Impossibile costruire Comunità senza offerta

    Difficile comprensione quel che vediamo in questa giornata per le strade delle città: un popolo in processione che porta con sé un ostensorio su cui, “dicono”, sta il Corpo di Cristo.

    Il pragmatismo del nostro tempo respinge col risolino, ironico e canzonatorio, come a compatire l'ingenuità dei cristiani. L'uomo che ascolta, invece, si ferma e nella sua profondità sosta in silenzio attendendo il passaggio che lascia stupore.

    È una storia antica quella che si narra oggi per le vie del mondo, un pane azzimo che ha radici nell'esodo. Quell'uscir dalla schiavitù che non ammetteva traccia del passato, neanche il lievito vecchio perchè tutto doveva dire della inedita fiducia di un popolo in un Dio che si era chinato per guidarlo oltre.

   È proprio vero, l'essere umano che rimane ancorato al passato vivendo di nostalgia o di rivendicazione è incapace di sorpresa, fatica a lasciarsi provocare dal nuovo che gli viene incontro. È il racconto di chi sta a coltivare pensieri tristi come a consolarsi e che, di fatto, rimane trincerato nel suo individualismo senza possibilità di comunione, di dono per l'altro.

La storia cristiana, invece, inizia col dono di Dio. E per donarsi, Lui, si fa piccolo perchè, altrimenti, impossibile sarebbe stata la relazione d'amore. Il dono, per essere tale, deve essere accolto e mai invasivo o forzato. Proprio perchè dono, è fatto per destare sorpresa, desiderio ed accoglienza.

Eppure l'umanità resiste a siffatto regalo. È il peccato di sempre, fin da quando la brama di conquista per accaparrarsi il nutrimento ebbe a corrompere l'animo umano ma, già allora, tutto era stato regalato all'uomo vivente.

Era necessario il chinarsi di Dio per superare la Legge, quella che aveva preparato ad aprirsi ad una relazione verticale e a non restare schiacciati sul piano dei bisogni. L'incarnazione, dunque, potè spezzare il rischio del moralismo, del dover fare per ottenere o, per meglio dire, del mostrare di essere buoni per essere giudicati degni dall'Altissimo!

Cristo si fa pane spezzato ma per rimanere, prima, passa attraverso la morte e poi risorge. Il suo corpo si consuma per amore e questo sconfigge la morte che è assenza di amore e di luce. Da allora la Comunità celebra la domenica, primo e ottavo giorno della settimana, punto di partenza da cui trarre nutrimento per spingersi avanti e tappa di arrivo, quando diventa necessario presentare sulla mensa la fatica e le gioie del tempo trascorso. 

Nulla tenere per sè, altrimenti si cederebbe all'individualismo, al contare esclusivamente sulle proprie ed uniche forze. L'offerta fatta sulla mensa è quel che rende possibile l'Eucarestia, se non c'è offerta della propria vita Dio non può donarsi: saremmo troppo pieni di noi stessi rinunciando ad accogliere.

Notiamo che l'offerta presentata è sotto il segno del pane azzimo ottenuto dal lavoro dell'uomo che si mischia al dono del creato. Non è sufficiente il grano o l'uva in sé, è necessaria l'azione umana affinche possa esserci vera offerta. Questo per superare il rischio di appropriarsi di quel che si ottiene, come a vivere per se stessi. È solo dopo l'offerta che la persona potrà accogliere il dono di Dio che, oltretutto, è la stessa offerta ma trasformata dalla Sua azione.

Il nostro agire può riempirsi così dell'Amore, quello che fa nuove tutte le cose. L'umanità che si nutre del Corpo di Cristo è trasformata, diventa quel che accoglie ed è perciò che Corpo diventa tutta la Comunità, ogni fratello e sorella che accoglie e dona quel che ha ricevuto.

La festa di oggi si oppone all'individualismo sfrenato del nostro tempo, è ingresso nella comunione, quella del Cielo che entra continuamente qui in terra.

È così che i cristiani camminando per le strade del mondo sono resi capaci di rompere la brama di potere, di apparire e di possedere. Sono resi capaci, cioè, di servire, di nascondersi e di donare. È il senso dell'Eucarestia che, ancora oggi, permane nelle strade del nostro mondo.