Avete da mangiare?

by Mauro 13. maggio 2016 10:24

     Nel corso della Missione di strada che stiamo vivendo a Danisinni il Vangelo di oggi (Gv 21) pare illuminarci rispetto al senso delle cose che sperimentiamo in questi giorni.

       Il contesto di questa pagina è quello meno favorevole, una notte di pesca andata a buca, in un tempo in cui Pietro deluso per la sorte del Maestro, per il quale aveva lasciato tutto, ora si ritrova a pescare come un tempo. Proprio in questa cornice Gesù trova il momento favorevole per rivelarsi in modo definitivo. Pietro si è arreso, è inerme di fronte al proprio fallimento e incapace di fare da solo.

     Di fronte alla mortificazione l’uomo può avvilirsi e vivere da arrabbiato o depresso, oppure può finalmente consegnare la propria vita al Signore.

        Pensare che Gesù si fa presente a loro con la domanda del mendicante “avete da mangiare?”. Non è chiaro se la domanda ha il valore dell’offerta o della richiesta ma certo Cristo sta entrando nella domanda esistenziale di Pietro e dell’umanità: vivo per nutrire me stesso o per condividere con l’altro?

       Di fatto la pesca è andata a vuoto, non è possibile nutrirsi da soli, l’uomo non può soddisfare la sua fame fino a quando non scopre Dio. È allora che Gesù propone una prospettiva inedita, potremmo dire illogica. Si perché rilasciare nuovamente in mare le reti al mattino dopo una notte infruttuosa equivale ad insistere in un momento ancora meno propizio e poi quel “gettate a destra” è un’indicazione priva di esperienza, le getti si aprono dalla parte opposta.

       Non c’è calcolo e nessuna competenza in quel gesto, la garanzia è nulla e aderirvi  presuppone un atto di fede. È quello che simbolicamente viene espresso subito dopo con il tuffarsi di Pietro per andare incontro a Gesù, lo riconosce e si tuffa l’apostolo che aveva poco prima rinnegato il Maestro.

        Ora ascoltiamo Gesù fare delle domande a Pietro e ripetergli se davvero lo ami e Pietro puntualmente gli ripete che gli vuole bene. È alla terza volta quando Gesù chiede, diversamente, se gli vuole bene che Pietro si rattrista come a cogliere il distinguo tra l’Amore ed il suo volergli bene, come ad intuire quanto grande è il sentire di Dio nei suoi confronti.

         Al contempo, l’apostolo, sente tutto il dolore per il tradimento e la successiva fuga ma non si ferma a questo, non si chiude nel senso di colpa e neanche si giustifica ma si affida alla conoscenza di Gesù cioè al suo cuore. Pietro non risponde in modo ardito ed impetuoso, come avrebbe fatto nel passato, che ama Gesù senza misura ma che gli vuole bene e cioè che ha un amore commisurato alle sue capacità, sa che quell’amore non è equiparabile a quello di Gesù per lui. Sa che Gesù lo conosce nel profondo, più di se stesso, e si affida a quella conoscenza perché sa che non lo sta giudicando ma lo sta amando.

         È così che Gesù può, adesso, rivelargli la sua missione e cioè a cosa va incontro. Pietro è sufficientemente spoglio di sé, realisticamente bisognoso del soccorso di Dio e, pertanto, accoglierne il suo mandato. Non sarà un forte Pietro ma un uomo che si lascerà guidare e portare al di là delle sue aspettative o convinzioni. Sarà roccia perché fondato su Cristo, totalmente consegnato al Maestro.

            L’uomo che aveva avuto paura di lasciare la sua spada ed era fuggito per questo ora si ritrova a lasciare tutto per seguire definitivamente il Maestro fino alla morte di croce. Anche la stessa pesca miracolosa sarà lasciata, non è quella la forza o la gioia ma la relazione da discepoli, il nutrimento dell’apostolo è proprio questo sguardo rivolto a Gesù.

           È così che la relazione con Cristo diventa gioia e non condanna, guarigione e non rabbia per la ferita sanguinante. Torna l’icona del buon samaritano che abbiamo contemplato insieme alla Suore francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria, per tutta la settimana di missione popolare a Danisinni. Ciascuno diventa prossimo per l’altro quando si consegna a Gesù ma ciò ancor prima comporta un avere scoperto la prossimità di Dio che si è chinato sulla propria vita per guarirla ed arricchirla di eternità.

 

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