Inizia oggi un itinerario di accompagnamento rivolto ai genitori degli alunni dell’Istituto Colozza-Bonfiglio e agli operatori socio-educativi del territorio compreso tra Danisinni e la Zisa di Palermo. L’itinerario con gli amici del Centro Tau lo abbiamo chiamato BIS che sta per Benessere Influenza Sociale, come a suggerire un percorso per ridefinire il concetto di Benessere nella nostra società ed il tipo di ricaduta sociale che il territorio ne ha.
Sembrerebbe che, in buona parte, la politica locale abbia rinunciato al Benessere frutto dell’accompagnamento educativo, così come avveniva nei tanti Centri Sociali sparsi per la Città e da due anni ridotti a regime di volontariato, con la conseguente chiusura della maggior parte dei Centri.
Come a spostare l’ago della bilancia, meno peso dai ai contesti positivi di aggregazione e più i luoghi informali quali le sale gioco (e non si intende più il biliardo ma le sale slot) e i bar hanno la meglio, divenendo fonti di “benessere” facile, quali lo spaccio o, comunque, l’inserimento nella criminalità organizzata.
La vera prevenzione alle dipendenze, riteniamo, è frutto della promozione della salute e questa passa per la relazione umana, il confronto che rende capace di tollerare le frustrazioni della vita, di interagire con il limite ed elaborare vie alternative. Tutto questo presuppone un contesto educativo, una società adulta che pensi realmente ai minori che la abitano!
Ma è di competenze genitoriali che volevo scrivervi per ora e, pertanto, mi focalizzo sulla promozione sociale più che sulla storia del benessere corrotto, della tratta dei minori, è di schiavitù che parliamo quando i sogni ed i desideri vengono rubati alle nuove generazioni. Siamo troppo stanchi di assistere alla continua danza di sindaco ed assessori che puntualmente si fregiano del fatto che “le attività sociali in molti centri della Città vengono portate avanti a costo zero”… Per questo “vanto” ho visto tanti validi operatori sociali del nostro territorio partire in cerca di lavoro e Palermo impoverirsi di un grande capitale umano formatosi nei decenni di servizio sul campo.
Una delle cose più belle che mio papà mi ha insegnato è l’interesse per la vita, ricordo che con qualsiasi interlocutore l’ho sempre visto capace di aprire un dialogo con interesse ed attenzione verso l’altro. Ha trasmesso come un imprinting nel sapere accogliere il prossimo. Tutti noi abbisogniamo di buoni esempi, ed è di testimoni credibili che i ragazzi del nostro tempo hanno fame.
Ogni essere umano nasce e si sviluppa attraverso le relazioni, più o meno responsive o adeguate. Un primo equivoco educativo oggi è dato dalla compiacenza, cioè dall’assecondare ogni richiesta senza dare limite alcuno. È la solita storia dei “no” educativi, un ritornello teorico parecchio ridondante ma che non trova applicazione pratica. Sembrerebbe più facile tenere buoni i figli attraverso i permessi, forse simile atteggiamento risolve la difficoltà immediata, si evita il conflitto certo ma l’educatore viene a sacrificare sempre più il suo potere e la sua autorevolezza.
L’assioma di fondo è quello proteggere il ragazzo dalle frustrazioni e dai dispiaceri. Eppure l’occasione evolutiva è data proprio dal tempo di crisi, dal contenimento, dalla rimodulazione del proprio potere e desiderio di onnipotenza. Il progetto “campana di vetro”, pertanto, risulta inefficace proprio perché gli insuccessi e le umiliazioni fanno parte del confronto con la vita e sono funzionali allo sviluppo di una capacità di adattamento sano. Ci rendiamo ben conto, è assodato, che una eccessiva frustrazione sarebbe avrebbe effetti traumatici nel minore, esponendolo a processi di blocco e ad un adattamento disfunzionale di cui si colgono solo particolari sintomi: comportamento antisociale, anoressia e bulimia, condotte autolesive.
Un obiettivo educativo di primaria importanza è quello di favorire la capacità di contenimento di sé e di maturazione del desiderio. Nonostante siano stati scritti fiumi di inchiostro in materia la nostra società sembra che continui ad organizzarsi secondo i parametri dell’immediato godimento, dell’assenza spazio-temporale rispetto alla soddisfazione. Questo è un nodo altamente problematico nella relazione educativa, l’etica del piacere fa da parametro di riferimento confondendo ruoli e funzioni genitoriali, invischiando il minore in una continua dipendenza e, oltretutto, separando la soddisfazione dai legami.
È accaduto che la politica asservita alla logica produttiva dell’economia ha snaturato la pedagogia depauperando il ruolo del maestro con la sua funzione adulta di contenimento e di trasmissione di saperi, sbilanciando l’asse educativo sul principio del piacere, della risonanza emotiva del momento e dell’autoaffermazione.
Di fatto sono stati traditi gli stessi principi che la riforma riteneva di difendere quali la libertà, l’emancipazione, la spontaneità. Un esempio visibile a tutti: centrare la relazione genitoriale sul dare cose ha portato sempre più a sostituire la relazione-dialogo con gli oggetti, essi hanno sostituito gli affetti e, in questo modo, hanno lasciato un profondo vuoto. L’oggetto non può riempire la fame di relazione e di vicinanza emotiva dell’individuo, il godimento immediato inoltre spegne la possibilità di desiderio. Senza distanza ed attesa non si crea lo spazio del desiderio, del sogno, del coltivare ideali.
La persona che non tollera frustrazione, dovuta a distanza o non coincidenza con l’altro, non potrà costruire legami o un progetto di vita condiviso con altri significativi. Un’altra immagine mi torna in mente, quella di mio padre che all’età di dodici anni mi lasciò andare in bici in una circonvallazione, lui in auto mi seguiva a distanza e poco prima mi aveva dato la sua consegna: “va tranquillo, solo fa attenzione e osserva prima di attraversare”…