Speakers' Corner, spazio di libera espressione

by Mauro 18. agosto 2018 20:08

        Quando partiamo e scopriamo un nuovo paese questo ci racconta, come di getto, attraverso i luoghi la propria identità, la cultura, la visione ed il senso delle cose. L'organizzazione degli spazi esprime, cioè, l'umanità che li vive come quando un casa sembra fatta su misura, dunque, secondo il gusto di chi la abita.

         Le Città assumevano, nel passato, come centro la piazza e la chiesa prospiciente perchè c'era una concezione della vita e del tempo. Lo stesso vale quando è un Centro commerciale anziché una scuola ad organizzare l'edificazione di un quartiere. Ci sono dei criteri, un pensiero che qualifica l'abitare, ma l'essere umano non può smettere di narrare e abitando dice.

         L'ubicazione dei campanili, ad esempio, diceva il bisogno di verticalità scandita anche dal suono delle campane, come a darsi un tempo che fermava il movimento nello spazio. Oggi mi pare che la verticalità dei grattacieli cerchi di trasmettere il potere della produzione, una pretesa onnipotenza che, di fatto, fa dello spazio il luogo della disuguaglianza, dell'anonimato e, forse, della non curanza dell'altro.

Sono molti gli stimoli che vive un cittadino di una grande metropoli, talmente tanti da procurare sindromi difensive e, perciò, sempre più autoreferenziali per rimarcare l'identità soggettiva. Cresce  la diffidenza e aumenta, sempre più, il bisogno di organizzare gli spazi in modo difensivo, costruendo muri prima che ponti!

Sono rimasto affasciato da una metropoli come Londra che, a mio avviso, è riuscita a tessere nei criteri urbanistici antico e nuovo, non perderndo le radici e, al contempo, aprendosi a nuove soluzioni architettoniche le quali visivamente limitano la verticalità dei grattacieli per integrarsi con le strutture ottocentesche.

Una città, dunque, capace di integrare vecchio e nuovo senza dovere sventrare quel “che è stato”, come nel caso del sacco di Palermo che portò alla demolizione delle ottocentesche ville Liberty cambiando nell'arco di pochi anni la fisionomia urbanistica dell'intera città.

I luoghi per sopravvivere, insomma, abbisognano di incontro ed integrazione, confini che lasciano  spazio allo scambio e alla condivisione reciproca. I luoghi per non diventare “archeologici” abbisognano di questo continuo movimento critico e dialettico, di integrazione per continuare a generare vita.

Quando in un luogo vivi male, infatti, fuggi per non morire. È necessario stabilire nuovi legami e questo vale per tutti i luoghi del mondo globalizzato, altrimenti l'appartenenza perde di senso senza legame è vacuo l'appartenere!

Non è pensabile pensare all'efficenza senza la bellezza, all'economia senza il valore, alla soggettività senza il legame con l'altro. A ciascuno, in fondo, è data un'eredità e siamo tutti debitori. Nessuno può dirsi onnipotente e siamo tutti impotenti e, per questo, bisognosi dell'altro.

Anche la narrazione esprime questo bisogno che restituisce forza quando ci si pensa appartenenti all'intera specie umana, ad una storia di tanti che sono passati lasciando un solco unico ma che ha valore solo se comunitario, se è percorribile da altri anche se differentemente.

Mi piace ricordare, a tal proposito, che a Londra a Speakers' Corner nella zona di Hyde Park, sta uno spazio di libera espressione ove ciascuno può prendere la parola e fare la sua narrazione attendendo, magari, la replica dell'altro.

 

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