by Mauro
20. March 2014 18:30
Osservo sempre più comportamenti sociali volti al rumore, all’ascoltare qualcosa per sfuggire il silenzio e, pertanto, l’ascolto di sé. Centri commerciali privi di filodiffusione quali bisogni svelerebbero? Oppure una casa ove si lascerebbe chiusa la TV durante i pasti che sapore avrebbe? Pensa ad una giornata senza auricolare, pc, cellulare, auto… A quali suggestioni poco esplorate si aprirebbe l’essere umano? Eppure colgo una crescente difficoltà a fermarsi e stare nelle cose semplici della vita e delle relazioni umane. In una società ove la sosta è riservata alla fase depressiva colgo quanto poco si presti cura al ben-essere di chi la abita, Max Picard dice che «l’uomo è diventato un’appendice del rumore», ma cosa accade se togli la spina ed improvvisamente compare il silenzio?
Pensa, dal silenzio scaturisce l’arte dell’ascolto. La psicoterapia così come l’accompagnamento spirituale ne sono l’espressione di cura alquanto significative, la preghiera nasce dal silenzio. L’essere umano è relazionale, nessuno è fatto per la solitudine, anche l’eremita vive la sua spiritualità profonda in comunione con l’umanità intera che presenta al suo Dio.
Ma i rapporti umani trovano equilibrio e verità nell’alternanza tra silenzio e parola. Il silenzio, infatti, rende significative le esperienze ed esprime in modo speciale l’empatia così come la compassione per l’altro.
Accogliere e donare la vita, la cura di sé e dell’altro, maturano attraverso il silenzio e con lo stare nelle cose della vita. Osservarle guardarle, coglierle appieno è frutto del silenzio. In questa piattaforma relazionale la parola assume l'espressione del dono, capace di incontare l'altro e di esprimere la profondità di se stessi.