vuoto depressivo proprio della persona che si sperimenta inerme e neanche chiudersi nella pretesa narcisistica di stare al centro di tutto, senza bisogno alcuno dell’altro. La vita, se l’accogli ogni giorno, ti cambia, attraversa la tua esistenza e mostra la novità, la possibilità della via nuova.
       La nascita di Giovanni è segnata da un nome nuovo, non è quello dato dalla parentela, dai formalismi da rispettare, dalle vite già programmate. Ci sono bambini che hanno un futuro già assegnato, una carriera sociale che deve rispondere a determinate aspettative; alcuni fin dalla loro nascita hanno già casa, un corso di studi da dover seguire, un lavoro e una dote per “quando diventeranno grandi”. No, il profeta sa che porta un nome nuovo e questo dovrà scoprirlo giorno dopo giorno, l’essere umano è chiamato a diventare ciò che è, a fare della propria vita una continua scoperta. Ciò significa segnare la storia, imprimere una nuova direzione, uscir fuori dal “così fan tutti”, è la via nuova aperta dal testimone, è la forza della trasformazione sociale.
          È interessante notare questo passaggio nella nascita del Battista, non prenderà il nome del padre Zaccaria che significa “Dio si è ricordato”, Dio ricorda il passato, quello del ricordo è un tema fondamentale per la tradizione ebraica così come per quella cristiana. La celebrazione è memoriale attuativo, il passato è un’esperienza che non va dimenticata e che rimane sempre attuale. Ricordare ciò che è successo significa tenere presente la misura con cui Dio interviene, quale è il suo sentire.
Diversamente il nome Giovanni significa “Dono di Dio” nel senso che Dio  fa grazia ora, interviene e si rende presente in questo momento. È una prospettiva nuova, spostarsi dal passato al presente, vivere il presente cogliendo ciò che Dio realizza ora. Comprendiamo allora la capacità del profeta, lui riesce a leggere il presente attraverso un’esperienza, una storia di vita, ma scorge nel presente cose nuove cioè come Dio si rivela in modo del tutto inedito e sorprendente.
          Nella loro esperienza i Missionari di strada, arrivando in una nuova città, portano questa lettura e visione dell’oggi. Entrano con questa prospettiva, cogliendo ciò che Dio può realizzare ora. Per questo sovente questo annunzio è caratterizzato dalla gioia, anche in contesti che normalmente vengono etichettati come “difficili”. Noi non raccontiamo cose passate ma cose che oggi sono presenti nella nostra vita. Ogni persona ha bisogno di scoprire che porta un nome nuovo, solo in questo modo potrà uscire dalla rassegnazione, Dio è potente ed è capace di fare muovere in modo nuovo. Troppe etichette cercano di trincerare le nostre vite senza farci andare oltre.
          Il MDS non è uno storico, vive nel presente e annunzia una novità di vita, fermandosi nell’incontrare la gente per strada, nei locali o nelle spiagge, non si perde in sproloqui tipici della fila alla Posta quando si attende il proprio turno “Un tempo si che le cose…”
          La nascita di Giovanni segna un ribaltamento di prospettiva, l’umanità non deve prima ricordare a Dio, attraverso i sacrifici, per poi ottenere la grazia; ora la grazia precede l’elevazione della preghiera del popolo, è Dio a giocare d’anticipo rendendosi presente. È proprio questa grazia che precede i MDS a favorire l’apertura ad un contesto nuovo e a permettere di tracciare vie nuove attraverso la propria esistenza. Questo è anche il senso del “raddrizzare la via”, non si può compiere opera di trasformazione sociale intervenendo su ciò che è sviato se prima non si entra con la propria vita in questo processo di cambiamento. Non è possibile rimanere spettatori della vita.
           La vita di Giovanni è orientata a Cristo, un camminare davanti ma al contempo un seguire, la vita del testimone non è mai autoreferenziale. È si capace di percorrere vie nuove ma al contempo si ritiene alla sequela di un altro, “voce” e non “Parola”, è strumento. È la forza della fraternità, ove ciascuno impara a fare spazio all’altro ed al contempo ad esserci per l’altro. Ognuno trova il suo posto, senza lasciare spazio a logiche di competizione. La cooperazione è lo stile fraterno dei MDS.
           Profeti sono le persone comuni, quanti si spendono quotidianamente per custodire i valori della vita anche pagando il prezzo della derisione o della persecuzione. Ho visto profeti che hanno aperto la loro casa estiva per accogliere un senza fissa dimora; altri prendere in affido un minore la cui famiglia attraversava una grave crisi; altri ancora che settimanalmente vanno a fare visita a infermi, a pulire le abitazioni di persone rimaste sole, profeti che cucinano un po’ di più ogni giorno per i loro vicini che hanno perso il lavoro; testimoni che hanno denunziato gravi ingiustizie sociali nonostante gli attentati subiti; profeti che ogni giorno mi donano un sorriso rispecchiano nel loro sguardo la gioia propria della vita, o ancora altri che pur attraversati dal dolore hanno avuto il coraggio di rialzarsi per affrontare un nuovo giorno. Infine vedo la profezia testimoniata da chi attraverso il gioco e lo spirito fraterno mostra all’umanità una nuova possibilità di stare nelle cose della vita. Si, li ho visti!

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