Volgere lo sguardo in alto: il cammino della vita

by Mauro 6. gennaio 2013 10:25

    Oggi festa dell’Epifania viene meditata una pagina del Vangelo di Matteo (2,1-12) che descrive la ricerca dei Magi per trovare Gesù. Uomini che non appartengono al popolo di Israele che già crede in Dio, sono invece uomini abituati a guardare il cielo e quindi capaci di ricerca spirituale, non affrontano la vita chini su se stessi come se tutte le risposte dovessero scaturire dalle opere della terra.

     Così è di chi cerca risposta alla propria vita attraverso l’accumulo di ricchezze, apparenze da dimostrare, avidità di successo e di potere. Qua si tratta dell’uomo capace di guardare al cielo e non significa soltanto di elevare lo sguardo al cielo per comprenderlo nella sua intelligibilità, come a dire più conosco e più divento capace di camminare, piuttosto è l’uomo che conosce, comprende attraverso la sua riflessione ed al contempo rimane aperto ai segni. Nei Magi sta ogni uomo che decide di mettersi in cammino, in essi è mostrata la possibilità che vive ogni uomo: quella di scoprire Dio nella propria esistenza.
      La realtà, la vita con i suoi eventi, può essere letta nel suo significato immediato ma altresì può essere letta cercandone il senso ed il significato più profondo. Non sempre è immediato, il più delle volte bisogna attendere per comprenderne il senso, ma certo non è l’atteggiamento di chi vorrebbe fare della realtà un oggetto di possesso come se la comprensione dipendesse dal piegare la realtà alla propria volontà.
      Negli anni ’80 don Pino Puglisi organizzò un campo giovanile dal titolo “Si, ma verso dove?”. È uno slogan per il credente, è il titolo di un vita! Colgo come esprima la vita dell’uomo che si mette in cammino avendo bisogno, giorno dopo giorno, di trovare direzione, orizzonte verso cui tendere.
      I Magi si mettono in cammino proprio perché colgono il segno delle stelle, non si fermano ad ammirarle come a saziarsi del loro sapere o della bellezza ammirata. Quella contemplazione li mette in cammino, in ricerca del luogo ove incontrare Dio. Ora è già il cammino esperienza di incontro e di rivelazione, chiedono del luogo ove doveva nascere il Re d’Israele, e man mano lungo il cammino si aprono i loro occhi perché sono in ascolto, così come i discepoli di Emmaus.
     Non potremmo mai trovare il luogo dell’incontro senza avere prima attraversato il cammino che è già un preparare l’incontro. Ricordo come lungo il cammino di Santiago si impara, passo dopo passo, a conoscere la meta. Ed è per questo che l’arrivo a Santiago diventa profonda esperienza di commozione che si libera in pianto.
       Loro cercano, non si accontentano di ciò che sanno ed hanno. La vita non è mai punto di arrivo per chi vuole vivere veramente. C’è una nostalgia, un desiderio di Dio che ciascuno porta nel cuore anche se “non lo conosce”. È come i bisogni primari: ciascuno sperimenta la sete e cerca l’acqua per dissetarsi, si cerca l’acqua anche se non la si vede. Così è della ricerca di Dio, e non si ha tregua fino a quando non lo si è incontrato pienamente. Interessante notare come non si fermano innanzi ad Erode, riconoscono che non è lui il Re che stanno cercando, è come quando ci si accorge che l’acqua non è buona, farebbe male berla. Inoltre in prossimità di lui non è più possibile vedere il segno della stella, appare offuscato, per cui è necessario riprendere il camino.
        Loro vanno per adorare, è un atteggiamento di estrema libertà. Non vogliono competere o impossessarsi del suo potere ma lo cercano per consegnarsi a Lui, adorarlo e donargli ciò che hanno. È l’atteggiamento di chi cerca Dio. Erode non ha questo atteggiamento di meraviglia rispetto al segno ed al loro racconto, è piuttosto turbato perché ragiona secondo una logica di appropriazione.
         Nel trovare Gesù la loro gioia è grande, questa è la gioia propria di chi vive alla presenza di Dio. Non significa avere una vita lineare ed ovattata, casomai questa fosse possibile, ma mantenere questa relazione in ogni momento della propria vita, anche quelli più difficili.
         Tornano per un’altra via, dopo averlo incontrato il loro cammino cambia, c’è una strada nuova così come viene indicata da Dio. Ed il loro tornare è, dice il testo, per essere “anacoreti”. Uomini che si ritirano dalle cose del mondo per testimoniare la presenza di Dio, l’incontro che continuano a vivere con Lui.
          La vita cambia direzione, assumi un orizzonte nuovo dopo che hai incontrato Dio. Proprio a riguardo giorno 20 verrà a Palermo Claudia Koll per uno spettacolo teatrale in piazza davanti al teatro Politeama. Lei testimonierà la sua conversione di vita, di come l’incontro con Dio ha dato direzione nuova al suo cammino, le ha dato la possibilità di leggere la sua vita sotto “una nuova stella”. In fondo la conversione è segnata da questo passaggio: non credersi più la stella, il sole del proprio mondo, e percepire che c’è una stella fuori di noi di cui portiamo l’immagine, ossia ne siamo il mirabile riflesso.


 

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