La società civile non può produrre "scarti"

by Mauro 22. dicembre 2018 21:29

   Assistiamo alla crisi dell'umano, una crisi profonda così come si evince dall'efferato omicidio di  Aid "Aldo" Abdellah“, artista che viveva per strada nella nostra Palermo.

    Proprio oggi nel mentre che si svolgeva il rito funebre, portando dentro una domanda aperta per simile tragedia, con la Comunità di Danisinni ci siamo recati a Favara per visitare la Farm Cultural Park ed immergerci nel sogno realizzato da Andrea Bartoli e dalla Comunità della Farm.

     Lì abbiamo conosciuto da vicino come è possibile prendersi cura e coltivare i beni della Comunità.

Sì, uno dei meriti della Farm è quello di avere restituito valore contestuale a una città quale è Favara e al suo territorio ricomponendo relazioni e, dunque, custodia degli spazi e legame con la storia.

La bellezza intesa quale espressione della profondità umana e, al contempo, riconoscimento autentico del creato che ci circonda,intuiamo, è stato il leitmotiv di un processo che, partendo dalla rigenerazione urbana di una prima area divenuta fucina d'arte e di pratiche d'apprendimento per le nuove generazioni, ha contagiato e coinvolto altri a partecipare, moltiplicando così il processo virtuoso che già abbraccia un rione di Favara e sempre più pare diffondersi a macchia di leopardo nel resto della città.

Condividiamo il processo della Farm che rompe la linea di demarcazione tra pubblico e privato aprendo, inoltre, ad un terzo polo e cioè quello civile che si prende cura dei bisogni emergenti e del pensare al benessere di un popolo guardando la qualità di vita di tutti, soprattutto di quanti rischierebbero di rimanere esclusi.

Ci rendiamo conto, infatti, che una società davvero civile non può produrre “scarti” ma abbisogna di custodire e riconoscere ognuno quale risorsa per l'intera Comunità. Con quanto ci hanno donato Andrea e i diversi componenti della Farm torniamo più ricchi e, proprio per questo, con nuove domande aperte e in particolare, oggi, per il numero di immigrati che per mezzo del decreto sicurezza si trovano negata la protezione umanitaria e, a breve, si ritroveranno per strada e con l'obbligo di rimpatrio in una terra da cui sono partiti rischiando più volte la vita.

Proprio la scorsa settimana in Fattoria a Danisinni venivano a trovarci un gruppo di minori non accompagnati che, nel raccontarci il loro viaggio, cercavano di custodirci evitando di dire quel che avevano subito nella traversata del deserto o nelle prigioni libiche.

Ecco, la crisi dell'umano può risolversi solo con una riappropriazione profonda del senso dell'umano. Fino a quando ci penseremo stanziali, senza cogliere che ciascuno è inserito in un cammino non potrà esserci guarigione. Significa cogliere la precarietà dell'esistenza e, proprio per questo, l'opportunità di arricchimento quotidiano che ciascuno può avere se si mantiene accogliente.

Nella Farm i muri si trasformano in colori polimorfi...

       

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