Il tema del “rimanere” è prezioso per definire l'identità di una persona. Noi sostiamo in tanti interessi ogni giorno, ma il rimanere è quel che dona energia e senso alla nostra esistenza. Il rimanere alimenta il desiderio in quanto non c'è desiderio senza una base di partenza da cui spingersi per orientarsi verso la meta.
L'uomo contemporaneo, differentemente, appare immerso e invischiato nelle questioni che si presentano e da esse viene portato, ora da una parte ora da un'altra a seconda del bisogno o dell'attrazione di turno. Se non hai una base sicura ti ritrovi in balìa delle acque in un mare in tempesta e questa sembra diventare l'esistenza di interi popoli guidati dalla moda dei consumi.
Allo stesso modo è quel che si evince da una politica centrata sulle emergenze e priva di una linea progettuale che ha continuità nel tempo. Ricordo di un'Amministrazione che lastricava le strade e quella successiva le ricopriva nuovamente di bitume, il fare e disfare proprio di chi vive il servizio politico come centro di potere e di competizione.
Lo stesso dicasi per la “cultura dell'usa e getta” o, ancora, per riflessioni su fondamentali visioni etiche come il fine vita o il riconoscimento della dignità di un embrione. In quel caso la cultura e i valori diventano succubi delle mode del momento che ingenerano nuovi bisogni e norme comportamentali da rispettare perchè “moderni”.
Con tale sottile strategia è stato edulcorato il significato della parola “libertà”, creando vere e proprie prigioni esistenziali che schiacciano l'essere umano su sempre nuovi bisogni da cui dipendere. In realtà la persona che non è capace di legami, cioè di “rimanere”, a nostro avviso, non troverà alcuna libertà interiore perchè continuamente intenta a fuggire dalla propria storia.
Il Vangelo di questa domenica ( Gv 15, 9-17), riporta ad un legame fontale per restituire dignità e forza ad ogni essere umano. Per tale prospettiva il “rimanere” equivale a sostenere l'impegno del legame e ad attraversare la vicenda umana non da soli ma nutrendo la propria relazione con chi ci ha generati. Non si tratta solo di un fattore biologico, ciascuno è generato nell'amore, è solo l'amore a dare spazio all'esistenza unica di ogni persona. Ed è a questa fonte che Gesù fa riferimento quando invita i suoi a rimanere nel suo amore, così come aveva precedentemente detto riferendosi ai tralci legati alla vite. Prima che dalla generazione biologica la vita è donata da questo desiderio di cura e di accudimento dell'altro. E' questo desiderio di Dio, a muovere alla base ogni esistenza.
Sovente il cristiano ha sbagliato punto di partenza e in alcuni periodi storici ha centrato l'attenzione sul suo osservare i comandamenti per poi ricevere l'amore di Dio. Il principio evangelico è proprio opposto, senza un rimanere ancorati nell'amore che genera alla vita quotidiana non è possibile portare frutti.
Invita, Gesù, a rimanere in Lui per rimanere nell'amore. Spesso cristiani di veterana esperienza si colpevolizzano perchè non riescono a perdonare e non si rendono conto che il cambiamento non è possibile fino a quando sono centrati sul loro sforzo ed impegno per diventare buoni cioè secondo il cuore di Dio. È un frainteso che inceppa la vita spirituale e fa scivolare il cristianesimo in un mero moralismo dettato da regole da rispettare per essere poi valutati dal giudice divino.
La questione è ben differente: il punto di partenza è sempre la relazione con Dio da cui attingere, è dalla scoperta del suo sguardo paterno che è possibile consegnarsi e trovare guarigione. Da questo atteggiamento di fiducia scaturisce la possibilità di riconciliazione interiore che porta ad aprirsi all'altro e alle questioni del mondo con un cuore rinnovato.
È così che Gesù potrà dire all'umanità che rimane in Lui, “amici”. L'amicalità esprime la conoscenza, il fare parte della sua intimità e cioè della relazione che vive col Padre suo: l'Amore.