Custodi del Silenzio

by Mauro 14. dicembre 2011 23:58

        “Fai silenzio” grida un genitore al figlio mostrando un indice che sembra rimarcare l’imperativo datogli. C’è un silenzio che veicola timore reverenziale, paura di affrontare la vita, sottomissione all'altro.
        O ancora, andando in giro per i quartieri popolari, quelli delle grandi città, è possibile scorgere ad un altro silenzio: quello di un’umanità che si è arresa di fronte alle discrepanze sociali, alla impossibilità di vedere affermati i propri diritti, a cominciare dal lavoro. Un senso di impotenza mostrato con il silenzio e ratificato da uno sguardo carico di tristezza.
        C’è anche il silenzio che esprime tanta ostilità, è quello della guerra fredda in famiglia o a lavoro tra colleghi. Un silenzio che porta distanza, un senso di gelo che pervade la presenza dell’altra persona, come a voler ibernare la relazione. In taluni casi è preferibile una valanga di parole, seppur  aggressive, ma almeno capaci di dare connotazione al rapporto umano e a far circolare emozioni.
        Eppure abbiamo bisogno di silenzio, ma quello nobile proprio dell’ascolto, del sentire, del comunicare, della relazione profonda. Pensiamo alla danza che nasce nella interazione tra una mamma ed il suo neonato. Lei attraverso il silenzio lo accoglie, ne sente il minimo gemito ed interagisce modulandosi ora per stimolare l’interazione, ora per pacare il piccolo impaurito.
        La danza continua per tutta la vita, è quella che ci permette di entrare in rapporto con il mondo, di sentirne l’odore, l’umore, il colore, senza giocare prontamente d’anticipo ma dando all'altro il tempo di esprimersi ed interagire. Troppi rumori sembrano appesantire la quotidianità, basti pensare ai cellulari che ci rendono reperibili e disponibili ad ogni ora a prescindere dal nostro stato d’animo o dal bisogno di sosta.
        La complicità, l’intesa tra le persone è espressa prevalentemente dal non verbale e i momenti maggiormente intrisi di significato non sono dicibili a parole. Così è della contemplazione, dell’atto creativo, dell’intuizione, della profonda empatia, della commozione. La parola sembrerebbe strappare verità a quel momento, riducendolo ad una parziale interpretazione.
        Da qualche mese vivo ritirato in un piccolo paese dell’entroterra siciliano, luogo semplice, d’altri tempi, e proprio per questo ancora capace di custodire il silenzio e ridare senso e significato all'essenzialità della vita.
        Pare proprio che il silenzio sia questione di tempo. Si è soliti ripetere “non ho tempo” ed è per questo che il silenzio sembra diventare un lusso, un bene prezioso. Magari qualcuno penserà bene a commercializzarlo creando delle apposite fattorie insonorizzate  o comunque giornate residenziali ove è proibito parlare, altri invece penseranno addirittura di tassare lo spazio ed il tempo dedicato al silenzio...
        In realtà quello del silenzio può essere una grande risorsa per il ben-essere di una società ed anche per il risanamento del debito pubblico. Pensiamo semplicemente a quanto si potrebbe risparmiare se ci si rieducassimo all’ascolto, al dedicar tempo al coniuge o ai genitori, diminuirebbe la spesa pubblica relativa a consulenze sanitarie, e all'assenteismo dal lavoro; certo si può ipotizzare che anche il PIL potrebbe crescere proporzionatamente al miglioramento della qualità della vita.

        Si avrebbe uno strumento potente per affrontare efficacemente le normali crisi coniugali o, ancora, avremmo bambini più felici perché a loro si darebbe la possibilità di rispondere alla domanda: “E tu cosa dici?”

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Psicologia e vita

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