Il delirio è frutto di una eccessiva rigidità o labilità /2

by Mauro 12. agosto 2013 15:50

        “Credevo che per i miei colleghi il mio lavoro fosse indispensabile ed invece ho scoperto che hanno accolto con gioia il mio trasferimento in un altro ufficio!” Una persona con una certa elasticità di pensiero prenderebbe atto di questa realtà, magari restandone delusa, accetterebbe che per i colleghi non è indispensabile e che anzi loro preferirebbero un altro collaboratore.
       La persona paranoica invece non accetterebbe questa invalidazione di ciò che credeva, non ammetterebbe alternative al suo pensarsi “indispensabile per i colleghi”, per cui inizia a delirare. L’ingresso nel delirio è graduale, a principio l’individuo sperimenta un certo disorientamento, stupore e confusione, la realtà inizia ad apparire minacciosa. Per far fronte a questo umore predelirante irrigidisce lo schema di pensiero per trovare una coerenza interna ridefinendo i dati di realtà appena percepiti “i miei colleghi sono contenti del mio trasferimento”. Viene elaborato così un sistema delirante in cui l’esperienza, anche quella successiva, viene organizzata attorno ad un’idea centrale: “hanno paura di essere licenziati perché non si sentono in grado di competere con le mie capacità”.
          Nel paranoico il delirio è il sintomo fondamentale invece nello schizofrenico è uno dei tanti sintomi.] Il delirio schizofrenico non si struttura a partire da una rigidità di fronte all’esperienza di fallimento, lo schizofrenico non mantiene una coerenza dell’esperienza soggettiva, non ha un’idea centrale attorno alla quale organizzare l’esperienza. La persona non riesce a filtrare gli stimoli esterni e cerca infruttuosamente di trovare significati.
Il delirio schizofrenico, inoltre, è rinforzato da altri due sintomi: le dispercezioni ed il disturbo formale positivo del pensiero.
          Le dispercezioni fanno riferimento ad allucinazioni uditive che l’individuo spiega attraverso idee deliranti, è interessante notare che le voci attribuite a presenze esterne vengono considerate, dal clinico, come un disturbo della percezione. Di fatto i canali percettivi non appaiono danneggiati. Stanghellini piuttosto dice che le voci sono disturbi della coscienza di sé, un dialogo interiore che viene materializzato e proiettato fuori di sé.
          Per disturbo formale del pensiero positivo si intende il pensiero disorganizzato che si evince dall’eloquio disorganizzato. La persona parlando scivola al di fuori delle tracce (slip off the track) saltando da un argomento ad un altro o rispondendo in modo tangenziale. Il pensiero disorganizzato inoltre è mostrato dal discorso incoerente, illogico, circostanziale, oppure dalla sostituzione di elementi con altri che hanno qualche caratteristica comune. Non c’è una linearità e direzionalità del discorso, vengono utilizzate categorie concettuali ampie, questa labilità delle associazioni unita agli altri aspetti porta ad un discorso delirante.
           La questione si fa complessa e non è nel nostro obiettivo addentrarsi oltre, semplicemente voglio rilevare come la ricerca di una rigorosa logicità potrebbe appesantire il vivere quotidiano sottoposto a molteplici agenti stressanti, piuttosto andrebbe cercata una buona ragionevolezza nel trovare soluzioni utili in base alle diverse situazioni.
           Qua ci apriamo alla posizione di Baron che distingue razionale e ragionevole ove quest’ultimo presuppone si una buona dose di fiducia nelle proprie conclusioni ma al contempo la disponibilità a cambiare idea nel caso il confronto con la realtà porti a risultati differenti…

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