Shalom aleichem

by Mauro 30. marzo 2013 16:10

  Quella di Gerusalemme è la prima Comunità cristiana a celebrare la Pasqua. Di buon mattino oggi in tanti ci siamo radunati al Santo Sepolcro e da lì abbiamo visto spalancarsi le porte chiuse.

        Sì, ora il Sepolcro è vuoto e fuori sta il Cero pasquale acceso, segno di Resurrezione. Così come duemila anni fa, da questo luogo la Luce che accende il desiderio del cielo si espande in tutto il mondo, le porte si spalancano per tutta l’umanità. È il desiderio di vita, di eternità, che ci viene consegnato e senza sconti.
        L’esperienza pasquale ci libera da quanto vorrebbe impedirci l’espressione piena, anche dalla tentazione di non essere fatti per l’eternità e quindi per la Comunione con Dio, la tentazione di “doverci accontentare”, di essere “meno degli altri” o, ancora, di avere “una vita senza senso”. More...

L'Annunzio evangelico è sfida per un certo tipo di "cultura"

by Mauro 5. dicembre 2012 21:20

        Introduco questa riflessione con un aneddoto che ricavo da una nota immagine della cappella Sistina, quella del dito di Dio che si avvicina come a toccare il dito di Abramo.
        Per diversi studiosi questo è un falso del settecento e cioè un rimedio del restauratore ad una crepa che si era aperta sulla volta. In realtà l’opera originaria di Michelangelo rappresentava Adamo inerte, con il braccio abbassato, e il dito di Dio gli infondeva lo Spirito dandogli vita. Pare che nella storia dell’umanità si insinui costantemente questa tentazione, quella di darsi forza da soli, senza bisogno del dito di Dio. Una sottile sete di potere che man mano potrebbe rivelare una pretesa: non è Dio che mi da lo Spirito per avere vita!
        Della vita di don Pino Puglisi ricordo il suo sorriso semplice e accogliente, lo guardavo ammirato per la sua capacità di ascoltare e donare fosse solo un sorriso o un libro.
        Sparuti ricordi della mia adolescenza di allora, uno però rimane indelebile: la forza della Chiesa siciliana che avvertivo in quella  immensa spianata in Brancaccio ove ci radunammo attorno ad un altare allestito per l’occasione e, innanzi ad esso, il suo feretro. Era il primo pomeriggio del 17 settembre 1993.

        Figlio di un calzolaio, uomo umile e fermo nella sua vocazione, don Pino appariva come un sacerdote “ordinario” nel senso che faceva il suo mestiere così come andava fatto, senza compromessi. Ed in realtà di compromessi il Vangelo non ne accetta, in quanto proposta per l’uomo di ogni tempo, proposta che viene da Dio. 
       Ora nella sua semplicità don Pino aveva una mens scientifica, proponeva ai suoi collaboratori: “bisogna prima conoscere, poi capire ed infine agire”. E questa scienza gli veniva dal profondo rispetto che aveva per l’umano, per il volto di ogni persona anche di quella più distante. Riconoscere non equivale a soggiogarsi, anzi il suo compito di pastore è stato quello di coscientizzare l’uomo del suo tempo, mostrando la logica evangelica, la Parola che Dio rivolge ad ogni persona.
     Proprio per questo lo scontro con Cosa Nostra è stato inevitabile, simile sistema criminale voleva, e vuole, addurre la vicinanza tra il “credo” malavitoso e quello cristiano. Il ritualismo veniva scambiato per fede, come a dire che bastava, per dirsi cristiano, una fede fatta di forme: offerte in chiesa, partecipazione ai sacramenti,  organizzazione delle feste patronali e partecipazione alle processioni, magari fare anche parte di una confraternita. Il punto è che la religiosità mafiosa è profondamente antievangelica in quanto religione del potere!More...

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