E' ora di rispondere

by Mauro 8. gennaio 2013 22:00

      Sono trascorsi vent’anni dall’efferato omicidio di Beppe Alfano a Barcellona Pozzo di Gotto.

       Il cronista de “La Sicilia” ucciso perché scriveva, scriveva raccontando i fatti che attraversavano la sua città mentre in tanti facevan finta di niente. Scrive Sonia, la figlia, nel suo libro “La zona d’ombra” di come l’omicidio fosse già stato annunziato, un’offerta in denaro per non scrivere più sull’Aias altrimenti … 

       Il resto è cronaca dei rotocalchi, lui chiaramente non ha accettato di vendersi, tacere avrebbe comportato, comunque, il morire. L’associazione di assistenza ai disabili di Milazzo era stata oggetto di diversi articoli firmati da Beppe, insieme ad altre denunce riferiti agli illeciti di Cosa nostra, nel mentre che proprio a Barcellona il latitante Nitto Santapaola aveva il suo rifugio. Il mandante, il boss Giuseppe Gulotti, faceva parte di un circolo culturale ove v’erano anche personaggi di spicco della politica e dell’imprenditoria locale. More...

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L'Ascolto scaturisce dalla ferialità

by Mauro 29. dicembre 2012 14:08

     E' un Dio feriale quello che ci viene presentato in questa Domenica, la prima dopo Natale, in cui la Comunità ecclesiale celebra la festa della Sacra Famiglia.

      È significativo che dopo il mistero dell’incarnazione la liturgia ponga innanzi questa festa come a mostrare quanto concreta e quotidiana è stata la vicenda di Cristo, giusto per sfatare ogni possibile spiritualismo che vorrebbe fare della fede cristiana una esperienza sganciata dalla storia umana.
      Il paradosso cristiano è proprio l’opposto: Dio si fa uomo per farci stare appieno nella nostra umanità e cercare in questa esperienza la dimensione della profondità, la sua presenza.
      Essere veramente uomini e donne nel nostro tempo è la prima connotazione che desumo da questa festa. Ci viene presentata una famiglia, quella di Nazareth, in una scena di ordinaria interazione:More...

Psicoterapia e processi di trasformazione: la SSPIG fa Cultura

by Mauro 15. dicembre 2012 19:39

        Il primo gruppo di psicoterapeuti della Scuola palermitana SSPIG conclude oggi la formazione quadriennale. È un evento significativo per la nostra Città così come per tutta la Regione siciliana che ha da pochi anni  accolto, nel centro storico di Ballarò, l’officina maieutica e relazionale (così definirei la bottega ove si impara l’arte della psicoterapia) di Analisi Transazionale.
         Attraverso la cultura passano i processi di cambiamento e di trasformazione sociale e l’essere umano è portatore di “cultura” nella misura in cui può riconoscersi e rispecchiarsi nell’appartenenza ad un gruppo. Ora se da un lato la cultura è da intendersi quale attività per coltivare l’animo umano e l’orientamento che porta, dall’altro è da intendersi come insieme dei costumi, credenze, ideali proprie dell’uomo in quanto membro di una società, non solo.
         Le teorie psicoterapiche, a mio avviso, esercitano un particolare influsso nel sostenere i processi culturali, e l’Analisi Transazionale assume una significativa rilevanza nel contribuire a questa opera di crescita e di maturazione individuale e collettiva.      
          Come ho già descritto in diversi post precedenti, è un approccio umanistico che, pertanto, vede l’esistenza di ogni persona quale dono gratuito e dono da esprimere. L’uomo è visto capace di realizzazione, di progettazione per giungere ad una meta esistenziale, bisognoso di relazione così come di conoscere ed esprimersi, di dare significato alle cose e agli accadimenti della vita.
          Equivale a vedere la persona permettendole di mostrarsi, di rivelare se stessa anche se questa auto-rivelazione passa attraverso lo spettro del dolore o l’integrazione di un vissuto fino ad allora misconosciuto. Non si tratta di fare diagnosi (dia-gnosis, "conoscere attraverso") secondo schemi pre-determinati, ma di restituire all’umano la dignità dell’esserci nel “qui e ora” terapeutico, attraverso la relazione che man mano si va costruendo tra le persone coinvolte. More...

Il Tempo impaziente

by Mauro 3. dicembre 2012 21:34

        "Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato.

        Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse.

        Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento".

        Questa citazione di Dietrich Bonhoeffer, dal Sermone sulla I domenica di Avvento, del 2 dicembre 1928, ci mostra il senso liturgico dell'Avvento nella esperienza della Chiesa.

        È un rimando a vivere il tempo presente, per alcuni Dio appartiene al passato e per altri appartiene al futuro, per i cristiani Dio appartiene al presente. In realtà il passato è un ricordo nel presente, il futuro è un’intuizione del presente. Non è pensabile che l’eternità viene dopo il tempo: o siamo già nell’eternità o questa non è pensabile!   Ognuno dispone dell’unicità del momento che vive, ogni istante della vita è occasione ed è per questo che siamo chiamati alla scelta nel presente.
        Se non siamo consapevoli della nostra unicità, perdiamo l’occasione di quello che solo noi possiamo realizzare, la nostra parte spetta solo a noi e non è sostituibile da altri.
         Il mondo ebraico ebbe a nominare Dio per la prima volta attraverso il tetragramma che esprime un significato così traducibile “Io sono qui colui che sono qui”. Ancora oggi nel mondo orientale l’identità di Dio è espressa indicando ciò che è tangibile e da cui la realtà non può separarsi, Dio è così riconosciuto in ogni cosa buona. Le categorie filosofiche usate in occidente ci hanno fatto dire dell’identità di Dio come di chi è “totalmente altro, inafferrabile, irraggiungibile ”, in questo modo si è percepita la distanza e questa ne ha mostrato la grandezza.

         In realtà e la teologia post-conciliare lo ha mostrato, è impensabile parlare del Dio cristiano come il “totalmente altro”, piuttosto è necessario coglierlo a partire dall’evento dell’Incarnazione in cui Lui si è reso “tremendamente vicino”. More...

Condurre un colloquio con empatia

by Mauro 18. ottobre 2012 12:00

          La simpatica vignetta qui di fianco, mostra come i rimandi nella conduzione di un colloquio possono avere esiti diversi e, certo, specialmente nella relazione di aiuto l'intento non è quello direttivo nè, tanto meno, quello di svalutare l'interlocutore.

         Ultimo passaggio del nostro sintetico excursus metodologico per gli Operatori di CdA riguarda le competenze nella conduzione di un colloquio. E' opportuno intenderci sul cosa sia importante ascoltare:
         I contenuti di ciò che l’altro dice con le parole (verbale) e di ciò che non dice con il silenzio, le tonalità di voce, come dice le cose (paraverbale), con quale gestualità.
          Il contesto in cui la persona vive (familiare, sociale, lavorativo, scolastico), i vissuti del momento, gli schemi di riferimento culturali, i valori.
          Il proprio vissuto del momento, le pre-comprensioni rispetto alla problematica che si sta ascoltando, come si vive il rapporto con la persona che si ha di fronte. More...

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Andare oltre i contenuti espliciti: ossia Ascolto Attivo

by Mauro 18. ottobre 2012 09:29

            Se di Dio la Scrittura può dire “In principio è la Parola” dell’uomo in modo analogo si può affermare “In principio è l’Ascolto”.
            L’essere umano entra nella storia ascoltando la presenza di chi si prende cura di lui. Un neonato è attento alla presenza altrui, impara a conoscersi in base alla vicinanza dell'altro, misura il tempo in rapporto alla mancanza e alla capacità di sostenerla per periodi sempre più prolungati, in ogni caso attiva tutta la sua sensorialità che lo rende capace di ascolto a 360°.
            Ascoltare è ben più che il semplice "sentire", piuttosto significa comprendere i messaggi inviati dall’interlocutore, il suo modo di pensare, i suoi punti di vista. C’è un vissuto che la persona trasmette che va al di là del mero contenuto di ciò che dice.
            In effetti si può parlare di un ascolto che passa attraverso diversi canali sensoriali. Schulz von Thun, parla di un ascolto a quattro orecchie definendo le varie dimensioni nel quadrato della comunicazione. In realtà già Paul Watzlawick  venti anni prima, nel 1967, aveva evidenziato la componente relazionale che supera, per rilevanza, il contenuto stesso. More...

L'arte dell'Ascolto: formazione per CdA

by Mauro 13. ottobre 2012 20:35

             Acquisire competenze nella relazione d’aiuto per accogliere ed accompagnare centinaia di persone che ogni giorno arrivano alle porte delle Caritas parrocchiali è stato il tema che oggi abbiamo trattato a Marsala, a principio del Laboratorio formativo per gli operatori dei Centri di Ascolto della Diocesi di Mazara del Vallo. Un percorso di accompagnamento che durerà fino a novembre e che è rivolto a più di sessanta operatori.
         Tengo a precisare come l’opera dei Centri di Ascolto Caritas, distribuiti nel territorio, in modo capillare attraverso le parrocchie, costituisce oggi una grande risorsa che corrobora il tessuto di azioni sociali a favore dei cittadini che attraversano un particolare disagio. Un servizio che a mio avviso dovrebbe essere tenuto in debita considerazione da chi mappa la rete delle risorse di un territorio in vista di una fattiva cooperazione.
Ma cosa è un CENTRO DI ASCOLTO? Ricordo ancora  quando nel 1992 a Monreale abbiamo aperto il primo Centro di Ascolto cittadino, eravamo in quaranta operatori, e le persone che partecipavano alle campagne di sensibilizzazione ci chiedevano: siete un nuovo telefono azzurro? Distribuite spesa? Date buoni pasti? E noi cercavamo di far comprendere agli astanti l’importanza di un servizio basilare: l’ASCOLTO. More...

Mds annunziatori di Pace

by Mauro 27. maggio 2012 10:23

    Affascina seguire i più di cento Mds impegnati nel prepararsi all'Evento estivo attraverso incontri di formazione, condivisione con il territorio ed iniziative varie da incastrare con i loro impegni di vita quotidiana.

     Torneranno giorno 1 e 2 giugno a Termini Imerese per una due giorni di fraternità. Nel mentre proponiamo un itinerario di riflessione in questo giorno di Pentecoste che vuole offrire l'opportunità di riflettere sulla propria mission di strada.

    Il Mds si pone quale messaggero di pace, portatore di una Pace che cerca di scoprire giorno dopo giorno. Ma di quale pace stiamo parlando? Bisogna sfatare un equivoco di fondo: credere di trovare pace quando non ci sono problemi nella propria vita, o fare dipendere la propria pace dagli altri.
    No, la pax cristiana è ben altra cosa: non si tratta di quieto vivere, questo equivarrebbe ad individualismo, non si tratta di predicare il culto per l’atarassia, l’imperturbabilità di fronte alle situazioni. Portatore di pace non è neanche chi reagisce con pazienza di fronte alle ingiurie altrui, per vivere ciò basterebbe essere indifferenti di fronte agli altri e alla vita che ci circonda. È ben altra cosa il frutto della pace a cui fa riferimento la Scrittura.
       «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi»  (Gv 14,27) Così parla Gesù ai suoi discepoli, è una esperienza diversa dalla logica comune. Non si tratta della pax romana quale tregua tra due guerre, in effetti quella pace è frutto di un’azione di potere di uno nei confronti di un altro, è la vittoria su un perdente o comunque la sottomissione di chi sente di essere più debole, è una pace mantenuta con le armi e quindi una implicita minaccia: se ti ribelli ti elimino. More...

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Emergenza sociale? Guardiamo il contesto

by Mauro 28. aprile 2012 10:21

  Oggi viviamo un tempo di emergenza sociale ove si corre il rischio di dimenticarsi dei più bisognosi, intere fasce di popolazione potrebbero, man mano, essere dimenticate dai servizi socio-sanitari. Penso ai tanti adolescenti lasciati a se stessi, agli uomini separati che rinunziano anche al proprio lavoro ed iniziano a vivere per strada, ai gruppi rom che vengono trattati con i mezzi meccanici per non essere più visibili, ad intere fasce di professionisti che per amor di profitto ricorrono costantemente a stupefacenti per mantenere il ritmo di lavoro quotidiano. O ancora l’aumento esponenziale di dipendenza da gioco, fattore che destabilizza numerosissime famiglie, ma che viene sottovalutato anche perché il mercato del gioco regge parte dell’economia statale oltreché quella illegale.
           Intendere i servizi sociali come laboratori di ricerca per riconoscere cittadinanza alle popolazioni invisibili mi sembra un obiettivo importante ed è quello che si prefigge il Laboratorio di epidemiologia di cittadinanza così come quello che si svolgerà alla Certosa del gruppo Abele a Torino dal 31 maggio al 2 giugno prossimo, officine esperenziale dal titolo "Salute e/è diritto".
            Un laboratorio, pertanto, che prende in esame i dati epidemiologici (riguardo alla popolazione) quali: bisogni primari soddisfatti e non; salute e malattia, condizioni patologiche e condizioni sociali; intendendoli come indicatori di riconoscimento del diritti soggettivi e comunitari.

             Ci sentiamo molto vicini alla mission di questo progetto che tende al riconoscimento del volto di tutte le popolazioni sociali comprese le categorie più disagiate o le minoranze etniche; concreatamente partendo dalla analisi e dal rilevamento dei dati viene promosso un cambiamento sociale volto al riconoscimento.
              In realtà nel lessico comune, così come in quello scientifico, sovente utilizziamo terminologie e prospettive che mantengono esclusione, provocano pre-giudizi, etichette che cristallizzano anziché mirare al cambiamento e alla promozione, ad esempio: sano/malato, bianco/nero, comunitario/extracomunitario, agiato/disagiato. Tale prospettiva determina interventi di “recupero” ove ci sono parametri da raggiungere stabiliti come “normali” ma di fatto si corre il rischio di non riconoscere il volto dell’altro, la sua identità ed originalità. More...

Alla sera della vita saremo giudicati sull'Amore

by Mauro 9. aprile 2012 10:18

In questi giorni di Pasqua mi risuona in modo speciale l’affermazione lasciataci dal mistico carmelitano Giovanni della Croce: alla sera della vita saremo giudicati sull’amore. 
Non è forse questo l’unico orizzonte possa dare senso all’esistenza di ciascuno? Se non l’amore, quale altro movente potrà mai giustificare il vivere umano? A riguardo mi pare che il mal-essere di ogni tempo sia prevalentemente imputabile ad una diverso orizzonte di vita: quello che sacrifica la relazione imbrigliando l’essere umano nella logica ego-latrica e nella conseguente pretesa di potere sull’altro.
In fondo ogni persona è alla ricerca della felicità, la speranza è anche un’esperienza psicologica che si esprime in questa direzione, la ricerca della “condizione paradisiaca”. Solo che questo paradiso poco lo si conosce, e in realtà non si può trovare ciò che non si sa cercare. Si, prima di muoversi bisognerebbe cogliere verso dove andare, altrimenti la quotidianità potrebbe mutarsi in un vivere vorticoso, privo di reale nutrimento. More...

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