Riconoscere è più che vedere

by Mauro 7. aprile 2019 15:46

         Siamo abituati ad assistere a continue battaglie ideologiche dalla politica alla religione, dall'economia alla medicina, battaglie che sovente denunciano una mancanza di visione e di reale progetto.

        La contrapposizione pretestuosa, in quei casi, viene ad impedire l'evoluzione delle questioni e ciascuno pare trovare appagamento nel sentirsi vincitore dialettico sull'altro.

           Realizzare un quartiere dormitorio così come abbattere un asilo per fare una piazza al suo posto dice che manca una visione d'insieme che coniughi benessere umano e custodia dell'ambiente, qualità di vita e bellezza, ripercussioni sociali di ogni luogo abitato o espropriato.

Questo anche perchè i criteri di funzionalità non sempre corrispondono al reale beneficio, si pensi allo stile dell' “usa e getta” che nell'immediato ha una parvenza di praticità ma a lungo andare produce disastri ambienali e, dunque, umani.

In simile scenario il nostro tempo ha bisogno di recuperare il tratto fraterno, dove l'altro non è più considerato un nemico con cui competere o da usare, ma una risorsa con la quale evolversi. È solo così che il confronto dialettico e la possibilità di critica diventano fucina creativa e le relazioni umane fungono da ponte per costruire bene comune.

Nella vita spirituale sappiamo come questi aspetti possono armonizzarsi quando ci si muove per ispirazioni e non per suggestioni. Le prime, mosse dall'azione dello Spirito, fanno venire fuori dalla logica individualistica favorendo l'agire comunionale in cui viene custodito l'interesse comune.

Le suggestioni, piuttosto, fanno della conoscenza il mezzo per affermarsi, rimanendo su un piano autoreferenziale e privo di ascolto. È così che la verità viene strumentalizzata per aggredire e non usata per la costruzione di un percorso evolutivo.

Nelle scene evangeliche troviamo scribi e farisei muoversi su questo piano, hanno già una loro idea di Dio e cercano finanche di incasellare Gesù entro questa e si ribellano ad ogni differente rivelazione. Lui, diversamente, rivela che la verità priva di misericordia è solo un pretesto difensivo che distorce la realtà senza comprenderne il senso. Manifesta, piuttosto, il Dio dell'Alleanza e pertanto in relazione con i padri, mai astratto, coLui che si è compromesso con la storia di un popolo e, dunque, con quella di tutta l'umanità.

In questa domenica l'episodio dell'adultera, in modo particolare, rivela la visione e l'agire misericordioso di Dio. Mentre gli interlocutori ponevano al centro della discussione il peccato di una donna connotata quale adultera, Lui rimanda il discorso alla persona che ha di fronte ribaltando la loro prospettiva di vita.

È lo spirito vendicativo a spingerli e non solo verso di lei ma anche verso Gesù, fanno una domanda tendenziosa per farlo esporre e avere di che accusarlo. Troviamo lo sguardo giustizialista di chi è incapace di rivolgersi a se stesso, ma usa l'altro per riternersi perfetto ed ergersi su di un piedistallo. Tale logica regge ogni tipo di discriminazione, è la mentalità che disumanizza in quanto priva l'essere umano dell'ascolto. 

Gesù sta chino per terra, con il dito scrive su quel lastricato come ad evocare l'antica Legge scritta dal dito di Dio. La Parola di vita era stata strumentalizzata per reggere un sistema fondamentalista privo di relazione con Dio. Sembra paradossale ma l'essere umano è capace di distorcere quel che gli è donato per vivere la comunione facendone uno mezzo di guerra.     

Considerato che gli interlocutori rincarano la dose non reggendo l'ascolto del silenzio, Gesù li invita a scagliare la prima pietra a condizione che si riconoscano senza peccato.

Utilizza cioè il loro stesso criterio di riferimento ribaltando l'osservazione a se stessi prima che all'altro. Soprendentemente chi fino a poco prima si ergeva a giudice si scopre vulnerabile, riconosce la vicinanza a chi si pensava, idealmente, distante. Certo non è la prossimità frutto dell'amore ma, in questo caso, espressione della comune fragilità.

Gesù rivolgendosi alla donna la invita ad andare e a non peccare più, ossia ne riconsoce la libertà e la guarigione. Qualcuno spettatore delle fede cristiana ritiene anacronistico parlare ancora di peccato fino a tacciare di oscurantismo la fede della chiesa.

Tale è una prospettiva miope che non conosce l'esperienza della misericordia e, come in questo caso, la guarigione dal peccato indica la piena dignità della persona capace della vita divina. Infatti chi vive il perdono, ossia fa esperienza della riconciliazione all'interno della chiesa si apre alla piena comunione con Dio e con l'umanità. E non si tratta del sodalizio di chi sceglie la fratellanza come luogo di custodia e di potere per sentirsi protetto e più forte, ma della vita comunionale che prima d'importanza tutto quel che non è in relazione con Dio.

Non è la colpevolizzazione o la minaccia a reggere il cammino cristiano quanto, piuttosto, la misericordia. Il cammino quaresimale di questi giorni, infatti, è un approfondimento della vita nuova che a ciascuno è stata donata e che ha avuto il suo inizio con la liberazione da ogni schiavitù e potere di questo mondo.

Nel mentre che per molti questa resta solo una favola, il popolo cristiano è chiamato ad attraversare questo mondo custodendo, per sé e per gli altri, la Luce che restituisce senso e orizzonte al cammino  umano.   

 

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