by Mauro
29. June 2014 21:57
Siamo piuttosto abituati a sentire parlare di malattie della psiche, molto poco invece si parla di malattie spirituali anche se di fatto possono essere ben più gravi e, a mio parere, frequentemente sono correlate alle prime.
Nei post precedenti abbiamo sinteticamente trattato della questione volontà, è proprio la direzione della volontà che può imbrigliare nelle trame del malessere spirituale fino a forme di totale asfissia dell’anima. Molte forme depressive hanno questa origine e, da più parti, i ricercatori hanno appurato quanto la vita spirituale sia un potente fattore protettivo. È pur vero altresì, constatare che nel cammino ci sono anche condizioni di aridità spirituale che potrebbero esporre allo stato depressivo ma a riguardo approfondiremo il tema in seguito. Se il ben-essere si raggiunge quando la vita naturale viene santificata (e non sacrificata) a contatto con la vita di Dio, perfino il corpo viene trasfigurato cioè gode della presenza e della espressione nel Bene. A differenza il male-d’essere scaturisce dalla volontà che si orienta al creato cercandone appagamento per se stesso. Ciò significa fare della materia l’oggetto del proprio godimento, il senso appagante della propria vita. Questo può avvenire anche nelle relazioni quando l’altro viene oggettificato cioè ridotto a mero strumento di appagamento personale. In questo senso la tradizione cristiana parla di adulterio non solo quando si tradisce il coniuge ma anche quando si tradisce l’amore in quanto tale, cioè quando si fa del coniuge l’oggetto del proprio dominio e di appropriazione, e non più quando lo si riconsoce dono d’amore.
Con l’inizio della vita spirituale, quando l’individuo consegna al Creatore la sua volontà e decide di non affrontare la vita da solo, è allora che comincia il combattimento. Fino a quel momento, infatti, l'individuo è totalmente inconsapevole di stare soggiogato ed è incapace di decidere liberamente, il male viene scambiato per bene.
Successivamente affronterò come s. Paolo parla del combattimento spirituale nella lettera agli Efesini, per il momento ci limitiamo a guardare tre tipi di seduzioni che potrebbero portare nuovamente alla schiavitù del cuore oltre che del corpo e della mente.
Parlo di seduzioni in quanto il combattimento spirituale è contro ciò che potrebbe essere ammaliante, convincerci di errore, e proporci con una notevole pressione (è violenza) una via alternativa.
La prima tentazione spirituale è quella dei sensi, i desideri della carne che vengono a prevalere su intelletto e volontà. La via d’ingresso è data dal fatto che l’uomo si convince di essere invulnerabile, ormai orientato verso la bellezza, la verità, la bontà e la giustizia. La seduzione dei sensi in realtà non lascia l’uomo impassibile e, man mano che si convince di essere forte, si apre la strada. È così che quando sopraggiunge un periodo di sovraccarico, di incomprensione o un’esperienza fallimentare in genere, la persona ripiega sull’appoggio sensuale per averne sostegno. Non faccio riferimento soltanto al piacere sessuale, potrebbe essere il cibo, lo shopping o altro che cerca di contenere il disagio interiore.
La seconda tentazione è quella dell’intelletto. Si insinua convincendo l’individuo di essere speciale, al di sopra degli altri proprio perché ha ottenuto delle grazie spirituali. Cioè la persona si appropria dei meriti di ciò che ha ricevuto in dono iniziando il suo cammino spirituale. Il dono diventa suo merito e pertanto inizia a nutrire l’orgoglio. L’orgoglio è padre di tutti i vizi (così come l’umiltà è madre delle virtù), pertanto si può intuire come a cascata viene meno il rapporto con l’altro e con il creato. L’individuo cercherà di essere riconosciuto dagli altri per le sue opinioni ed azioni, si riterrà perfetto e l’altro che la pensa diversamente sarà percepito come nemico.
Questa seconda tentazione, secondo Vladimir Solov’ev, è quella che attraversa i leader fondatori di sette proprio perché avendo avuto un certo progresso nella vita spirituale poi hanno la presunzione di avere verità inedite da rivelare e la formula giusta per vivere la comunità. Più volte ho avuto un analogo riscontro imbattendomi in comunità pseudoreligiose ove il carisma/pensiero del leader è così passivamente riconosciuto da rasentare il plagio del gruppo di adepti.
L’umiltà è la via maestra per superare questa tentazione. La verità non è possesso ma dono da custodire, certo non è motivo di invidia o competizione, l’altro nulla toglie se dissente. L’umiltà è la qualità che appartiene a Cristo, lui stesso dice “imparate da me che sono “, come a mostrare l’atteggiamento che permette di affrontare le battaglie della vita. quest’atteggiamento gli ha permesso di continuare ad amare quando era beffeggiato e, poi, crocifisso. L’umiltà custodisce l’amore.
La terza tentazione è la più sottile e pericolosa per l’uomo che ha una certa maturità nel cammino spirituale, si tratta del potere, certo giustificato a fin di bene! Per portare la “verità/salvezza” agli altri potrei avvalermi anche dei mezzi forti. Ma non è vero che il fine giustifica i mezzi. La meta invece trasforma i mezzi e non approva strumenti che esulino dall’amore. È così che in nome di questa tentazione nel passato ed anche nei tempi recenti scoppiano “guerre sante”, o si utilizzano mezzi “correttivi” per raddrizzare ciò che è sviato. Si pone la questione: chi è il datore della missione? Se alla base c’è la proposta di Dio allora l’uomo non avrà bisogno di cercare mezzi umani ma continuerà a fidarsi dell’azione provvidente del Creatore.
In definitiva è da tenere conto che la tentazione attecchisce in chi si appropria del dono e non rispetta i tempi della graduale crescita. La vita spirituale, infatti, ha un inizio ma questo non è già il compimento. Eppure chi inizia a gustare le cose dello spirito potrebbe sentirsi già arrivato ed è lì il profondo errore. Il seme appena germogliato è di una fragilità estrema e basta poco per strappargli la vita.