by Mauro
30. June 2014 23:35
Continuiamo la nostra riflessione in merito al combattimento spirituale secondo la prospettiva cristiana, ed andiamo, questa volta, a prendere in esame l’episodio delle tentazioni in cui si imbatte Gesù così come descritto dai Vangeli. Nel racconto delle tentazioni si riassume in modo emblematico il combattimento cristiano.
Le tentazioni vengono ad insinuare pensieri che non sono secondo la verità della propria vita. Sono tre suggestioni legate all’individualismo: “dì”; alla onnipotenza: “gettati”; alla svalutazione: “prostrati”. Da notare che tutti aspetti fanno perdere la relazione con l’Altro e con gli altri.
La prima tentazione è inerente al cibo. C’è del cibo che è per la morte, strappa la vita anziché donarla. È il cibo che porta a dipendere dal ventre, dagli appetiti, proprio degli uomini che “hanno come dio il loro ventre” dirà Paolo in Fil 3, 19. Come può il ventre diventare il proprio dio?
Ci dice la Scrittura che è la parola di menzogna a condurre l’individuo ripiegarsi su se stesso, l’atteggiamento di chi cerca di essere dio per l’altro oltre che per sé.
Noi siamo soliti assumere un pensiero dicotomico come ad esempio mangiare cibo materiale e nutrirsi del cibo spirituale. In realtà nella Scrittura il cibo materiale viene dato da Dio all’uomo ed è funzionale alla comunione con Lui. La Creazione mostra che tutto ciò che è creato e benedetto da Dio, è segno della sua presenza. Il problema è che l’uomo ha staccato la materia dalla relazione, ha separato il dono dal Creatore e, ancor di più. Ha preteso di essere lui la fonte.
La parola che esce dalla bocca di Dio è feconda e porta frutto come ci mostra Is 55. Eppure andiamo dietro a parole di intrattenimento, per strutturare il tempo e magari sentirci realizzati.
Gesù dice “Intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi … voi che avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro” Gv 8, 37. 44. Gesù mette in guardia, abbiamo bisogno di verificare chi è nostro padre, a chi stiamo prestando ascolto.
Si combatte il ventre con la Parola che esce dalla bocca di Dio. Non si tratta della parola concettuale, ciò che Dio dice è storia relazionale, è un condividere il suo desiderio di Bene per la Creatura. Fatti e parole sono intimamente connessi e questo in virtù del progetto d’amore di Dio, Lui non parla a caso ma la Parola ha un obiettivo preciso: costruire la piena Comunione con noi.
Ogni fame cela il desiderio di Dio, all’uomo però è stato chiesto di benedire Dio per il cibo che riceve ogni giorno. L’uomo è benedetto da Dio e a sua volta rende grazie benedicendo, e un modo di benedire è il dare nome alle cose cioè riconoscerle come create da Dio. Pensiamo all’importanza del mangiare insieme, del condividere un pasto che esprime la relazione, lo stare con l’altro.
“Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”. È di questo pane che abbiamo bisogno, di una Parola che ci incontra e ci prende per quello che siamo, senza condizioni. È Dio che ci rivolge la sua Parola e questo ci porta alla vita. Sal 28 dice “Se tu non mi parli sono come chi scende nella fossa”, se Lui non mi rivolge la Parola muoio, mi spengo, sprofondo. A che serve mangiare se Dio non mi parlasse? Morirei comunque!
Gv 5, 17 ci dice che il Figlio opera ciò che vede nel Padre, è dalla relazione che Lui vive con il Padre che può aprirsi per arrivare a noi. Questo è un passaggio centrale: il Verbo nel farsi carne rimane presso Dio, di fronte al Padre. Noi guardando Cristo alle volte cerchiamo di comprenderlo cioè lo isoliamo dal Padre che lo regge, e cerchiamo risposte a nostra misura senza più ascoltare la sua relazione con il Padre: ritorniamo in un monologo rivestito di apparente preghiera!