Dal guardare al vedere

by Mauro 21. febbraio 2016 17:17

     Voglio soffermarmi, per due domeniche consecutive, sul cammino di umanizzazione proposto dalla Parola che la Comunità cristiana medita settimanalmente. In particolare il messaggio di questa seconda domenica di Quaresima potremmo riassumerlo in una proposta: passare dal guardare al vedere, dalle apparenze all’esperienza.

        Abramo viene chiamato a guardare in alto il cielo stellato, lui imparerà fidarsi di questo sguardo attraverso l’ascolto della promessa di Dio (Gen 15, 5ss).

Non è sufficiente il guardare, infatti, è necessaria una intelligenza che parte dall’ascolto per dare luce e significato alla propria vita.

L’uomo contemporaneo sempre più esteta e fermo all’immagine del momento, sembra privato dell’intelligenza delle cose che vive, e fino a quando rimane rapito da ciò che appare non riesce a trovare direzione nella propria vita, così com’è in balìa dell’emozione suscitata dall’aspetto di turno.

È in questo modo che veniamo catturati dalla pubblicità in cui il prodotto in vendita è accompagnato da un oggetto o un contesto piacevole e, successivamente all’interno di un supermercato, la nuova vista del prodotto associata a quell’emozione porta all’acquisto del prodotto di turno.

Abramo fa esperienza del suo limite, è avanti negli anni, eppure si fida della promessa di Dio. È quella tipica gioia che pervade l’animo quando ci si rende conto che Dio può nonostante tutto!

È l’esperienza della creatura che coglie la fedeltà del Signore il quale non rimane subordinato ai meriti di ciascuno. No, Dio rimane fermo nel suo proposito di Bene malgrado il male dell’uomo, Lui non desiste perché riconosce nel profondo di ogni persona la possibilità di scrollarsi della propria corazza autoreferenziale, per iniziare un cammino di fiducia e di intima relazione con Lui. 

È l’esperienza dell’amore di Dio che si china per portare oltre i suoi figli. Ciò è possibile perché Gesù chiama i suoi in disparte per pregare, condizione necessaria per ascoltare e vedere. La vita, altrimenti, resta eccessivamente immersa in una routine che lascia spazio, appena, all’immediato.

Penso allo sguardo amorevole dei genitori che guardano oltre e non si fermano alle trasgressioni dei figli, è l’amore a permettere nuovi orizzonti al di là dell’evidente.

Ciò comporta senso di attesa e pazienza per “rimanere” (nel senso biblico) nella propria missione malgrado gli insuccessi. Ricordiamo come la seconda tentazione che incontra Gesù, si fondi sul miraggio di “un istante” in cui viene mostrata la gloria dei regni ed il potere che ne potrebbe venire. Chi si affida all’impeto di un momento rinuncia al vedere oltre ed è proprio lì, nell’andare oltre, che si inizia a gustare in profondità la gioia dell’esistenza. Tutto il resto passa e lascia l’animo triste. 

Nel Vangelo (Lc 9, 28-36) Gesù viene colto con occhi nuovi, il suo volto cambia d’aspetto ma i discepoli vedono perché ascoltano. È interessante notare come loro, così facendo, sono capaci di andare al di là delle apparenze fino a riconoscere la missione di Gesù: l’esodo che stava per compiersi a Gerusalemme. Quando si opporranno a tale missione perderanno anche la verità su chi è Gesù che sta loro di fronte, l’identità di ciascuno è strettamente legata alla missione che persegue.

Senza questo elevarsi Pietro non avrebbe visto e la proposta pare esprimere il desiderio di rimanere in quella comunione. Le tre tende non saranno necessarie in quanto la vita umana, ora, è chiamata a diventare tempio di Dio, tenda della sua dimora.

Aprire gli occhi equivale a conoscere e cioè accogliere nella propria vita, ciascuno quale dimora di Dio.   

 

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