Siamo dono, ecco il Natale

by Mauro 25. December 2018 21:17

     La qualità dello spazio e del tempo dipende da chi li abita. È il nostro modo di essere nella storia a dare valore ai nostri giorni e portare frutto lì dove siamo. L'esperienza del Natale è, per sempre, un'esperienza di “grande luce” che irrompe nel buio della storia e dei luoghi feriti dalla disumanizzazione. Sì, il Natale viene a restituire verità all'umano e a dare dignità ad ogni persona a prescindere dal suo status sociale o dai travagli che porta nella sua vita.

    Il segno a cui i pastori, gente comune, sono rimandati è un accadimento ordinario, naturale, un bimbo che giace in una mangiatoia. Sappiamo bene che quel segno è frutto del “sì” di Maria e di Giuseppe, è il frutto di una fiducia nella promessa di Dio, è la risposta di persone comuni che si sono messe in cammino riconoscendo che il Signore della storia può operare attraverso la vita di ognuno.

     Quel segno si manifesta in una condizione di estremo disagio, l'impero romano è giunto al suo apogeo, l'imperatore arriva perfino a divinizzarsi e nel pieno esercizio del suo potere indice un censimento. Maria è prossima al parto e pertanto è la circostanza meno propizia per mettersi in viaggio, eppure entrambi sono a Betlemme e lì si compie il tempo della nascita. Troveranno, ancora, la difficoltà dell'alloggio ed anche questo sarà funzionale a rivelare la vicinanza di Dio ad ogni essere umano che si apre alla Luce.

In merito all'alloggio precisiamo che le case palestinesi così modeste non offrivano la possibilità di un luogo riservato per accogliere il parto di una donna, sarebbero stati tutti lì presenti e, pertanto, Maria si collocherà fuori dalla casa e lì sulla soglia di quella mangiatoia ove la famiglia teneva gli animali. È una linea di confine quella in cui nasce Gesù, non è frutto di un programma ben calcolato il suo ingresso nella storia dell'umanità, così come nella vicenda personale propria di ciascuno. È necessario destarsi dal sonno, quella narcosi dei nostri giorni che vorrebbe confondere il segno del Natale. No, non saranno le luci delle luminarie o le belle parate a dirci del Natale ai nostri giorni.

Quanta indifferenza tocca le nostre pratiche religiose perchè la nostra società si organizza in termini individualistici ove ciascuno pensa a sé. Aldo ucciso la scorsa settimana mentre dormiva per strada a Palermo perchè un sedicenne aveva bisogno di pochi spiccioli, due navi con più di trecento profughi che vagano in questo momento nel Mediterraneo in cerca di accoglienza nel mentre che si esauriscono le scorte alimentari ed i farmaci. Una miriade di persone che continuano a celebrare il Natale esclusi da parenti e amici che, diversamente, cercano occasioni più suggestive per celebrare la festa.

Eppure il segno è proprio quello, un bimbo fatto di carne che giace in una mangiatoia. Lì si rivela l'opportunità dell'esistenza umana, o rimaniamo individui e continuamo a rivelare noi stessi oppure ci apriamo alla relazione e iniziamo a rivelare qualcun altro. Lì Gesù comincia a rivelare il disegno di Dio, il suo desiderio di donarsi pienamente all'umanità. Non c'è più distanza, prende la carne umana come a mostrare che nella propria esistenza con tutto ciò che comporta il limite della corporeità si manifesta la grandezza di Dio. L'agire di Dio è sempre relazionale, abbisogna di accoglienza per donarsi e proprio i semplici lo riconsoceranno. Chi rimane chiuso nelle sue trame, come Erode, coglierà nel segno il luogo della competizione e dell'odio, fino a architettare un genocidio. È la storia di ieri che si rivela anche ai nostri giorni ma Dio ha scelto una via preferenziale, quella dell'amore ad ogni costo.

L'essere deposto nella mangiatoia evoca il darsi come cibo per l'umanità. La corruzione del peccato ha portato l'umano ad una condizione animalesca, perdendo il senso dei propri giorni, dandosi in cibo lì dove si nutrono gli animali Dio desidera restituire Luce alla creatura ferita. L'uomo ferito non riesce a fare spazio, a preparare un posto per Dio e troveremo più avanti nel Vangelo un nuovo posto, una stanza al piano superiore in cui Gesù si consegnerà pienamente come cibo nell'ultima cena.

Quando per un periodo ho avuto la grazia di dimorare in Palestina e di celebrare Messa ogni mattina nella mangiatoia, coglievo come quel luogo continuava a raccontare il grande mistero dell'Amore. Chi ama non aggredisce, si consegna anche a costo di perderci, chi ama non calcola ma si dona, chi ama si adatta e rimane sempre ospitale. Lì, nell'umile mangiatoia ove ogni giorno si realizza il miracolo del Pane spezzato riconosco l'essenza della vita di ciascuno. Fatti siamo non per vivere di noi stessi ma per rivelare, con la nostra quotidianità, la custodia di Dio che continuamente visita la nostra vita. 

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