All’indomani dello storico corteo che ha attraversato Ballarò per esprimere solidarietà al giovane Yusupha Susso e denunciare ogni forma di cultura criminale, nelle chiese oggi viene proclamata la pagina del Vangelo (Gv 21, 1-19) che racconta la necessità di cambiare prospettiva e un nuovo modo di immergersi nel mistero della vita.
A tal proposito è precisamente antivangelo quanto viene prospettato dalla cultura mafiosa che vorrebbe affidare la propria vita al potere e alla violenza, come nel caso di quel piccolo uomo che ha sparato allo studente gambiano per rivendicare il “controllo” del territorio.
Con lui tutta Palermo è stata ferita e la discesa in piazza, ieri, ha voluto ricordare che la nostra terra oggi appartiene ai cittadini e a chi in questa Città viene accolto.
La pagina biblica sembra orientarci verso una battaglia, l’unica per la quale valga la pena spendersi. Dapprima troviamo Pietro, l’apostolo che aveva seguito Gesù lasciando ogni cosa per seguire la proposta di un sogno, che afferma: «Io vado a pescare». Una frase che a primo acchito potrebbe sembrare ordinaria ma che in realtà cela un profondo vissuto.
Pietro aveva condiviso esperienze intense di amore e accoglienza, di fiducia e sostegno. Aveva osservato il “potere” del Maestro e si era entusiasmato credendo alla sua missione ma, poi, lo aveva visto incatenato e deriso, torturato e crocifisso. Deluso dall’epilogo di quella testimonianza e amareggiato anche di se stesso perché, lui, lo aveva rinnegato e nel momento del pericolo era fuggito.
Ora lo troviamo ripiegato su se stesso tornare sulle orme di un tempo, a pescare come quando ancora non conosceva Gesù.
Non sappiamo se si trattasse di un tentativo di rimozione ma è evidente che quella soluzione non poteva funzionare: Pietro ormai era un uomo diverso e nella vita non si torna indietro. Tutto, anche l’esperienza più travagliata, può servire a costruire il nuovo e dalle macerie è possibile rinascere.
È così che dopo una notte di pesca andata a vuoto Pietro ascolta l’interrogativo dell’uomo che sta a riva: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». È come toccare la ferita aperta, come guardare in faccia la nuda realtà: si, sono a mani vuote e non hanno nutrimento per la loro vita.
È così che ci si sente quando accadono fatti come quello che ha colpito Ballarò e, pertanto, ciascuno di noi. Come se il lavoro di tanti anni fosse andato perduto, come se le trame di cultura criminale fossero riemerse al pari del loglio cattivo che confondendosi con il frumento ne minaccia la vita.
Eppure il racconto biblico rivela una prospettiva inedita, è un invito: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete».
È insensato il suggerimento, significa uscire dai propri schemi, quelli frutto dell’esperienza di sempre, e non è possibile pensare di pescare di giorno dopo una notte andata a buca.
La proposta disorienta perché equivale a cambiare prospettiva per fidarsi di un modo differente nell’affrontare le questioni. È il muoversi secondo un’altra direzione anche se apparentemente sembra folle, illogica secondo il criterio del buon senso, per pescare bisogna aprire la rete dal lato opposto!
Pietro si fiderà e la sua raccolta sarà sovrabbondante. Poi si immergerà nelle acque, come ad esprimere il suo essere finalmente discepolo del Maestro pienamente immerso nella nuova missione anche a costo di pagare con la propria vita.
È così che pensiamo la terra di Sicilia che spezza le trame di ingiustizia che l’aggrovigliano. È un’impresa folle quella a cui siamo chiamati, l’andare oltre le apparenze per scorgere i germi di vita nuova malgrado i segnali avversi. È il cambio di prospettiva a cui hanno creduto molti testimoni che ci hanno preceduto: Pio La Torre, Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Mario D’Aleo, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pino Puglisi e tanti altri la cui vita continua a suggerire di entrare a far parte del cambiamento.