Bisogno di profezia

by Mauro 3. febbraio 2019 16:47

       Il nostro tempo abbisogna di profeti. Quel che manca è la connotazione profetica, manca chi ci ricorda che la vita di ogni essere umano è sacra e, al contempo, rimane mistero e perciò mai definibile in modo lineare e meramente orizzontale.

        Fino a quando si avrà la pretesa di incasellare tutto, e di comprendere e ridurre alla nostra mente la realtà che ci circonda,  l'esistenza perderà il suo fascino e la sua verità, l'esitenza mancherà di profezia e sarà incapace di vie nuove.

       Oggi manchiamo di profezia perchè stiamo accarezzando la logica dell'inimicizia, della contrapposizione per difendere il posto, il posto fisso. I profeti, piuttosto, sono liberi e non accettano alcun compromesso ma rimangono fedeli alla difesa della giustizia e della verità.

Così Gesù si procurerà tanti nemici ma non li considererà tali, piuttosto continuerà ad annunciare in vista della loro conversione. Il profeta non è distruttivo ma parla perchè la Parola gli impone di rivelare la verità e leggere il presente secondo la luce del Cielo e cioè senza logiche di interesesse privatistico perchè si è tutti figli di fronte al Cielo.

Le parole di Gesù, riportate nel Vangelo di oggi, destano meraviglia e poi dubbio. Scuotono ma subito gli astanti tornano a nascondersi dietro le loro certezze, si riparano giustificandosi pur di mantenere la loro posizione di comodo e, pertanto, iniziano a criticare Gesù.

Per non essere scomodati, è la storia di sempre, si finisce con il deridere chi sta dicendo qualcosa che potrebbe destabilizzare. Gesù lo comprende e cita loro un proverbio che vorrebbero attribuire a Lui stesso, “medico cura te stesso”, in quanto la malattia veniva attribuita al peccato e pertanto Lui dovrebbe occuparsi di sé e non degli altri.

I concittadini di Nazaret gli sono ostili perchè non approvano tale opera, per loro è un problema che Gesù stia compiendo il bene e, pertanto, lo sfidano affinchè dimostri la sua forza ma questo è un modo per assoggettarlo ai loro dettami e alla loro logica e cioè: mostraci la tua gloria. Ma Gesù intende rivelare solo la gloria del Padre.

È scomodo per loro avere un concittadino che agisce in modo ben differente, questo provoca le loro coscienze perchè testimonia che anche loro potrebbero fare lo stesso se solo lo volessero.

Lui poco prima aveva annunciato la liberazione dei prigionieri e degli oppressi e per loro questo fa problema perchè in una società giusta vengono meno gli status di potere e di autocelebrazione. La replica di Gesù è esemplare e racconta loro come nella storia proprio i pagani, gli ultimi e i lontani per Israele, hanno accolto la cura di Dio, il suo chinarsi per guarire.

Gesù rivela, così, che il profeta non accetta il compromesso e non si fa amici amici sacrificando la verità delle cose ed è perciò che paga il prezzo del rifiuto. Questo non significa che Lui entri nella dinamica dell'antagonismo piuttosto mantiene diritto lo sguardo verso il Bene che va annunciato e custodito anche a prezzo della propria vita. 

Gesù è inviato per dare un lieto messaggio a tutte le genti e non una lieta notizia ad alcuni a discapito di altri. Non possiamo rinchiudere quella Parola in un luogo circoscritto o solo per alcuni. Questo vale per l'umanità di ogni tempo e di ogni luogo. Gli stranieri vengono coinvolti e questo fa scandalo per gli astanti che si credono privilegiati, di fatto lo sono ma non in senso esclusivo ma inclusivo cioè sono chiamati a condividere quello che hanno ricevuto.

Già nella prima lettura Geremia raccontava di come malgrado il rifiuto e la persecuzione lui non può sottrarsi dall'annuncio di questa Parola perchè ne è stato sedotto. La Parola ti conquista ed è pertanto che non si può rimanere passivi, il cristiano viene provocato a schiarsi dalla parte del Bene e a non legittimare le vie di mezzo.

Se oggi molti cristiani rimangono spettatori di quel che accade nel mondo è perchè non si lasciano conquistare dalla Parola, e rinunciano a metterla in pratica cioè non l'hanno accolta. Gesù dice che “oggi si è compiuta” questa Parola proprio perchè incontrarlo equivale a realizzarla.

L'opera di Dio si compie in un presente che continua, non è un segmento della storia personale o comunitaria, è rivelazione nel presente. La stessa Parola oggi abbisogna di risposta quotidiana e in tanti bussano alla porta di chi ha accolto il dono di Dio. Si parla tanto di “ultimi” delle nostre città e di stranieri che bussano chiedendo risposte, ma già i termini possono creare equivoco.

La vocazione cristiana è un considerarsi stranieri in questo mondo, l'immigrato che arriva nelle nostre acque dopo un lungo cammino o una pericolosa traversata mi restituisce verità su quel che io sono. Ciascuno di noi è precario in questa vita, siamo tutti itineranti e a nessuno è dato, in verità, di crearsi un posto stanziale come se la meta dell'esistenza dovesse coincidere con l'accumulo dell'avere.

La vita di condivisione è l'unico modo di abitare in questo mondo. E ciò è ancora più vero se ci riconsociamo figli del Padre e cioè pellegrini sotto lo stesso Cielo.

La celebrazione che stamane la Comunità di Danisinni ha condiviso sotto al tendone in Fattoria insieme alla Comunità africana è stato segno di questo riconoscerci in tale cammino di popoli rivolti verso l'unica meta del Cielo.

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